Un'impresa nel Karakorum dove morì suo fratello di Gigi Mattana
Un'impresa nel Karakorum dove morì suo fratello Un'impresa nel Karakorum dove morì suo fratello Reinhold Messner, solo e senza ossigeno ha vìnto gli 8125 metri del Nanga Parbat ISLAM ABAD (Pakistan) — Reinhold Messner, lo scalatore altoatesino di 33 anni, è rientrato ieri nella cittadina di Isìamabad dopo aver compiuto la scalata in solitaria e senza ossigeno del Nanga Parbat, alto 8125 metri. La salita è stata effettuata non lungo la via normale (segnata nel 1953 dall'austriaco Hermann Buhl ) ma per il ben più diffìcile versante Rupal; Messner ha affermato che l'ascensione è stata molto più impegnativa di quella all'Everest compiuta il maggio scorso insieme con Peter Habeler. Se in montagna è legittimo stilare classifiche e parlare di record, con quest'ul- Urna impresa Reinhold Messner « rischia » di essere il più grande alpinista dei nostri tempi e di non avere concorrenti per decenni, almeno fino a quando l'alpinismo non varcherà una nuova frontiera: con cinque montagne di oltre ottomila metri al suo attivo (e alcune altre mancate d'un soffio) Reinhold ha un primato difficilmente raggiungibile, tanto più se si pensa come sono state ottenute queste vittorie, non nell'ambito di una tradizionale, massiccia spedizione, ma in due o addirittura da solo, con una tecnica quasi da « commando » che fa a meno delle comodità, dei portatori e che punta tutto sui propri mezzi e sulla lucida determinazione a riuscire. La scalata dell'Everest senza ossigeno aveva lasciato l'amaro in bocca a Reinhold: alcuni sherpa nepalesi, e fra essi anche Tenzing, il primo conquistatore della montagna più alta del mondo, avevano messo in dubbio che 10 scalatore di Funes e Peter Habeler avessero raggiunto la montagna senza l'aiuto delle bombole (ma oltre alla parola dei due alpinisti, che non può essere messa in dubbio, esiste un film di una televisione inglese che testimonia l'ascensione senza ossigeno). Questa volta Reinhold ha agito quasi con malignità; dopo aver annunciato che l'ufficiale di collegamento pakistano lo ha visto sulla cima del Nanga Parbat ha aggiunto di aver lasciato sulla vetta buona parte del suo modesto equipaggiamento e una lettera in una cassetta metallica: chi ha qualche dubbio salga lassù ad assicurarsi se Messner è un bugiardo. Molti si chiederanno perché, fra i tanti nomi altisonanti dei 14 « ottomila » della Terra, Messner abbia scelto proprio il Nanga Parbat, 11 più occidentale dei colossi hìmalayani, posto com'è a dominare il fiume Indo, e che per il grande pubblico non ha certo il richiamo dell'Everest, del K2 o dell'Annapuma. Ma Reinhold, benché italiano di nazionalità, è di formazione culturale e alpinistica germanica e austriaca e per queste nazioni il Nanga Parbat ha sempre significato un sogno e una maledizione (come, in scala minore, la parete Nord dell'Eiger nell'anteguerra) con le sue 33 vittime sepolte dalle valanghe. E benché Messner non sia certo uomo incline al romanticismo o al « bel gesto » non si può dimenticare che proprio su questa montagna nel 1970 scomparve suo fratello Gùnther, sulla via del ritorno dopo la conquista della vetta, e che lo stesso Reinhold si salvò soltanto grazie al proprio coraggio e alla propria resistenza fisica dopo cinque giorni sulla montagna senza attrezzatura per bivacco, senza cibo e acqua. Oggi possiamo dire che è stata girata un'altra pagina nella storia dell'alpinismo: trovare un uomo che osi anche soltanto ideare un'impresa del genere, che a parte l'immensa fatica e i disagi indicibili comporta l'assoluta certezza della morte in caso di un incidente, significa che quell'alpinismo estremo di cui si parla da decenni (lo erano anche le imprese di Comici quarant'anni fa) è giunto al suo momento più alto. Ma, si badi bene, in Messner. nei due inglesi sulla Ovest del Changabang o nei due giapponesi sulla Sud del Dhaulagiri, non c'è l'ansia di superare se stessi, la sfida all'impossibile per sentirsi realizzati; è il momento di capire che ci troviamo di fronte a veri professionisti per cui la montagna è un lavoro. E ora quale sarà il futuro dell'alpinismo quando, in un giorno forse non molto lontano, tutte le vette saranno conquistate lungo i versanti più diffìcili e nella stagione più ostile, quando insomma non resterà più nulla di nuovo da fare? Forse si tornerà a scoprire la montagna nella sua veste più semplice, a cercare l'escursionismo più facile, quelle vie conquistate mille volte, si proveranno nuovamente i sentimenti dei primi scalatori. E di fronte a un tecnicismo sempre più esasperato che ha contaminato il mondo della montagna, sarà il momento di pensare al grande Mummery che lasciò un biglietto su una parete a cui rinunciò perché «impossibile con mezzi leali». Gigi Mattana imiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiiiiiiiiiimiimii Reinhold Messner
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