Pace fatta in Africa fra Angola e Zaire di Fabio Galvano

Pace fatta in Africa fra Angola e Zaire Sancita dal viaggio di Neto a Kinshasa Pace fatta in Africa fra Angola e Zaire KINSHASA — II presidente angolano Agostinho Neto ha cominciato ieri una visita di tre giorni a Kinshasa. Neto, che è accompagnato da una delegazione di circa 100 persone, avrà colloqui con il presidente dello Zaire Mobilili Sese Seko, consacrando così la spettacolare riconciliazione che ha avuto inizio nelle ultime settimane tra Zaire ed Angola. (Ansa) La riconciliazione fra Zaire e Angola rappresenta la vittoria degli interessi nazionali e il primo clamoroso superamento africano della « politica dei blocchi »: il filo-occidentale Mobutu e il filo-sovietico Neto ristabiliscono, fra i due « giganti » dell'Africa centrale, un equilibrio senza il quale sarebbe forse impossibile la ripresa di due economie duramente provate da lunghi anni di conflitti. Fino a tre mesi fa Kinshasa e Luanda si scambiavano feroci accuse: Mobutu incolpava l'Angola di avere offerto rifugio, se non addirittura appoggio strategico, ai ribelli katanghesi responsabili delle due invasioni dello Shaba, compresa l'ultima del maggio scorso. Neto, a sua volta, rimproverava duramente allo Zaire di avere appoggiato i movimenti filo-occidentali della guerriglia angolana (l'Unita di Tonas Savimbi e l'Fnla di Holden Roberto, il primo attualmente in esilio a Khinshasa, il secondo cognato di Mobutu, oltre al Flec, Fronte di liberazione dell'enclave di Cabinda), e di continuare ad alimentare una guerriglia pericolosamente destsbilizzante per la nuova Angola. Il 22 luglio a Brazzaville, tutti i motivi di tensione sembravano superati, e due successivi incontri a Khartoum fra i capi di Stato avevano spianato la via a una soluzione definitiva: già alla conferenza di Belgrado dei Paesi del Terzo Mondo era stata anticipata la totale « normalizzazione » fra i due colossi africani. Nel giro di pochi giorni c'è stato lo scambio di ambasciatori, e ieri Agostinho Neto ha messo piede sul suolo dello Zaire; un'analoga visita di Mobutu a Luanda è prevista pei- i prossimi giorni. Alla base di questa improvvisa distensione c'è la decisione dei due governi di interrompere con effetto immediato qualsiasi attività che potesse « infastidire » l'altra parte. L'Angola ha liberato 60 zairesi detenuti in carcere, ha rispedito a casa i profughi dello Zaire e, soprattutto, ha disarmato i ribelli katanghesi che nelle regioni di confine trovavano ospitalità, armi e consiglieri militari. Lo Zaire a sua volta ha sospeso la sua assistenza ai movimenti di guerriglia avversari dell'Mpla di Neto. E' stato smentito, tuttavia, che Savimbi sia stato messo in residenza sorvegliata, né si sa con esattezza come Mobutu abbia deciso di « neutralizzare » l'azione armata del cognato Holden Roberto. Pare che lo Zaire, pure impegnandosi a non dare più asilo e protezione ai movimenti che si oppongono all'Mpla, non abbia ceduto alla domanda d'espulsione dei loro capi; allo stesso modo Neto avrebbe respinto la richiesta di arresto del generale Nathaniel Nbumba, presidente dell'Flnc, il Fronte di liberazione nazionale congolese. L'effetto più immediato della « normalizzazione » fra i due Paesi africani è una prevista ripresa per le rispettive economie. Lo Zaire, finora, aveva un solo sbocco marittimo per i minerali di cui è ricca la regione dello Shaba, attraverso il porto fluviale di Matadi; ora il governo di Khinshasa potrà nuovamente valersi della ferrovia di Benguela, recentemente riaperta dagli angolani su tutto il percorso di duemila chilometri. E' importante, proprio nel momento in cui da Kinshasa giunge la notizia che le miniere dello Shaba, gravemente danneggiate negli scontri di maggio, sono ormai tornate al 90 per cento della loro abituale produzione di cobalto (di cui si sentiva già la mancanza sui mercati internazionali), di rame, di stagno, di manganese. L'Angola, riaprendo la ferrovia, potrà nuovamente incassare divise estere: è una voce importante nel quadro della sua economia, che si regge grazie all'esportazione di petrolio e diamanti. Per entrambi i Paesi questa collaborazione economica potrebbe avere importanti riflessi. In ogni caso i massimi beneficiari sembrano, dietro la sconfitta degli allineamenti ai due blocchi che oggi plasmano le vicende dell'Africa, proprio i due capi di Stato. Mobutu, presidente dal '65, vede rafforzato il suo governo da sempre basato sul potere personale. Abile, senza scrupoli, ha piegato numerosi complotti (veri o presunti) orditi contro di lui, ed è riuscito a garantire l'unità di un Paese abitato da decine di tribù che non hanno neppure la lingua in comune. La sua riforma economica s'è tradotta in un arricchimento personale, e forse in questa chiave, più che in senso puramente politico, vede l'intesa con l'Angola. Neto, figlio di un pastore metodista, intellettuale e poeta, è reduce da una sanguinosa guerra civile che ha devastato il Paese. L'accordo con Kinshasa significa per lui la tranquillità politica, la possibilità di ricostruire sulle macerie senza dover più temere i movimenti rivali. Due uomini totalmente diversi, due obiettivi contrastanti; ma il mezzo per raggiungerli è comune, e attraverso quest'intesa l'Africa centrale perde uno dei suoi punti più « esplosivi ». Fabio Galvano