Impronte d'autore di Alberto Bevilacqua

Impronte d'autore Impronte d'autore Aquesto libro ho lavorato quattro anni. Erano i primi giorni d'autunno del 73, quando incontrai la vera Zelia Grossi. Resta un tempo che ricorderò, nella mia vita, come il più duro e il più felice: ho scritto la prima stesura lassù, tra le Sacche e gli argini, tornando a nascondermi dentro le nebbie dimenticate come nel ventre di un mondo diverso, e quel ventre coincideva con un passaggio delicatissimo della mia esistenza (una crisi globale e insieme di ritrovamento di un nuovo me stesso). Di mattina scrivevo, in una casa di barcari, al piano di sopra, di pomeriggio mi muovevo per i paesi, confrontando i personaggi e i fatti dello scandalo di Zelia con i difficili documenti e testimonianze che riuscivo a trovare qua e là: difficili perché — e chi mi ha letto lo sa — gli avvenimenti che avevano coinvolto e sconvolto Zelia Grossi si celavano in gran parte entro una dimensione, del Segreto, del Tabù, e di conseguenza bisognava violare le regole di omertà ancora esistenti in quella struttura mafiosa (chiamiamola pure cosi), che continua ad andare sotto il nome, doppio e feroce di Leggera e Pesante. L'Italia nasconde bene, ancora oggi, gli scandali e le brutture della sua recente storia; proiettando paura e intrigo, difende certe turpitudini, certi illeciti, certo esercizio dell'immondo. Scrivere il mio libro, ripeto, ha significato anche violare tali limiti. Rischiare. Non dimenticherò mai un giorno di novembre, nei pressi della Sacca Scardovari, quando solo a un traghetto, aspettando un vecchio confidente che non arrivava, ho avuto la sensazione di un tramaglio invisibile che mi venisse calato intorno, da presenze invisibili, per eliminarmi dentro quel canneto. Resta il fatto che Una scandalosa giovinezza è nato, con il suo stile, da una condizione anche esterna, dinamica, di buon segno, come è stato scritto. E' importante (per me) che io possa fare una simile affermazione, in un momento sociale dove tutto sembra concorrere a rendere difficile, quasi impossibile, il dedicarsi per quattro anni esclusivamente a un libro; la vita di ogni giorno urta contro l'isolamento, la riflessione, lo stare nient'altro che con la pagina: ragioni di tutti i tipi, pratiche e no. Ciò va ribadito: un libro, oggi, impone a uno scrittore di camminare controvento, gli chiede in ogni senso un grande sacrificio. La critica che conta ha accolto Una scandalosa giovinezza con un rispetto e una profondità d'intervento, direi una solidarietà, che mi stanno aiutando a riprendermi dal malessere, fisico e psichico, seguito alla durezza del lavoro. Mi sento ancora incerto sulle gambe, come dopo una malattia è convalescenza, pur attraversate da una febbre dolcissima, confortanti emozioni di recupero. Ma conta che il libro abbia avuto questo rispetto, e nessuna offesa, lo ribadisco in un tempo e in un paese in cui stanno dilagando, al contrario, un senso d'aggressività squadristica, il senso (il gusto) del vilipendio, il veleno razzistico dell'emarginazione. Sì, in genere è difficile sia prima, che durante, che dopo. E' un'Italia culturale avvelenata, e va detto. A livello meschino, dove persino l'ironia è stata sostituita dalla malignità acida, stantìa, bigotta; dove nuovi personaggi s'affacciano illudendosi che questo veleno possa equivalere a vena polemica, a compensazione di qualità inesistenti. Dove si tende non a parlare, ma a inquinare. E anche questo va detto, e meglio e più dettagliatamente lo si dirà a fine stagione. Ringrazio dunque la critica che conta (non soltanto a mio avviso, ma in assoluta obiettività) del rispetto che mi ha concesso e che ha esorcizzato rischi e insidie del genere, che si sono tenute lontane da me, con la più bella conseguenza: che il mio libro ha potuto presentarsi e vivere in serenità. E voglio citare il rispetto avuto persino da giornali che di solito, mentre si qualificano democratici, praticano con una perfetta osservanza da Minculpop le liste di proscrizione, la censura nominalistica; peggio ancora del periodo fascista. Poche testate, certo, ma esistenti. Caso personale a parte, anche di questo bisognerà parlare pubblicamente, e lo si farà, a tempo debito, perché certe brutture, certe censure laddove magari si condanna la censura, non si possono più ignorare o far finta che non esistano, mentre si alimenta e si camuffa la reticenza con pseudodibattiti inutili. Così come mi auguro che un giorno il dibattito sui libri che contano possa svolgersi meno sulla circostanza, sulla battuta d'attualità, coinvolgendo più ampiamente critici e scrittori insieme. Abbiamo bisogno di parlarci, sul serio, senza settarismi, più ancora che di offrirci al giudizio e di essere giudicati. Purtroppo esiste ancora un muro che divide le competenze, e le parole su un libro, il libro stesso, passano fuggitivi. Verrà un giorno, ne sono certo, che stare a parlare di una cosa scritta, tra autore e critico, tra creatore e giudice, sarà come un discutere con lo spirito delle cose del mondo, e assomiglierà al colloquio della preghiera di Dylan Thomas, all'< unirsi all'ora giusta» con l'atteggiamento che era caro a Thomas Hardy. Utopia? Forse. Ma io oppongo la mia utopia agli isterici fasulli, ai falsi sperimentali, agli abortisti e alle abortiste della censura sorniona e clandestina, ai razzisti camuffati che guastano una buona Italia culturale. Alberto Bevilacqua J

Persone citate: Dylan Thomas, Thomas Hardy

Luoghi citati: Italia