Caso Moro: torna la pista del Cairo Identificato un "br,, di via Gradoli di Vincenzo Tessandori

Caso Moro: torna la pista del Cairo Identificato un "br,, di via Gradoli Quali sono i legami internazionali nell'agguato al presidente della de Caso Moro: torna la pista del Cairo Identificato un "br,, di via Gradoli I proiettili sparati dai terroristi contro la scorta di Moro provengono da una partita venduta in Egitto e tornata in Italia - Gli inquirenti hanno messo sotto controllo alcuni alloggi: prossima la cattura dell' "ingegner Borghi"? DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — I legami internazionali delle Brigate rosse sono da vari giorni al centro dell'inchiesta sull'agguato di via Fani. Dopo la missione lampo in Germania, a Wiesbaden, i magistrati hanno deciso di volare al più presto in Egitto. Sperano di trovare nuove prove di contatti dei terroristi italiani con organizzazioni straniere. Il frenetico lavoro sulla pista internazionale non ha fatto perdere di vista agli investigatori le ricerche dei terroristi che operano sul nostro territorio. I giudici Rosario Priore e Ferdinando Imposimato sembrano infatti aver aggiunto un altro obiettivo: l'identificazione del sedicente «ingegner Borghi», l'uomo che aveva preso in affitto il covo di via Gradoli. Il nome del terrorista è rimasto gelosamente custodito nel fascicolo. «Renderlo pubblico — ha detto uno dei due giudici — potrebbe rovinare un punto decisivo delle indagini». Sono due le ragioni per le quali a palazzo di giustizia hanno avviato la procedura per recarsi al Cairo. Esiste un rapporto ricevuto alcune settimane or sono e la conferenza stampa che il procuratore generale egiziano fece agli inizi di aprile. L'alto magistrato disse a chiare lettere che la ventina di arresti compiuti nella sua città (oltre a citta- dini egiziani erano finiti in carcere anche quattro europei) avevano portato alla scoperta di una centrale terroristica con legami internazionali, anche con le Brigate rosse. Le dichiarazioni del procuratore generale Ibrahim El Kaliubi furono prodighe di particolari; affermò che i contatti con l'Italia erano tenuti attraverso una casella postale di Roma. La polizia della capitale controllò e scoprì il recapito sequestrando documenti di poca importanza. Ma esiste un altro e ben più preoccupante indizio sui legami con il Medio Oriente. Secondo periti balistici i bossoli dei proiettili sparati dalle Br durante l'agguato ad Aldo Moro e alla sua scorta facevano parte di una partita di una fabbrica italiana, la «Fiocchi», venduta in Egitto. Polizia e carabinieri scoprirono che parte dei proiettili erano rientrati in Italia: una nave li aveva sbarcati in un porto pugliese. Da lì se ne erano poi perse le tracce. Per i contatti con il Medio Oriente si è a livello di indizi e non di prove, così come rimane una voce quella che i terroristi delle Br siano stati addestrati dagli iracheni del «gruppo di Abu Nidal», i clandestini di «giugno nero», venuti alla ribalta nei giorni scorsi per i sanguinosi attentati agli esponenti della Organizazione per la Liberazone della Palestina. Germania, Cecoslovacchia (due chiavi di Praga trovate in un covo dei brigatisti), Egitto non sono le uniche direttrici dell'inchiesta sul caso Moro. Sui terroristi italiani i magistrati pensano di aver raggiunto un risultato positivo: l'identificazione dell'«ingegner Borghi», il quarantenne «robusto e dai modi signorili» che per 18 mesi ha fatto funzionare il covo di via Gradoli. Se resta ancora sconosciuta la vera identità del terrorista, si conosce invece uno degli elementi che ricollegano il brigatista alla colonna romana. Secondo i giudici, «Borghi» è un elemento importante nella piramide del terrorismo, perché ha partecipato alla stesura della «risoluzione strategica» diffusa durante il sequestro del leader democristiano. Avrebbe anche avuto l'incarico di farla stampare: un modo per dire che era in contatto con Enrico Triaca, il tipografo delle Br arrestato il 19 maggio a Roma insieme con altre quattro persone. La notizia dell'identificazione di «Borghi» è stata più volte al centro delle notizie giornalistiche durante il sequestro di Aldo Moro. In un primo momento, sia i funzionari della Digos sia i magistrati della Procura di Roma avevano lasciato capire che l'«ingegnere» di via Gradoli altri non era che Mario Mo¬ retti, un brigatista entrato nella clandestinità ai tempi di Curcio e rimasto uccel di bosco per tutti questi anni. Si disse anche che le Br lo avevano incaricato di costituire la colonna romana. Il risultato raggiunto a palazzo di giustizia ha messo in moto anche una serie di «si dice». Sono state date per imminenti, addirittura in corso, operazioni di polizia per arrestare il brigatista, il cui rifugio sarebbe ormai noto agli investigatori. In realtà, magistrati, funzionari di polizia e ufficiali dei carabinieri hanno messo a punto un piano di controllo di alcuni appartamenti. o i i e n i m, i e o i ae o è , r i e nl Gallura, non lontano quindi I dall'Asinara dov'è rinchiuso il presunto brigatista. Le hanno •' ordinato il rientro immediato a Milano. ' E dietro le sbarre, ha detto jSpazzali, è tornato anche Gio-1 vanni Battista Miagostovich, presunto brigatista rosso, arrestato il 20 ottobre 1975 a Milano dai vigili urbani e, oltre che di partecipazione a banda armata, accusato di un «esproprio», cioè una rapina a mano armata all'ospedale San Martino di Genova. Alle 9,15 di mercoledì 8 ottobre 1975 in due avevano assaltato l'agenzia della Cassa di Risparmio. Bottino 113 milioni, le buste paga dei medici dell'ospedale. In un comunicato le bierre dichiararono di aver voluto «soltanto» il denaro dei medici «classe privilegiata ». Finito in carcere, Miagostovich è stato protagonista di uno dei mille misteri di San Vittore. E' in cella con Pietro Morlacchi, presunto brigatista rosso, e Pasquale Sirianni, di «lotta comunista», quando alcuni incappucciati fanno irruzione nella stanza e si scagliano contro i tre. Sirianni e Morlacchi riescono a difendersi, Miagostovich inve ce è colpito al torace e al braccio: in seguito rischia di perdere l'uso del braccio feri to. Illeso il quarto ospite del- Ia cella, l'avvocato Spazzali, uscito per la doccia pochi mi nuti avanti. Dice ora l'avvocato Spazzali: «Hanno preso decisioni in ritardo e sono decisioni inutili». Vincenzo Tessandori