Val d'Ossola: riprende la vita dopo il terrificante nubifragio

Val d'Ossola: riprende la vita dopo il terrificante nubifragio Ovunque si lavora per liberare strade e case dal fango e riallacciare le comunicazioni Val d'Ossola: riprende la vita dopo il terrificante nubifragio Una nuova vittima si aggiunge al tragico elenco - Sul Toce sono state viste carcasse di vetture trascinate dalla corrente - L'opera dei carabinieri contro gli "sciacalli" che si aggirano nelle case devastate - Un comunicato della Confcoltivatori DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE DOMODOSSOLA — Un rumore assordante di «bulldozer», colpi secchi di piccone, raschiare di pale, camion che vanno e vengono. E' la Valle d'Ossola che rimargina le sue ferite della terribile alluvione che l'ha colpita lunedì scorso. Uno spettacolo che si ripete puntualmente dopo ogni disastro. Alle dodici vittime certe, se ne aggiungono altre due: Giorgio Cotti, 51 anni, che risiedeva a Sesto San Giovanni (Milano); dell'altra è stato trovato molto poco: una capigliatura di donna. Era impastata nel fango del torrente Melezzo, nei pressi di Malesco. Potrebbero essere i capelli di Maria Bertone, 42 anni, una romana in villeggiatura a Santa Maria Maggiore. Quando è scoppiato l'uragano, la donna stava scendendo a valle alla guida della sua Volkswagen. La vettura è stata travolta dalla piena e trascinata fino a Masera dove ieri mattina è stata recuperata. La Bertone lascia una figlia che solo per un caso non è entrata anche lei nell'elenco delle vittime. Lunedì sera si è fermata nell'albergo di Santa Maria Maggiore. Giorgio Cotti, invece, era nel rifugio «Vasca» in alta Valle Vigezzo. Trascorreva qualche giorno di riposo assieme ad Alfonso Moroni, 59 anni, anche lui di Sesto San Giovanni. Quest'uomo è ancora all'ospedale di Domodossola, ma tra qualche giorno potrà fare ritorno a casa. Non sa che il suo amico è morto. «Guardo sempre i giornali, chiedo a tutti, ma nessuno mi sa dire che fine ha fatto» dice. Ecco il suo racconto di quel tragico pomeriggio. «Improvvisamente si è aperto il cielo e tutti siamo scappati dal rifugio, compreso il gerente. Cotti ed io siamo saliti sulla nostra «Citroen» ed abbiamo puntato verso valle. Ma abbiamo fatto poca strada perché in una curva si è staccata una frana dalla montagna ed ha investito in pieno la nostra auto. Ho sentito un tremendo colpo in faccia, ricordo ancora di aver visto l'auto puntare verso la scarpata e finire nel vuoto. Abbiamo fatto un salto di due, forse tre metri». La «Citroen» si è infilata nel fango ed è rimasta con la parte posteriore sollevata verso l'alto. Le luci di posizione sono rimaste accese, una circostanza che ha salvato la vita a Moroni. I fanalini sono stati visti dagli altri ospiti del rifugio che seguivano la vettura dei due milanesi. Continua il drammatico racconto di Alfonso Moroni. «Ero schiacciato contro il parabrezza da una massa di terra che era entrata nell'abitacolo. Potevo muovere solo una mano e toccavo il mio amico. Gli vedevo spuntare dal fango solo un braccio. Lo chiamavo, ma non mi ha mai risposto. Poi sono svenuto». Moroni è stato tolto a fatica dalla vettura, e portato all'ospedale, per Giorgio Cotti non c'era più niente da fare. Forse è stata la prima vittima dell'alluvione. Da ieri mattina le squadre di soccorso stanno scandadagliando il letto del Toce anche a valle. Sono intervenute in seguito ad una angosciosa segnalazione giunta da Ornavasso, un paese che è a una trentina di chilometri in basso rispetto alle zone sinistrate. Qualcuno ha visto passare nel fiume diverse carcasse di automobili. Spuntavano e si reimmergevano nell'acqua torbida. In quel punto il Toce è molto profondo, nel suo alveo raccoglie tutto quello che ha portato giù la piena. Una notizia confortante, ma che però è ancora impossibile controllare. Tra i dispersi si era detto che c'erano anche quattro persone che viaggiavano su una «Volvo». Qualcuno l'aveva vista finire nel Melezzo. Corre voce a Domodossola che i quattro della «Volvo» sono sani e salvi. Erano turisti svizzeri che stavano rientrando nel loro paese quando è scoppiato l'uragano. Hanno appreso dai giornali che erano nell'e¬ lenco delle probabili vittime e si sono messi in contatto con qualcuno della Valle d'Ossola per tranquillizzare sulla loro sorte. Ripetiamo che questa è soltanto una voce su cui i carabinieri indagano per accertare. L'opera di ricostruzione nelle zone devastate, continua. Ieri alle 7,20 la ferrovia «Vigezzina» ha ripreso le sue corse (otto a salire e nove a scendere) con convogli merci e viaggiatori, da Domodossola a Gagnone Orceso. Da quest'ultimo paese è in funzione un servizio di pullman per Santa Maria Maggiore, Malesco, Craveggia e Toceno. Oltre Malesco non si può andare perché sono crollati i ponti sulla statale e quindi Re e Villette non sono raggiungibili dal versante italiano. Nella zona ci sono circa 600 frontalieri che lavorano in Svizzera. Comunque da ieri sera questi lavoratori possono recarsi oltre confine transitando su un «guado» sul Melezzo. Aperta al traffico anche la I provinciate di Valle Antrona. Possono transitare automezzi del peso massimo di 40 quintali. Anche la statale per Macugnaga è collegata con il resto della valle. Entro oggi dovrebbe essere collaudato il ponte in ferro gettato dai militari della « Centauro » di Novara, in località Molini. Dovrebbe sopportare il transito di automezzi fino a un massimo di 200 quintali. Una precisazione per chi volesse percorrere la Valle Vigezzo, dalla Cannobina. Da Cannobio si sale fino a Malesco e di qui si scende fino a Gagnone, ma non oltre perché il resto della statale fino a Domodossola è interrotto in più punti (la strada che non esiste più, i ponti crollati). Ai lutti e alle rovine della Valle d'Ossola, si aggiunge un'altra piaga, forse la peggiore di tutte: quella degli « sciacalli ». Sono sempre i primi ad arrivare dove c'è una tragedia, escogitano trucchi per approfittare di chi in quel momento è indifeso, ha la mente sconvolta dall'angoscia. Sono persone che non conoscono la pietà, e la disperazione degli altri nep jrure le sfiora. Gli sciacalli si aggirano sulle rovine delle case e scavano. Mettono in tasca tutto quello che trovano, anche cose di poche lire, ma che potrebbero avere un valore immenso per chi le ha perse. Altri invece vanno in giro a raccogliere denaro « in favore degli alluvionati » e le loro vittime più facili sono gli anziani. A Domodossola ci sono già state molte di queste truffe al punto che un gruppo di carabinieri è stato mobilitato per combatterle. Nella lotta sono impiegati anche gli elicotteri del gruppo di Torino, al comando del capitano Giuntella. La « Confcoltivatori » del Piemonte esprime cordoglio e solidarietà alle famiglie colpite dal disastro. In un comunicato ricorda che ancora una volta il Piemonte è stato sconvolto dall'alluvione le cui conseguenze sono da attribuire «alla dissennata e colpevole politica trentennale di abbandono dei territori montani e dei gravi ritardi negli interventi per la sistemazione idrogeologica del territorio ». In questa occasione la Presidenza Regionale della Confcoltivatori del Piemonte sollecita dai pubblici poteri « provvedimenti di emergenza a livello nazionale che si richiamino alle precedenti due leggi speciali per il Piemonte del 1977 e che oltre al ripristino delle opere e delle struture garantiscano un adeguato rifinanziamento della legge 25-5-7- numero 364, sul "Fondo di solidarietà nazionale" ed uno stanziamento straordinario per contributi "una tantum" per ogni casa ed ogni ettaro danneggiati o per perdite di bestiame ». Continua il comunicato; « Nell'ambito degli interventi di emergenza si auspica inoltre un contributo diretto — come per il passato — da parte della Regione ». Aldo Popaiz I Druogno. Bambini scavano sui binari della ferrovia ricoperti di fango e detriti (Ansa)