Dubcek catturato dai soldati russi

Dubcek catturato dai soldati russi JIRIPELIKAN: COME HO VISSUTO L'INVASIONE DI PRAGA DIECI ANNI FA Dubcek catturato dai soldati russi Verso le quattro del mattino del 21 agosto, quando cominciò ad albeggiare, ci accorgemmo che i carri armati sovietici avevano completamente circondato l'edificio del Comitato centrale. Tuttavia i russi non si erano accorti dell'esistenza di un'uscita secondaria, che collegava direttamente, attraverso un corridoio, il Comitato centrale con il Comitato di partito della citta di Praga. Ci servimmo di quell'uscita per scivolare via dal Comitato centrale senza essere visti dai paracadutisti sovietici, che costituivano il secondo cordone di sorveglianza dopo quello dei carri armati. Decisi che la prima mossa da fare era di raggiungere la sede della televisione e organizzare al più presto le trasmissioni della resistenza. Quando arrivai davanti al palazzo della televisione, in piazza Gorkij, dove si trovava anche la sede provvisoria del Parlamento, mi accorsi che la piazza era presidiata dai carri armati sovietici e che le truppe russe erano già penetrate in tutti i principali edifici. Mi presentai all'ingresso del Parlamento e mostrai la mia tessera di deputato e di membro del Presidium del Parlamento stesso. Ma gli ufficiali dell'Armata rossa ci impedirono di entrare. Protestai, insieme con altri deputati giunti nel frattempo; dissi all'ufficiale sovietico di guardia che anche le truppe di occupazione dovevano rispettare l'immunità parlamentare. Ma per un soldato sovietico l'immunità parlamentare è una parola non meno misteriosa di democrazia. Finalmente, arrivò il generale Lomsky, ex ministro della Difesa e comandante delle truppe cecoslovacche in Unione Sovietica ai tempi della seconda guerra mondiale. Lomsky vestiva l'uniforme, sulla quale erano appuntate tutte le decorazioni, comprese molte medaglie sovietiche, conferitegli per il suo valoroso comportamento sul fronte russo. In russo perfetto, Lomsky apostrofò l'ufficiale sovietico: «7o sono un generale e vi ordino di lasciar passare queste persone». Sconcertati,! soldati russi si trassero in disparte e ci lasciarono entrare. In Parlamento cominciò, poco dopo, una seduta plenaria, la più lunga e singolare della storia dell'Assemblea cecoslovacca nel dopoguerra. Doveva durare, infatti, sette giorni e sette notti. I deputati, non potendo uscire ed entrare liberamente dalla sede del Parlamento, decisero di bivaccarvi alla meglio, dormendo di notte nei corridoi, sui divani o in giacigli improvvisati. Ma la mia principale preoccupazione era di mettermi in contatto con i miei collaboratori negli studi della televisione. Non tutti gli studi erano stati occupati dalle truppe del Patto di Varsavia, e di ciò dovevamo ringraziare la mancata ristrutturazione della televisione, della quale io mi ero molto lagnato in passato senza sapere quanto sarebbe stata utile in un momento così drammatico per la storia del nostro Paese. Gli studi televisivi erano sparsi in varie parti della città perché erano sempre mancati i fondi per costruire un nuovo, unico centro televisivo. I russi non ne erano al corrente e questo tornò a nostro vantaggio. Il colonnello sovietico, che era stato incaricato di controllare la televisione, aveva occupato il mio studio, pensando che in quel modo avrebbe avuto anche l'intero controllo dei programmi. Grande perciò fu la sua sorpresa quando, alle 7 del mattino del 21 agosto, vide sugli schermi della televisione gli annunciatori che davano notizie sull'occupazione, diffondevano la dichiarazione di protesta della direzione dubcekiana, mentre i redattori della sede di Praga intervistavano in diretta i cittadini nelle strade della città occupata, chiedendo loro pareri sull'intervento dei «Paesi fratelli». Furibondo, il colonnello sovietico ordinò al mio segretario di rintracciarmi e di chiedermi di dare disposizioni affinché le trasmissioni televisive fossero immediatamente interrotte. Quando il mio segretario si mise in contatto con me, gli risposi che non avevo alcuna intenzione di obbedire all'intimazione del russo. Anzi, gli inviai questa secca risposta: 'Io, Jiri Pelikan, direttore generale della televisione cecoslovacca, sono agli ordini del governo legale, del Comitato centrale diretto da Aleksandr Dubcek. Non sono perciò tenuto ad obbedire alle intimazioni di un colonnello di un esercito invasore: Cominciarono cosi le dieci giornate più gloriose della storia della televisione e della radio cecoslovacche, n Paese era occupato, i dirigenti erano stati portati a Mosca, praticamente prigionieri dei sovietici. Ma la stampa, la radio e la televisione conservavano miracolosamente la loro libertà, ★ ★ * Dubcek fu arrestato, insieme con Kriegel, Smrkovsky, Simon, Spacek e altri suoi collaboratori, nella sede del Comitato centrale, la mattina del 21 agosto. Chiusi in carri armati sovietici, furono trasportati all'aeroporto e 11 caricati su un aereo militare sovietico. Oldrich Cernik, il primo ministro, che aveva lasciato il Comitato centrale subito dopo l'arrivo dei sovietici, venne arrestato nel suo ufficio da un ufficiale sovietico, nel quale riconobbe un autista dell'ambasciata sovietica a Praga: una prova del rango del personale delle missioni sovietiche all'estero e del ruolo che esso può svolgere in particolari occasioni. Smrkovsky, nelle sue memorie pubblicate in Italia da 'Giorni-Vie nuove», racconta che a Legnice Kriegel riconobbe nel suo agente di custodia un colonnello sovietico, che aveva combattuto con lui nelle Brigate internazionali in Spagna. Kriegel gli ricordò le battaglie combattute assieme e poi, ad alta voce, constatò amaramente che forse questo suo vecchio compagno d'armi ora lo stava portando verso la morte. Con la voce velata dall'imbarazzo e dalla tristezza, l'ufficiale sovietico gli rispose: 'Questo è il nostro destino. Dobbiamo essere preparati a tutto!». * * * Il rispetto che ho sempre provato, anche negli anni successivi, per l'onestà morale di Dubcek, che volle restare nel suo ufficio ad attendere l'arrivo degli occupanti, non mi impedisce di giudicare, a distanza di dieci anni, la sua decisione debole sul piano politico. Se Dubcek avesse accettato il nostro consiglio, di rifugiarsi con i suoi più stretti collaboratori in una fabbrica di Praga e di dirigere di là il partito sotto la protezione della milizia operaia, le cose sarebbero probabilmente andate diversamente per lui e per la Cecoslovacchia. Non credo, infatti, che i sovietici avrebbero osato attaccare con i carri armati le fabbriche di Praga. " Però, per onestà, debbo anche aggiungere che il comandante dell'esercito cecoslovacco, generale Busov, era di parere diverso. Come risulta dalla sua relazione al Presidium del Parlamento, pubblicata recentemente su 'Panorama» dallo storico cecoslovacco Karel Kaplan, Rusov, valutando la forza delle truppe d'occupazione, era giunto alla conclusione che i sovietici erano disposti ad andare fino in fondo, anche a schiacciare con le armi una eventuale resistenza operaia. Tuttavia, come ho già avuto occasione di dire, anche avendo nelle loro mani i principali dirigenti del Paese, i so¬ vietici si trovarono in difficoltà perché non riuscirono a mettere sotto controllo la situazione politica. Il piano sovietico prevedeva l'immediata costituzione, a poche ore dall'inizio dell'occupazione, di un «governo rivoluzionario degli operai e dei contadini», simile a quello creato in Ungheria nel '56. Alois Ineira avrebbe dovuto esserne il presidente. L'ambasciatore sovietico Cervonenko, in effetti, nella stessa giornata del 21 agosto, convocò in ambasciata coloro che avrebbero dovuto ricoprire i ruoli di ministri in quel «governo rivoluzionario». Bohumil Chnoupek, oggi ministro degli Esteri, che avrebbe dovuto assumere il ministero degli Interni, ha raccontato in seguito che il tentativo fallì perché i candidati ai vari ministeri ebbero paura delle reazioni popolari e cominciarono a piangere, cercando invano di consolarsi con bottiglie di vodka. È' quasi certo che se i sovietici fossero riusciti a costituire il «governo rivoluzionario», Dubcek e i suoi collaboratori avrebbero subito il destino di Imre Nagy, portato al potere dal popolo ungherese nel 1956, arrestato dai russi e fucilato per «tradimento». L'esercito sovietico invasore venne cosi a trovarsi in una situazione molto ardua, privo di rifornimenti e sottoposto ad una fortissima pressione morale. Alla gente, che chiedeva loro perché erano venuti, i soldati sovietici non sapevano dare una risposta: molti credevano di essere nella Germania Occidentale, alcuni addirittura in Egitto. Vi furono casi di diserzione ed anche di suicidio. Nella sede della televisione, due ufficiali sovietici si spararono con le rivoltelle d'ordinanza dopo un aspro dialogo con la gente della strada, che li aveva insultati chiamandoli «occupanti». Jiri Pelikan (6 - Continua)