E' il tramonto della Roma "dolce vita" l'arresto del produttore Gianni Bufiardi di Silvana Mazzocchi

E' il tramonto della Roma "dolce vita" l'arresto del produttore Gianni Bufiardi Finito in carcere per falsa testimonianza nel "giallo,, di Tor di Valle E' il tramonto della Roma "dolce vita" l'arresto del produttore Gianni Bufiardi ROMA — Gianni Buffardi, produttore cinematografico, cinquantenne, ideatore di film di cassetta, squattrinato «vitellone» della Via Veneto Anni Sessanta, poi scommettitore e trafficante di oggetti d'arte, è stato arrestato mercoledì per falsa testimonianza nel corso dell'inchiesta per l'omicidio di Franco Nicolini, il bookmaker dell'ippodromo assassinato un mese fa a Tor di Valle. Buffardi, amante di cavalli e di scommesse, aveva scritto una lettera a Nicolini qualche tempo prima che il boss venisse ucciso. Si lamentava con lui per i modi «deliranti» che aveva imposto nell'ambiente di Tor di Valle; per il suo spadroneggiare freddo e incattivito, per i picchiatori con cui si accompagnava, per i metodi violenti con cui «Franco er criminale» faceva all'ippodromo il bello e il cattivo tempo. Alla fine della lettera gli diceva di smetterla e alludeva, neanche tra le righe, di saperla lunga sui traffici del bookmaker. Mercoledì Buffardi era stato interrogato su questo scritto ed è finito in carcere come gli al¬ tri quattro testimoni del «giallo dell'ippodromo» già interrogati. E non saranno gli ultimi. La cronaca del delitto di Tor di Valle è soli il pretesto per guardare, attraverso la figura di Buffardi, il mondo che c'è dietro. La vita del produttore, almeno negli ultimi quindici anni, è lo specchio di un'epoca: da una certa disponibilità economica alle avventure giudiziarie, tutto vissuto con una piaggeria vecchio stile, con la retorica di uomo alla moda «che ne ha viste tante». Marito di Liliana De Curtis, figlia di Totò, Buffardi ha vissuto parecchi anni con Igli Villani, la semisconosciuta cugina di Sophia Loren. Nel mondo del cinema è sempre stato una figura di terzo piano, un produttore con scarse possibilità; ma vivendo al margine del «mondo che conta» ne aveva orecchiato i segréti. Fu, per esempio, una «voce» dello scandalo del «Number One», il night di via Lucullo, chiuso nel '72 per un giro di cocaina. Una storia che trascinò nelle aule giu¬ diziarie il boi mondo romano, dove bionde e playboys si scambiarono querele, denunce e dispetti, ma che segnò anche la fine di uno scenario di lustrini, che fino ad allora aveva accompagnato la vita notturna nella capitale. Buffardi fu ascoltato, all'epoca, più volte dai giudici, perché sapeva molte cose di quel giro di gente, tanto che quando tutto finì, produsse un film sulla vicenda, appunto con il titolo «Number One». Lo scandalo nel night di via Lucullo segnò la fine di una certa Roma notturna, un po' molle e provinciale, ed introdusse nei copione un intrigo più complesso e più violento, fatto di minacce, ricatti e tanta droga. Il processo alla gente del Number One» portò alla ribalta Pierluigi Torri, i Getty e i traffici di valuta e di stupefacenti. Buffardi rimase nell'ombra, come tanti e, nel costume di vita ormai cambiato, cercò di adattarsi. Nel '74 il produttore viene arrestato per estorsione e furto: mentre trasportava a Firenze un trumeau del 1700, che gli a- vevano affidato per una stima, se lo fece rubare e non venne creduto. Pochi giorni dopo gli arrivò un'altra denuncia: il figlio del pittore Massimo Campigli, Nicola, sostenne che Buffardi gli aveva proposto di versare 18 milioni ad alcuni «amici» che avrebbero provveduto a far riavere alla famiglia quattro dipinti del famoso pittore trafugati qualche anno prima a St-Tropez. Scampato alle sue disavventure giudiziarie, Buffardi continua a vivere in via Paisiello, a poche centinaia di metri da via Veneto, il suo terreno di caccia ormai popolato soltanto da stranieri danarosi, ma demodés. Amante di cavalli (aveva avuto negli anni d'oro persino una piccola scuderia), si appassiona alle corse di Tor di Valle e frequenta l'ippodromo. Lì trasferisce i suoi modi velleitari, scanzonati, affettatamente « anticonformisti » e tutto sommato ingenui; gli stessi atteggiamenti di chi ha trascorso per anni le serate ai tavoli dei bar di via Veneto a guardare « lo struscio » della vita notturna romana che si spegneva. Il tempo però scivola e le regole di vita che conosce Buffardi non valgono più; anche marciare ai margini della legalità non è più facile e i personaggi della commedia umana sono incattiviti, resi impietosi dai profitti astronomici introdotti dallo spaccio della droga. All'ippodromo non è diverso: « Franco er criminale » spadroneggia a son di milioni e di botte distribuite senza classe dai gorilla e guardaspalle. Un giorno gli uomini di Nicolini pestano a sangue all'ippodromo Salvatore Caruso, sessantenne cassiere di un boss napoletano chiamato « Don Mimi », capo ossequiato di una gang di scommettitori fastidiosa per la banda ormai egemone di « Franco er criminale ». Caruso giurò di fargliela pagare, ma quando venne interrogato, dopo il delitto, negò perfino di essere stato picchiato ed ora è in carcere. Buffardi, entrato in questo mondo, si comporta invece con la retorica di sempre: sorridente e superficiale va parlando della spocchiosità e dell'arroganza di Nicolini in tutto l'ippodromo, ma poi ci ripensa e decide di scrivergli quella famosa lettera che gli è costata l'arresto. In due pagine ricorda a Nicolini che non è bello comportarsi in quel modo violento, picchiare gli anziani, eccetera. Alla fine della missiva rispolvera però le sue maniere da duro romano e scrive quell'infelice frase che suona pressappoco come un « ricordati che so come hai fatto i soldi ». Non è l'unica lettera: in casa sua ne hanno trovate altre scritte perfino al nuovo presidente della repubblica e alle Br. Mentre Buffardi dà sfogo alle sue manie intellettualoidi, la commedia si consuma in cronaca nera. Nicolini viene ucciso all'ippodromo e l'ex produttore resta nell'impiccio; quando mercoledì viene arrestato riesce a conservare un forzato buonumore: parla di meditazione e di carcere come esperienza ed entra a Regina Coeli con la camicia di seta munita di cifre ricamate in blu, come ci si recasse in visita. Nonostante tutto, il protagonista di questa storia non ha ancora capito come sono cambiate le regole della vita romana di cui lui resta uno degli ultimi misconosciuti esponenti pittoreschi. Silvana Mazzocchi

Luoghi citati: Firenze, Roma