Le mille angosce di quei burocrati di Giorgio Manacorda

Le mille angosce di quei burocrati Le mille angosce di quei burocrati Heimito von Doderer: « Le finestre illuminate », ed. Einaudi 1978, pag. 202, lire 3500. Scrittore viennese nato sul finire del secolo e morto dodici anni fa, Heimito von Doderer prolunga la tematica tipica della grande decadenza austriaca. In questo romanzo Doderer scrive di quella particolare condizione di separazione dal mondo e dalla vita che è l'esistenza burocratica. L'identificazione nei regola- menti placa le contraddizioni, congela lo sviluppo interiore dell'individuo: dà l'illusione dell'eternità e dell'immutabilità, della pace interiore. Questa effimera e cava certezza, questa felicità alienata, perde i suoi punti di riferimento nel momento in cui il consigliere Julius Zihal viene «collocato a riposo». Doderer non si lascia sfuggire l'occasione di fare dell'ironia o forse addirittura dell'umorismo, ma l'umorismo sulla burocrazia alla fine non è più divertente della burocrazia medesima. Scartato il divertimento o, almeno, il lato ilare della vicenda, non resta che leggere questo racconto come un paradossale romanzo di formazione. Chi compie tutti i complessi processi per diventare uomo è II Burocrate. Il quale, essendo in pensione, non cessa, ovviamente, di essere burocrate, ma la solitudine innesca vistose deroghe dalla norma. La decenza e il decoro, cui è necessario si attenga un consigliere dell'ImperialRegio Ufficio delle Imposte e Tasse di Vienna anche nell'intimità della propria casa, sembrano subire gravi perturbazioni alla scoperta della vita altrui, sia pure sotto forma di spettacolo. Uno spettacolo che è impudica e silenziosa intrusione del consigliere nelle case dei propri vicini mediante canocchiale da campo opportunamente piazzato alla finestra al calar del sole. Diciamolo chiaramente: il signor consigliere è un guardone, una specie di ottico vampiro. Succhia la vita altrui, sugge spontanee intimità, contempla lavacri serali ed altri privati rituali. Il consigliere cataloga, ordina, nomina e colloca le sue esperienze e gli oggetti (involontari) delle medesime con puntigliosità, senz'altro con zelo, ma questa difesa burocratica non impedisce che quelle immagini si introducano (perfino fisicamente) nella sua vita e generino esperienze anche sgradevoli, ma soprattutto modificazioni. L'attenzione verso l'esterno, sembra suggerire Doderer, il riconoscere l'esistente e l'applicarsi con costanza alla sua lettura, inforcando addirittura un paio di occhiali telescopici, comporta la scoperta dell'interno. Si producono cosi reazioni e sommovimenti interiori, cioè appunto quel processo che può fare perfino di un burocrate un essere umano. Julius Zihal, il regolamento vivente, la perfetta rotellina dell'ingranaggio burocratico, una volta sottratto per limiti d'età al contesto dell'Imperial-Regia Burocrazia, frana sempre più irreversibilmente incontro alla propria umanità: comincia ad essere percorso da sentimenti e da angosce, impossibili da tradurre in pratica burocratica: verrà travolto da emozioni incontenibili per una matura impiegata delle poste di nome Rosi. Giorgio Manacorda

Persone citate: Einaudi, Julius Zihal, Rosi

Luoghi citati: Vienna