Pertini ieri in Santa Maria degli Angeli alla messa in suffragio di papa Paolo VI

Pertini ieri in Santa Maria degli Angeli alla messa in suffragio di papa Paolo VI Il rito celebrato da Mons. Carboni, nunzio apostolico presso l'Italia Pertini ieri in Santa Maria degli Angeli alla messa in suffragio di papa Paolo VI Alla cerimonia, l'ultima solenne dopo la morte del Pontefice, erano presenti i ranghi più elevati del potere dello Stato - Il celebrante ha poi ricordato l'incontro di Papa Montini con il Presidente della Repubblica DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, che Michelangelo ricavò dal «tepidarium» delle Terme di Diocleziano, l'ultima delle funzioni solenni in memoria di Paolo VI si è svolta ieri mattina. Con la messa di suffragio, celebrata dal nunzio apostolico presso l'Italia, mons. Carboni, alla quale era presente Sandro Pertini si può dire in pratica chiuso il periodo di riti e funzioni in morte del Pontefice. Per altri due giorni continueranno i «novemdiales», le messe in suffragio del Papa celebrate in Vaticano per nove giorni, ma di fatto, dopo quest'ultimo rito insieme religioso e civile, si può dire che l'attenzione si fissi ormai in avanti, verso il primo appuntamento del Conclave, venerdì prossimo 25. In Santa Maria degli Angeli, che è tradizionalmente luogo di solenni celebrazioni ufficiali, il potere civile italiano era presente nei suoi ranghi più elevati. Sotto lo sguardo dei corazzieri, che qui — quasi simbolicamente — sostituivano le guardie svizzere pontifice che avevano segnato con la loro presenza le funzioni vaticane, c'erano il Presidente della Repubblica Pertini, il ministro degli Esteri Forlani, altri nove ministri, i vicepresidenti della Camera e del Senato, il sindaco di Roma, Argan. E poi i vertici delle forze armate, con il capo di stato maggiore della Difesa, generale Cavaleri e i capi delle tre armi, i vicesegretari della de Gaspari e Galloni, Covelli di Destra Nazionale, il corpo diplomatico al completo, alti funzionari di ministeri. Notevole quindi, seppure non massiccio come ai funerali in piazza San Pietro, lo schieramento delle forze dell'ordine che avevano mille agenti e militi in divisa intorno alla chiesa e un numero notevole di uomini in borghese mobilitati a proteggere i massimi rappresentanti dello Stato e del governo, quali è difficile veder riuniti. Mancava Giulio Andreotti, al quale fu affidata la rappresentanza del governo al funerale di sabato scorso. Sandro Pertini era alla sua prima cerimonia ufficiale fuori dal Quirinale, come Presidente della nostra Repubblica. Tornato per la circostanza da Selva di Val Gardena, dove trascorre le vacanze (vi è subito rientrato finita la cerimonia) Pertini ha preso posto nel «presbiterium» della chiesa, il luogo presso l'altare dove la tradizione liturgica collocava i «presbiteri», i sacerdoti, e ancora più anticamente, come dice l'etimologia greca del nome, stava il «consiglio degli anziani» della comunità religiosa. Il rito, pur nella solennità e ufficialità della partecipazione civile e nel suo essere il «saluto» dello Stato italiano al Pontefice morto, è stato relativamente semplice, nel rispetto di quell'austerità rituale che Paolo ha voluto che circondasse le sue esequie. Monsignor Carboni, il nunzio (ambasciatore) vaticano presso l'Italia, ha naturalmente sottolineato nella sua omelia il rapporto esistito fra il Papa scomparso e la nazione italiana che egli «ha amato e prediletto, aiutato e beneficiato». «L'amore dì Paolo VI per il popolo italiano — ha aggiunto il nunzio che aveva accolto e accompagnato Pertini dall'ingresso della chiesa al banco nel presbiterio — ha avuto la sua sublime e ineffabile manifestazione nella tragedia dell'onorevole Aldo Moro». Un accenno doveroso è stato fatto all'incontro privato che ebbe luogo fra il Presidente e il Papa, pochi giorni prima della morte di Paolo VI a Castel Gandolfo. «Quel colloquio — ha osservato il celebrante che è anche il decano del corpo diplomatico — appartiene alla storia dei due protagonisti, della Chiesa cattolica e dello Stato italiano». Il pontificato di Giovanni Battista Montini, ha detto ancora, «sarà col volgere degli anni sempre più compreso ed apprezzato. La sua è una storia dei nostri giorni che si proietta nel futuro, perché Paolo VI è il Papa della Chiesa di oggi e di quella di sem¬ pre, che ama e benefica tutti i Paesi, tutti i popoli, tutte le categorie sociali, ma soprattutto i giovani, i poveri, i bisognosi, i disoccupati, i malati, gli abbandonati. Un padre buono e generoso per tutti gli uomini della terra». C'erano fra i partecipanti alla messa anche il cardinale Poletti, vicario di Roma, e il cardinale Poma, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e c'era la sorella del Papa, Ines Montini. Con essa, il presidente Pertini si è trattenuto qualche minuto, al termine della cerimonia, prima di rientrare al Quirinale e poi ripartire per le montagne ladine. Poco prima delle 11 di ieri mattina la cerimonia era conclusa e anche la folla di fedeli e curiosi che si era raccolta numerosa entro e fuori la chiesa michelangiolesca si era allontanata. Finiva così il tributo che lo Stato italiano ha voluto offrire ad un Pontefice che per esso, per la sua crisi e per le sue difficoltà, aveva molto, e fino all'ultimo giorno, trepidato.

Luoghi citati: Castel Gandolfo, Italia, Roma, Selva Di Val Gardena