VILLOT

VILLOT VILLOT Francese italianizzato Potrebbe anche essere una scelta che alla fine metterebbe tutti d'accordo. Il cardinale Jean Villot, 73 anni, francese ma semiitalianizzato dopo 12 anni di vita in Curia, è un candidato alla successione di Paolo VI che ha delle possibilità di riuscita. A suo favore c'è l'età non troppo giovane, il fatto che è straniero (nel caso si voglia fare una scelta nuova fuori dalla tradizione), che è progressista e che non ha mai dato fastidio a nessuno. Titolare della più alta carica della Chiesa dopo il Papa, il cardinale Jean Villot, dal 1969 Segretario di Stato (come dire, capo del governo), è stato sempre l'uomo del compromesso, cauto nelle scelte e nel prendere decisioni. Non è un personaggio di disegno spiccato. Si sa di lui che è un forte fumatore di sigarette «Gauloises» e che, fino a non molto tempo fa era solito recarsi ogni sabato sera in autobus alla basilica di San Paolo per stare insieme ai giovani della comunità. Gran lavoratore, gran lettore, Villot nacque nella Francia centrale l'il ottobre 1905. Prima assistente della gioventù studentesca cristiana a Clermont-Ferrand, poi assistente dei giovani dell'Azione cattolica e poi vescovo della diocesi di Lione, la più antica e la più illustre di Francia, con un milione e mezzo di abitanti, con una popolazione operaia numerosa, dove erano molto diffusi i problemi della scristianizzazione. Era il tempo dei preti-operai. Dall'insegnamento alla carriera nella diocesi a contatto con la gente, venne a Roma chiamato da papa Giovanni XXIII come sottosegretario francese del Concilio. L'ascesa di Jean Villot prosegue con la nomina a cardinale fatta da Paolo VI nel 1965. Papa Montini vedeva in lui un moderato che non indulgeva né al progressismo esasperato né al conservatorismo retrivo. Montini non si pentì della scelta, e nel 1967 nominò Villot a capo della Congregazione per il clero, poi ne fece il suo primo collaboratore, il suo sostituto e primo ministro. Era il 1969, e il cardi naie Jean Villot diventava il primo Segretario di Stato vaticano straniero dopo cinquant'anni di intervallo (il suo precedessore fu lo spagnolo Merry del Val). Ulteriore motivo di rottura, era il fatto che Villot non era un diplomatico come la tradizione imponeva, ma un pastore d'uomini, un ecclesiastico. Paolo VI aveva grande fiducia in lui e nella sua capacità di costituire un collegamento tra la Curia romana e l'episcopato mondiale, parlando lo stesso linguaggio cautamente progressista della sua linea. Ma il cardinale Villot non ha mai utilizzato a pieno tutto l'enorme potere che la sua carica gli conferiva. Per quanto riguarda la politica interna italiana, Villot, al contrario del suo sostituto segretario di Stato monsignor Benelli, preferì non interferire. Cosi, i due tennero atteggiamenti opposti sul referendum antidivorzista. Si ricorda ancora che quando fu approvata la legge sul divorzio con grande scandalo in Vaticano, e Paolo VI era in viaggio in Estremo Oriente, toccò al Segretario di Stato prendere posizione, con un anonimo corsivo sull'Osservatore Romano. E il corsivo risultò per la sensibilità della Curia troppo blando e inidoneo alla «gravità» del fatto. Forse fu quello uno dei pochissimi screzi di Villot con la Curia. Per il resto non sono mai sorti problemi. E il Segretario di Stato e Camerlengo (svolge le funzioni di normale amministrazione in mancanza del Papa) potrebbe essere un Papa che potrebbe gestire senza sussulti una fase di assestamento, a. rap.

Luoghi citati: Clermont-ferrand, Estremo Oriente, Francia, Roma