Povero papà, chi lo capisce? di Francesco Rosso

Povero papà, chi lo capisce? Un volume, ameno e tristissimo, sui genitori d'oggi Povero papà, chi lo capisce? Franco Cristofori: « Quell'indiano di tuo padre », ed. Rusconi, pag. 198, lire 5000. / figli ci sfuggono, quando non scappano di casa. Sono buoni, anche se lanciano bulloni contro le vetrine per gli espropri proletari, se usano le bombolette di vernice spray per manifestare la loro protesta, se, talvolta, usano anche la molotov sema un preciso motivo. Ci accusano di avergli confezionato una società falsa, corrotta, ladra, repressiva e si vantano del loro aggressivo anticonformismo che li spinge a riformarla, sia pure con sassaiole e, talvolta, P38. Hanno ragione questi figli ansiosi e turbolenti? Andiamo adagio, dice Cristofori, guardiamo anche indietro. La società che noi, uomini di mezz'età, abbiamo ricevuto dai nostri padri, non era più pulita, più giusta, meno corrotta e repressiva di quella che consegniamo a voi, o e n 1 a , i i o e o nostri figli. Forse non abbiamo fatto tutto ciò che era possibile per migliorarla, ma lo stesso fecero i nostri padri, ed i padri dei padri. Di nuovo, veramente rivoluzionario, non c'è nulla, e non c'è mai stato, dai tempi della riforma agraria dei fratelli Gracchi, anch'essi aristocratici, giovani, contestatori, anticonformisti. C'è uno scossone, poi tutto si riassesta nella consueta e consunta routine. All'incirca, questo è il succo che si può trarre dal libro di Cristofori, cittadino di una delle più tolleranti città d'Italia, quella Bologna ch'egli definisce «magra» in uno dei molti volumi che nella sua vita non lunga ha già messo sugli scaffali. E' una specie di diario che egli scrive con l'illusione che suo figlio, un giorno lo leggerà e, nella sua esistenza travagliata da dubbi, ansie, velleità, amarezze, ritrovi sé stesso. E' un diario singolare, percorso da vene sotterranee di amaro umorismo, in cui i genitori si rivelano per quello che sono, i «veri orfani» dei loro figli. Il colloquio è diventato impossibile, non pochi anni dividono le due generazioni, ma distanze siderali. E' proprio così? Per il momento si direbbe di sì, le risposte dei figli alle domande del padre sono spesso grugniti per la bocca colma dì tortellini o di brioches. Il figlio maggiore fa l'autonomo, la figlia è femminista e si esprime con termini che farebbero arrossire i carrettieri d'un tempo, il più piccolo mangia, guarda fumetti, si intontisce di tivù. Il padre guarda, annota, si amareggia. Pensa alla sua infanzia e adolescenza di figlio povero, cresciuto in una casa povera, con genitori poveri. Gli sforzi, le gomitate, le ammaccature per studiare lavorando e fare strada. Si confronta coi figli che hanno tutto, il necessario ed il superfluo, e sono scontenti, inquieti, rabbiosi. Perché siete così? Forse perché non vi ho dato la sberla giusta al momento giusto, come ha fatto mio padre con me? Ricorda le notti di bambino, aggredito dagli incubi; e come allora, per difendersi, si stringeva al padre, ora si stringe alla moglie che lo risveglia dicendogli: «Ma che ti prende, vecchio matto». Il diario si dipana lentamente, giorno dopo giorno, sempre più amaro per il tempo che trascorre nemico, le stagioni che mutano, i figli che sfuggono. C'è Bologna, città dolcissima, tutta rossa nei tramonti estivi, calda come un forno, ma con fremiti negli alberi dei parchi e sulle colline verso San Luca. Ci sono le vacanze a Cattolica, i ricordi lontani dell'infanzia su quelle spiagge allora semideserte ed oggi tra¬ snmpzainfpr sformate in verminaio umano, il linguaggio pudico delle mamme che dicevano «con pardon» alludendo a disfunzioni intestinali ed a quello attuale, sboccato per essere in linea con la psicanalisi e non creare complessi ai figli. Cristofori vuol far capire ai figli che i genitori non sono da accusare, ma da compiangere. Sembrano uomini duri, pratici, conoscitori della vita, esperti in molte faccende; in realtà sono insicuri, timorosi, con un gran bisogno di tenerezza, anche quando vorrebbero apparire severi. E' un libro ameno e tristissimo. A Bordighera gli hanno dato in premio al «Salone dell'umorismo» il «Dattero d'argento». Se fossi stato in giuria lo avrei premiato con molti chili di datteri veri, di quelli tutta polpa e miele, ma con dentro, alla fine, gli ossi, duri, che spaccano i denti. Come accade nel suo libro. Francesco Rosso

Persone citate: Cristofori, Franco Cristofori

Luoghi citati: Bologna, Bordighera, Cattolica, Italia