Quale Roma troverà il nuovo Papa di Stefano Reggiani

Quale Roma troverà il nuovo Papa IL MONDO CATTOLICO CHE ATTENDE IL SUCCESSORE DI PAOLO VI Quale Roma troverà il nuovo Papa La fede difficile di una città «contraddittoria e impassibile» -Nelle borgate soprattutto è esteso il disinteresse dei giovani: accettano solo di discutere, hanno rinunciato anche alla politica -1 gruppi spontanei, il dissenso, le nuove iniziative nelle parrocchie ROMA — Si accendono le luci sul palcoscenico del teatro Michelangelo a Primavalle. Il fondale rappresenta un giardino ben curato, davanti ci sono due sedie imbottite in stile Luigi Filippo, poi vecchie scatole sfondate, attrezzi disusati, tele arrotolate. Padre Cosma di Mambro percorre la breve pia tea di cinquecento posti, tra le lame di sole che trapelano dalle imposte chiuse. Dice: «Non si trovano più i filodrammatici. Fino a pochi anni fa si facevano recite edificanti nelle parrocchie, adesso la gente di sera rimane a casa per paura e per pigrizia televisiva. Abbiamo quasi trentamila parrocchiani». Primavalle intorno alle vecchie case coloniali s'è allargata in un giro incredibile di strade e di enclaves, su fino a Monte Spaccato, Palmarola, Borgata Ottavia, Monte Arsiccio, Casalotti. Negli Anni Trenta Mussolini vi deportò gli esuli degli sventramenti nel centro storico, a Via della Conciliazione, ai Fori Imperiali Fece costruire case d'emergenza che dovevano durare dieci anni e sono ancora Il I figli di alcune famiglie giunte dall'Africa durante la guerra sono nati al dormitorio pubblico, qualche volta vanno a mangiare in parrocchia. Oltre alla chiesa di padre Cosma, Santa Maria della Salute, c'è un'altra parrocchia, Santa Maria Assunta: si spartiscono i sessantamila abitanti, impiegati, operai dell'edilizia, anziani, disoccupati, emarginati. La chiesa di padre Cosma è stata costruita nel 1960, venne Papa Giovanni ad inaugurarla, disse: «E' una porta aperta verso il cielo. Siate buoni». Tanta gente come allora non s'è più vista in chiesa. Quando un ragazzo del quartiere va a cercare lavoro gli chiedono: «Sei di Primavalle? Mi dispiace, non c'è posto». Padre Cosma è nelle Adi, dalla parte di sinistra. Ha tre sacerdoti che lo aiutano, un libanese, uno spagnolo, un pakistano. Padre Manuele, pakistano, spiega che Primavalle è meglio della Roma storica: «E' più sincera». Con padre Manuele, ci sono tre ragazzi: Paola, Giuseppe e Primo. Fumano silenziosamente, cercando le risposte a una domanda: che cos'è la religione per i vostri coetanei del quartiere? Precisa Paola: «Non parliamo di quelli che vengono in chiesa, sono pochissimi, meno del dieci per cento. Magari si vergognano, si sentono irwtrappolati. Parliamo di tutti». Aggiunge Primo: «Può accadere che si cerchi la fede come si cerca un'emozione, per sfuggire alla noia. Ma anche i grandi fanno cosi: riempiono la chiesa solo per le prime comunioni e le cresime, vogliono vedere chi ha il vestito più bello». Dice Paola: «Si cerca un'emozione o anche una facilità. ' Ho molti amici qui in quartiere che sono diventati testimoni di Geova. Non ci sono regole dure, presenze imbarazzanti». Chiarisce Giuseppe: «La noia per chi ha i soldi, la disperazione per chi non li ha possono condurre ad emozioni più forti, alla violenza. Basta uno sveglio che organizzi le battute, dicendo: ragazzi, c'è da menare. Cosi perfino la violenza politica può nascere da occasioni banali». C'è un vantaggio a fare i parroci a Roma? Padre Cosma ride: «Il contrario. Quando chiedo soldi ai parrocchiani mi rispondono che a Roma c'è il Papa, che il Papa è ricco, paghi lui. Non fanno differenza tra le spese della Santa Sede, tra i beni ecclesiastici e i preti. Io ho una congrua mensile di 83 mila lire, e per il resto mi affido alle elemosine». Padre Cosma ha almeno alle spaile una struttura, il terzo ordine regolare di san Francesco, che gli fornisce viceparroci internazionali; altri preti di borgata combattono da soli P.rimavalle è vicinissima a San Pietro, la più vicina tra i q uartieri e le borgate; ma non s'è mai parlato della morte del-Papa e della sua successione durante la nostra visita. Ci chiediamo che cattolici, che Chiesa troverà in Italia il nuovo papa. Ci par giusto cominciare da Roma, il nuovo eletto sarà vescovo di Roma, non simbolicamente, ma propriamente. Forse vorrà stringere i legami con la città, forse vorrà allentarli, affidando la diocesi al vicario. Dipenderà dall'eletto, se italiano o straniero. Chissà che cosa penserà guardando, al momento dell'incoronazione, Piazza San Pietro stracolma di folla, cercando di indovinare i romani tra i fedeli giapponesi con cinepresa e i pellegrini del terzo mondo. Roma, disse Paolo VI, nel 1972, «è unica e singolare, straordinaria e contraddittoria, impassibile e viva, popolaresca e cosmpolita». Ma poi se diciamo Roma cattolica, non intendiamo la stessa città, sempre. C'è la Roma gerarchica e istituzionale, la Roma del centro storico, l'altra Roma delle borgate, la quarta Roma, ipotetica e nascente, che vuol essere minoranza e predicatri.ee di salvezza. Ci sono nella diocesi 908 chiese aperte al culto, escluse quelle affidate ai conventi e ai privati. Il clero residente supera i cinquemila membri (5084), ma comprende 38 cardinali, 83 vescovi e arcivescovi 1119 sacerdoti di altre diocesi Poi ci sono 482 preti ufficialmente romani e 3362 religiosi L'anno scorso nella diocesi sono stati ordinati due sacerdoti, e sei ce n'erano nel '76 e nel '75. Per trovare vocazioni più consistenti bisogna risalire al '63 (sedici) e al '59 (diciannove). C'è un anziano professore, Vitaliano Rovigattl che abita in una casa degli Anni Trenta tra mobiletti art déco. Il vicario l'ha chiamato a presiedere l'Azione cattolica romana, segno di quello che era un tempo l'impegno diretto dei laici alla dipendenza dèlia gerarchia. L'Azione cattolica aveva avuto un'eclisse quasi totale, adesso anche a Roma (diecimila iscritti di cui settemila adulti) «testimonia il momento della crisi». Rovigatti ha due occhi brillanti dietro gli occhiali cerchiati d'oro: «La crisi è positiva, oggi non conta più la partecipazione di massa, ma la qualità. Noi vogliamo impegnarci nell'assistenza parrocchiale, nell'insegnamento della dottrina, nella catechesi. I gruppi spontanei vanno benissimo, nascono dall'emergenza, ma non durano. Ci vuole un gruppo di laici dentro un'istituzione stabile, assolutamente disponibile verso la gerarchia, verso i vescovi. E' l'Azione cattolica, che molti parroci purtroppo boicottano». Il posto dell'Azione cattolica nelle parrocchie è stato preso da gruppi autonomi che il mese scorso hanno tenuto un convegno al Collegio Santa Maria. C'erano un centinaio di giovani II moderatore, Pierluigi ha osservato: «Se è vero che esiste tra i giovani una generica domanda religiosa non si può affermare che venga razionalmente indirizzata verso la Chiesa». Mons. Canestri vicegerente della diocesi, ha richiamato l'impegno spirituale «contro la tentazione dell'efficientismo». Ha detto: «L'annuncio della fede è un messaggio strabiliante, che deve essere gridato a tutti senza intellettualismi di sorta». Afa in pratica, che accade? Suor Lorenzina Calosi, la più energica attivista dell'ufficio evangelizzazione, scivola sorridendo tra i corridoi del vicariato spiegando le sue1 esperienze di borgata, con i ragazzi: «Sono in crisi le ideologie, sono in crisi i- partiti, i giovani sono sofferenti e delusi, hanno capito che non c'è una chiave che salvi il mondo adesso e subito. Allora, c'è la ricerca religiosa. Non è fede, non è cattolicesimo, è inquietudine. Mentre sono rimasti i ragazzini del ginnasio a fare politica, gli altri hanno voglia di riflettere». E che dicono, tornano alla fede? «No, ascoltano. Loro non vogliono essere religiosi per paura come gli adulti. Qualche volta pregano, per imitazione, per stare insieme. Io gli dico: guardate che voglio portarvi alla religione, ma siete liberi di fare quello che volete». E la pratica reli- atosa, la fede? «Per adesso non c'è nulla, non c'è neppure il vincolo della famiglia. C'è solo questo dialogo, continuo, indeciso». Nel '74 il vicariato indisse un convegno sui mali di Roma e sulle responsabilità dei cristiani Fu una denuncia tanto violenta, che la gerarchia dovette fare dei passi indietro, prendere le distanze. Disse il cardinale Paletti: «Io non posso fare lo stesso discorso di un sacerdote del dissenso, tradirei il mio ufficio». Ma s'era aperta una piccola breccia tra la Roma gerarchica e l'altra Roma. Nel '75 i parroci della periferia fecero una nuova denuncia dei mali di Roma rivolta ai pellegrini dell'Anno santo. Adesso, alcuni gruppi come quello chiamato espressamente 'febbraio '74», vogliono proseguire l'analisi religiosa e sociale delle diseguaglianze e delle ingiustizie di Roma. Il partito socialista ha offerto al gruppo una cooptazione politica. Forse, sul confine dei partiti sarà chiamato alla prova anche il fronte del dissenso (per esempio, l'iniziativa ecumenica dell'ex abate di San Paolo, dom Franzoni); perchè, come dice suor Lorenzina, dopo il forte momento dell'impegno, cresce l'indifferenza tra chi s'era illuso, cresce il rischio del rifiuto totale. Nonpotrà tranquillizzare il nuovo vescovo di Roma la religiosità tradizionale degli immigrati contadini, quella abitudinaria dei quartieri ricchi (quasi il quaranta per cento di praticanti in una parrocchia dei Parioli contro la media del 33 per cento nella diocesi), quella dettata, come disse mons. Riva, da un «quietismo opaco». Mons. Riva fece al convegno del '74 la denuncia più aperta, non incolpò solo le storture sociali «l'impreparazione, i favoritismi, i clientelismi» dellacittà, ma anche, antropologica'mente, il modo romano di intendere la religiosità, magari ideologico e culturale, mai legato ai «problemi comunitari». Certo, è il vecchio scetticismo che si nasconde anche nei fervori più insospettabili Disse mons. Riva: «Si declamano verità eterne ed insegnamenti sublimi, che si fermano però solo a considerazioni intimistiche, psicologiche e spiritualistiche». Per suo conto, consegnò ai cattolici romani un modesto promemoria: «Occorre rimboccarsi le maniche, assumere coraggio e pazienza e scavare a fondo anche se tutti dobbiamo accettarne le conseguenze, i rischi, i sacrifici». Stefano Reggiani Roma. Un pomeriggio, in borgata: "L'inquietudine porta alla ricerca religiosa" (Foto Team)