Era compito dei servizi segreti sorvegliare i brigatisti fuggiti di Vincenzo Tessandori

Era compito dei servizi segreti sorvegliare i brigatisti fuggiti Polemica fra i magistrati torinesi e il Viminale Era compito dei servizi segreti sorvegliare i brigatisti fuggiti E' ciò che sostengono i giudici di Torino - L'inchiesta affidata a un ispettore del ministero di Grazia e Giustizia - Una storia di lettere spedite a indirizzi sbagliati La magistratura torinese non accetta le pesanti accuse del ministro dell'Interno Rognoni. I brigatisti rossi Nadia Mantovani e Vincenzo Guagliardo, si dice, sarebbero fuggiti, comunque. Al magistrato non tocca certo controllare i movimenti di chi torna in libertà, perché non è il suo compito. Intanto però c'è un'inchiesta amministrativa, ordinata dal ministro Bonifacio, per stabilire se, e fino a qual punto, esistano responsabilità dei giudici. Da domenica mattina il dott. Vincenzo Maimone, già pretore capo ad Alessandria, inquisisce i colleghi torinesi, studia le carte, valuta la situazione. Poi riferirà al ministro di Grazia e Giustizia che, a sua volta, informerà il collega all'Interno. Sull'inchiesta non spende troppe parole, legato com'è «a un segreto assoluto». Domenica mattina, fra le 10 e le 11,30 ha avuto un colloquio con il procuratore della Repubblica La Marca e il procuratore aggiunto Toninelli, richiamati dalle vacanze. Con irritazione controllata il procuratore al termine ha detto: «Ogni volta che accade qualcosa si scatenano polemiche, ma noi polemiche non vogliamo farne». Poi, però, ha aggiunto: «I politici dicono quello che vogliono, in Parlamento nessuno può smentirli. E ogni volta sono inchieste». Stavolta l'indagine è stata decisa dal ministero di Grazia e Giustizia, chi l'ha voluta e chi la conduce sono «tecnici». La Manca ribatte: «Sì tecnici, ma anche politici che devono riferire ad altri politici». La smagliatura più evidente, in questa nuova storia italiana, sono i servizi segreti, apparsi inefficienti, perché nessuno spera che i due fuggiaschi siano usati come «lepri» da seguire. «I servisi segreti: questo è il vero problema. Probabilmente la pensiamo tutti allo stesso modo. E pensare che questa sarebbe stata un'occasione d'oro...». Il dott. La Marca non aggiunge altro. L'inquisitore ha detto: «Sono a Torino per alcuni giorni. Dovrò ascoltare i responsabili degli uffici giudiziari. Questa, sia chiaro, è un'inchiesta amministrativa». Che cosa cerchi non lo rivela, ma intanto si sa che deve stabilire se ci sono stati ritardi colpevoli a Palazzo di giustizia: la Digos, in data 24 giugno, spedì un rapporto su Nadia Mantovani, da poco scarcerata e tornata a Sustinente. Quel rapporto, che doveva essere indirizzato al tribunale di Mantova, in realtà venne mandato alla procura della Repubblica di Torino. Due giorni più tardi quella pagina e mezzo di appunti nei quali la polizia politica sottolineava la pericolosità della ragazza e l'impossibilità di garantire un controllo efficace, viste le misure prese, venne spedita al tribunale di Mantova. La «nota informativa» su Vincenzo Guagliardo a Torino arrivò, invece, il 27 luglio: il brigatista aveva già deciso di tornare in clandestinità. Ora, in quell'intrico di date, di lettere inviate in posti sbagliati e giunte in ritardo, di allarmi gettati forse più per coprirsi le spalle che per altre ragioni, il dott. Maimone deve stabilire se i giudici torinesi «hanno mancato». Intanto fa sapere che «il presidente della corte d'assise Guido Barbaro non sarà ascoltato perché in questa storia non c'entra». Poi, come riflettendo, mormora: «E poi che cosa c'entra la magistratura? Era un compito dei servizi segreti il controllo, devono essere contenti se quei due sono rimasti a casa loro un mese e non se ne sono andati subito». Ma l'inchiesta deve essere terminata. Nel suo pellegrinaggio da un ufficio all'altro l'ispettore ha fatto tappa alla procura generale e alla corte d'appello, difende con tenacia il segreto dei colloqui. Nel pomeriggio è stato in procura della Repubblica dove, a lungo, ha consultato i registri delle cause. La procura geneiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiii rvlvntgstdprurebplfsspps rate, in questa polemica, non vuol essere coinvolta. Dice l'avvocato generale, dott. Severino Rosso: «La procura generale nella vicenda non c'entra nel modo più assoluto». Quando venerdì scorso Rognoni riferì al Parlamento sulla vicenda bierre, fra l'altro disse: «Io stesso disposi direttamente e tramite il capo della polizia che il questore di Torino informasse con un preciso rapporto la procura generale del nostro parere e cioè che nel caso dei due brigatisti dovesse essere applicata la norma prevista dalla legge Reale in tema di confino di polizia». Le posizioni sono chiaramente in contrasto. Ora l'avvocato generale puntualizza: «I rapporti alla procura generale non li ha mandati nessuno. Sono arrivati in procura della Repubblica, e il destinatario era sbagliato». Le ricerche, si assicura, continuano «attivamente». Da Roma, Viminale, domenica mattina è stato spedito alla procura torinese un fonogramma nel quale si assicura che la caccia ai due clandestini è in pieno atto e viene fatta «anche in campo internazionale». Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Alessandria, Mantova, Roma, Sustinente, Torino