JIRI PELIKAN: COME HO VISSUTO L'INVASIONE DI PRAGA DIECI ANNI FA

JIRI PELIKAN: COME HO VISSUTO L'INVASIONE DI PRAGA DIECI ANNI FA JIRI PELIKAN: COME HO VISSUTO L'INVASIONE DI PRAGA DIECI ANNI FA Ore 23,40 Cernik urla a Dubcek: "I russi,, Alla riunione del Presidium del partito, il dibattito sul progetto di relazione del segretario per il Congresso si concluse con l'approvazione all'unanimità del progetto con alcuni emendamenti minori. Curiosamente i conservatori non opposero alcuna obiezione alle tesi più importanti, considerate dai sovietici la principale eresia del «nuovo corso»: abolizione della censura,' istituzione dei consigli operai nelle fabbriche, elaborazione di un nuovo statuto del partito che consentisse alla minoranza di esprimersi liberamente all'interno del partito stesso ed eventualmente di diventare maggioranza con la forza degli argomenti. Anzi, proprio uno dei capi dei conservatori, Alois Indra, venne nominato presidente della commissione incaricata di preparare il nuovo progetto di statuto. Ma la passività dei conservatori ha una spiegazione. Essi sapevano di essere in minoranza, cinque su undici membri del Presidium aventi diritto al voto. Il loro obiettivo, perciò, era di prolungare la riunione fino all'ora fissata per l'invasione, della quale essi erano al corrente. Dubcek e i suoi sostenitori, invece, non fiutavano alcun pericolo e accettarono di discutere, come secondo punto dell'ordine del giorno, il rapporto di Indra, Kolder e Hof man. La riunione del Presidium continuò cosi dopo cena, avviandosi tranquillamente verso la mezzanotte. Questo protrarsi notturno dei dibattiti politici era una cosa normale nel periodo della «Primavera»: i praghesi erano abituati a vedere le luci accese nell'ufficio del primo segretario del partito fino ad ora inoltrata e Dubcek era del resto famoso per la sua capacità di lavorare anche venti ore al giorno. Mentre si protraeva la riunione del Presidium, s'intensificavano i contatti telefonici tra gli uffici di Hofman e di Indra. Il colonnello Salgovic, nominato in giugno, su pressione dell'Urss, comandante della polizia segreta e vice ministro degli Interni per controllare 11 ministro Josef Pavel (un vecchio comunista, ex comandante delle Brigate internazionali in Spagna, poi vittima dei processi staliniani), era tornato inaspettata¬ mente dalle vacanze a Sofia per essere presente al momento dell'invasione. Più tardi si seppe che proprio a Sofia, in Bulgaria, e a Dresda, nella Germania orientale, i cospiratori erano stati istruiti dagli agenti del Kgb sovietico (sigla per Comitato per la sicurezza dello Stato, la polizia politica dell'Urss: ndr). Dopo una breve visita nell'ufficio di Hofman, Salgovic si recò all'aeroporto di Ruzyne, dove s'incontrò con il generale Elias, comandante dell'aeroporto e direttore generale delle aviolinee cecoslovacche. Il dramma, in realtà, era già compiuto. Difatti, mentre Dubcek e i suoi collaboratori continuavano la riunione del Presidium, il primo commando sovietico era già sbarcato a Praga, alle 20,30 del 20 agosto. A quell'ora venne annunciato l'arrivo di un aereo civile speciale, del tipo An-24, proveniente da Mosca, che richiese il permesso di atterrare. La richiesta non apparve' straordinaria, né significativa: era consuetudine che aerei sovietici non di linea transitassero nella notte all'aeroporto di Praga diretti in Medio Oriente o in Africa, con a bordo armi o specialisti. Perciò gli addetti all'aeroporto di Praga non prestarono molta attenzione all'An-24. L'aereo sovietico rimase in una pista secondaria. Ne scese un gruppo di passeggeri in abiti civili, con piccoli bagagli a mano, che si diresse verso il ristorante della «sala transiti». Gli impiegati dell'aeroporto pensarono che fossero marinai, che si recavano in qualche porto del Mediterraneo per dare il cambio di equipaggio ad una nave. Ma un'ora dopo atterrò un secondo aereo sovietico, proveniente da Lvov, in Ucraina. Ne sbarcarono molte persone, anch'esse in abiti civili, attese dal rappresentante dell'Aerofio t, la compagnia di bandiera sovietica, e da funzionari dell'ambasciata sovietica a Praga. Qualche addetto all'aeroporto cominciò ad impensierirsi per questi movimenti e manifestò la propria preoccupazione al comandante dell'aeroporto, ma questi rispose che tutto era normale e non v'era alcun motivo di preoccuparsi. Il generale Elias, in realtà, era al corrente dell'o- perazione e la copriva d'intesa con il capo della polizia colonnello Salgovic. Una parte dei civili arrivati con il secondo aereo partì per la città a bordo di un autobus dell'ambasciata sovietica; l'altra parte restò invece all'aeroporto. Nella sede del Comitato centrale continuava intanto la riunione del Presidium. Nel mio ufficio alla televisione giunse l'ex vice ministro degli Esteri cecoslovacco Arthur London, condannato all'ergastolo nel processo contro Slansky e poi riabilitato. London era con la moglie francese Lise. Venivano da Parigi, dove London aveva appena finito il suo libro di tragica testimonianza sulla repressione staliniana in Cecoslovacchia, «La confessione», dal quale è stato tratto anche un film famoso. London ed io siamo molto amici. Per me era una grande gioia, in quei giorni, vedere che quell'uomo coraggioso poteva nuovamente abbracciare i suoi vecchi compagni e ricevere dal primo segretario una medaglia d'oro per la sua lotta antifascista in Spagna, in Francia e in Cecoslovacchia; sapere, anche, che il suo o a , o libro sarebbe stato pubblicato nel nostro Paese. Con London parlammo del «Maggio francese», della «Primavera praghese», decidemmo quali incontri organizzare per lui il giorno seguente. Poi i coniugi London uscirono per recarsi in albergo, lieti ed eccitati: era la loro prima notte a Praga dopo molti anni, ora speravano di potere seguire da vicino il «nuovo corso» ed anche lo svolgimento del XIV congresso. Non potevano immaginare, mentre lasciavano il mio ufficio, che quella sarebbe stata l'unica notte in cui avrebbero dormito a Praga, e forse l'ultima per molti anni a venire. Nel cuore della notte, i London furono svegliati da amici, che suggerirono loro di partire immediatamente prima che le frontiere tra la Cecoslovacchia e l'Occidente fossero chiuse. Dopo la partenza dei London chiesi un nuovo collegamento con il Comitato centrale e il comitato di partito di Praga. Fui informato che non c'erano novità di rilievo e, verso le 22,30, decisi di andare a casa, in Husova Ulice, per prepararmi per le due conferenze che dovevo tenere nei giorni successivi nella Boemia settentrionale. Buttai giù qualche appunto e, quando stavo per andare a letto, giunse la telefonata che mutò i miei piani. Arrivai alla sede del Comitato centrale che non era ancora mezzanotte. Tutte le finestre erano illuminate, c'era un'animazione molto confusa, gente che andava e veniva senza una mèta, segretarie in lacrime. Si respirava un'aria di disperazione e di rabbia. Andai da un collaboratore di Dubcek e mi feci raccontare che era accaduto durante l'ultima ora di riu'nione del 'Presidium. Alle 23,40 il primo ministro Cernik aveva apprèso dal generale Dzur, ministro della Difesa, che le truppe del Patto di Varsavia stavano attraversando i confini cecoslovacchi provenienti da tutte le direzioni. Cernik aveva interrotto ia riunione del Presidium, dando il terribile annuncio. Dubcek, sconvolto, quasi piangente, aveva esclamato: •E'ia più grande tragedia della mia vita. Dovevano fare questo proprio a me, che ho dedicato la vita all'amicizia tra l'Unione Sovietica e la Cecoslovacchia!». Kriegel, presidente del Fronte nazionale, e Smrkovsky avevano espresso immediata condanna e avevano chiesto se qualcuno, nel Presidium, era al corrente dell'operazione. Bilak, Indra, Jakes e Kolder avevano taciuto. Anch'essi erano parsi sorpresi. Come si. seppe più tardi, i cospiratori avevano sbagliato i calcoli. L'«ora X» per l'intervento era stata fissata per l'una di notte del 21 agosto; ma l'una di notte, tempo di Mosca, corrispondeva alle 23 del 20 agosto a Praga. Bilak era stato il primo a riprendersi e aveva chiesto a Dubcek perché non aveva comunicato agli altri membri del Presidium il contenuto della lettera personale inviatagli da Breznzv il giorno prima, il 19 agosto, e che, secondo Bilak, era un avvertimento dell'operazione militare. Dubcek era rimasto sorpreso dalla richiesta di Bilak, si era chiesto perché egli era a conoscenza della lettera. Poi aveva replicato: •Volevo leggerla alla fine della nostra riunione Ecco il testo, comunque, leggetelo voi stessi e vedrete che nulla, nel contenuto, può far pensare ad una cosa così tremenda come quella che stiamo vivendo». Nella lettera, in effetti, non c'era altro che le solite critiche alla direzione di Dubcek, accusata di non combattere abbastanza energicamente le tendenze «controrivoluzionarie» e di non controllare sufficientemente i mezzi di informazione. Ma il testo si chiudeva con •fraterni saluti al compagno Dubcek», senza lasciar presagire in alcun modo risvolti drammatici. In quei momenti di generale smarrimento, Indra e Bilak erano usciti più volte dalla sala del Presidium per telefonare a Hofman e ad altri. Dubcek aveva poi chiesto che si tenesse una nuova riunione e che Kriegel e Mlynar preparassero una dichiarazione del Presidium. Intanto Dubcek aveva chiesto al presidente della Repubblica, il generale Svoboda, al ministro degli Interni Pavel, al ministro della Difesa Dzur di venire alla sede del Comitato centrale per partecipare alla deliberazione del Presidium. Il generale Svoboda era giunto dal ca¬ stello di Hradcany, dove aveva appena ricevuto la visita dell'ambasciatore sovietico a Praga Stefan Cervonenko, che lo aveva informato che le truppe del Patto di Varsavia, romene escluse, stavano giungendo in Cecoslovacchia per 'Salvare il socialismo e l'amicizia tra l'Urss e la Cecoslovacchia». Il ministro degli Interni Pavel aveva fatto sapere che non poteva abbandonare il ministero perché un gruppo di vecchi funzionari della polizia segreta, che avrebbero dovuto lasciare l'incarico, stavano tentando di occupare l'edificio. Il generale Dzur, ministro della Difesa, aveva risposto a sua volta che non poteva raggiungere il Comitato centrale perché era «circondato» nel suo ufficio da ufficiali sovietici, consiglieri o «visitatori occasionali», che «per caso» si erano trovati quella notte nel ministero della difesa. Jiri Pelikan (4 - Continua) ti I ma 1 « . '-««tv 1 — ! - Agosto '68: i carri armati sovietici nelle strade di Praga (Bojesen-Nan)