La diplomazia Usa è impegnata nei preparativi per Camp David

La diplomazia Usa è impegnata nei preparativi per Camp David Carter vuole garantire il successo del "summit,, La diplomazia Usa è impegnata nei preparativi per Camp David DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE NEW YORK — A ventiquattro ore dalla conferenza stampa del presidente Carter, il governo americano ha incominciato a preparare concretamente il « vertice » di Camp David sul Medio Oriente del 5 settembre. E' probabile che l'ambasciatore Atherton incontri la settimana ventura il presidente egiziano Sadat al Cairo e il premier israeliano Begin a Tel Aviv. In caso di difficoltà, non è escluso che si rechi nelle due capitali mediorientali anche il segretario di Stato, Vance. Il governo americano ha un duplice obiettivo: placare la tensione che continua a crescere in vista del summit, e illustrare ai due ospiti il suo piano segreto di pace. Carter, che nelle prossime ore lascerà Washington per un breve periodo di vacanza, ha ribadito ieri di voler prevenire a Camp David un possibile conflitto tra Egitto e Israele. «Se dovessimo fallire — ha detto — i rìschi dì nuovi scontri aumenterebbero, con gravi conseguenze anche per la sicurezza degli Stati Uniti». Il Presidente aveva lasciato trapelare questa preoccupazione già due settimane fa, all'annuncio del vertice. I suoi ambasciatori e i suoi servizi segreti nel Medio Oriente avevano indicato il mese di ottobre come il probabile «momento caldo» in mancanza di un accordo tra Sadat e Begin. Il piano americano di pace consta più di clausole operative che di proposte di soluzione della crisi. Indica cioè i modi con cui negoziare, non la sostanza dei negoziati stessi. Nonostante il severo riserbo che circonda i preparativi di Atherton e di Vance, pare che il punto di partenza sia la costituzione di comitati speciali per i diversi problemi. Questi comitati dovrebbero uscire da Camp David con incarichi precisi, elaborati da Sadat e Begin, e una rigida tabella di marcia. Il presidente Carter punterebbe alla pace entro la fine dell'anno: «Noi non saremo semplici mediatori — ha affermato — ma negoziatori attivi». Il governo americano ritiene indispensabile che di qui al 5 settembre II Cairo e Tel Aviv abbandonino non solo ogni polemica, ma anche la strategia dei ballons d'essai. Ha perciò accolto con irritazione l'ultima voce diffusa artatamente dagli israeliani, secondo cui Begin non ha mutato atteggiamento sulla questione dei territori occupati, e premerà per la conclusione di accordi solo parziali (Sadat, come noto, vuole regolamentare l'intero problema mediorientale, e stabilire uno statuto finale del popolo palestinese). Ieri Carter, pur ammettendo che «non esistono garanzie di successo del summit» ha insistito non a caso sulla «buona fede» dei due leaders nell'accettare l'invito. Alla Casa Bianca non si fa nessuna previsione sulla durata del vertice, ma è chiaro che il Presidente lo concluderà solo dopo aver ottenuto impegni costruttivi. I partito insiste per uscire dalla maggioranza. A dispetto di tale pericolo, i tre negoziatori israeliani alla conferenza del Cairo dello scorso dicembre, che precedette l'incontro di Ismail, hanno continuato la preparazione dei documenti per Camp David. Al Cairo invece sono in corso alcuni tentativi di coinvolgere nel summit almeno re Hussein di Giordania. Sadat avrebbe l'appoggio dell'Arabia Saudita, che per far pressioni in questo senso sull'America sarebbe persino disposta ad annunciare un aumento del petrolio. Il presidente egiziano considera sempre il prossimo ottobre la data ultima di pace. Come Carter, egli teme un altro conflitto, che assumerebbe proporzioni catastrofiche, se aggravato dalla crisi petrolifera. Sadat sta puntando tutto sulla Casa Bianca. Un elemento importante per l'incontro di Camp Dpvid è che il presidente Carter ha su questo problema il completo appoggio del Congresso. Nel panorama politico americano, tale unanimità tra il potere legislativo e quello esecutivo è un fenomeno raro. E' di ieri infatti il veto del Presidente alla legge che stanzia 37 miliardi di dollari per le spese militari. Carter ha deprecato in modo particolare la spesa di 2 miliardi di dollari prevista per una nuova superportaerei a propulsione nucleare. Ennio Cavetto contrasti tra la tesi egiziana del ritiro imperativo, e quella israeliana della sicurezza irrinunciabile, ha detto un portavoce, possono essere superati «con opportuni meccanismi temporali». Non si esclude perciò che Carter, Sadat e Begin, dopo tre o quattro giorni, deleghino la continuazione dei lavori ai loro ministri degli Esteri e della Difesa, che rimarrebbero a Camp David anche due settimane. Un'ombra è stata gettata oggi a Tel Aviv sulle trattative del 5 settembre dal minacciato distacco del «Movimento democratico» (Dash) dalla coalizione di Begin. Insoddisfatta per la linea seguita dal premier, la minoranza di sinistra di questo