Gaetano, come far fortuna con le filastrocche

Gaetano, come far fortuna con le filastrocche "Nuntereggaepiù,, è una delle canzoni più gettonate di questa estate dei poveri Gaetano, come far fortuna con le filastrocche MILANO — Una delle canzoni più gettonate di quest'estate dei poveracci mette assieme con bella sicurezza i tre Agnelli con «Monti Pirelli dribbla Causio che passa a Tardetti». Sembra la filastrocca d'un goal, ma è difficile capire alla fine d'una sfilza imperterrita di nomi famosi se lo sberleffo punti più alla tifoseria o alla politica. A contarli ci son tutti, elencati con chiara diligenza: l'avvocato Agnelli e Bearzot, Maurizio Costanzo e Mike Bongiorno, Susanna Agnelli e Musiello - Antognoni - Zaccarelli, e poi Gannì Brera, Nureyev, Rivera - D'Ambrosio, ed 'eccellenza e senatore» che fanno rima con 'eminenza e monsignore». Conclusione? Una sola disperata parola, sulle note languide d'un ritmo caraibico: 'Nuntereggaepiù». Autore e interprete di questa sbalestrata presa in giro è Rino Gaetano, quello assurto alle glorie nazionali con la buffonesca tiritera sanremese di 'Gianna», diverse centinaia di migliaia di 45 giri venduti in tutt'Italia e una lunga leadership nella classifica imbonitrice dell'Hit Parade. Rino Gaetano non è nuovo a queste cose, e lo schema a filastrocca su cui esercita gli spunti provocatori o paradossali delle sue storie lo riporta un tantino alle immagini felici e pungenti di Enzo Jannacci, almeno quello prima maniera. Certo, tra i due c'è ancora un mare di differenze (se si vuole, sono le differenze che passano tra la «scuola» dei cantautori milanesi e quella dei romani); ma nel mondo artificiale e presuntuoso della canzonetta, è assai miope lasciarsi sfuggire certi personaggi fuorischema, anche quando dietro c'è l'abile manipolazione d'una casa discografica come la Rea. Con tutti i limiti del loro pressappochismo, hanno l'invadenza allegra del rompiscatole, e portano almeno un pizzico d'ironia e un gusto di pernacchie nel rituale sacro dell'amore cantato a fil di voce, e di tragedia. Rino Gaetano ha qualche stagione più dei vent'anni, viene ragazzino da Crotone e a Roma s'è fatto la solita tra¬ fila di chi scala il successo con le quattro note in croce della musica leggera (il Folkstudio, poi Venditti, De Gregori, il provino nella Grande Casa, il primo 45 giri). Cominciò col nome cretino di Kammamuri, poi cambiò strada e trovò Alto Gradimento e le buone vendite di II cielo è sempre più blu. Era nato un altro cantautore, ma uno un po' diverso, con le parole non scontate e il gusto istintivo della provocazione. «Io penso — dice Gaetano — che di solito noi parliamo in un certo modo e poi, quando andiamo a scrivere, lo facciamo in modo differente. Certo, mi piace il paradosso: e mi ci diverto. Ma tutte le mie canzoni hanno un significato ben preciso». . I testi di Rino Gaetano hanno, in effetti, la felicità allegra e malinconica della trovata estemporanea; e la musichetta che li regge, piacevole, ripetitiva, giocata sempre sugli stessi giri armonici, diventa una nenia addormentapopolo, un po' matta, un po' incomprensibile, ma che non si lascia mollare sino alla fine. «Se vai in un bar — che è una specie di fantastico microcosmo — trovi di tutto: li si parla di politica, di calcio, di spettacolo, di cultura, delle carte, dell'aumento del caffè. Ma senti tutto a sprazzi: senti uno che spara una frase, qualcuno commenta, un altro aggiunge qualcosa per con to suo. Insomma, è tutto a flash: e se metti assieme tutti questi flash che ti arrivano nelle orecchie, viene fuori una filastrocca». C'è chi dice che Rino Gaetano è un qualunquista, o che le sue canzoni sfuggono a un impegno vero, che non vogliono dire niente. Ma l'accusa pare un po' storta: non tanto perché poche volte la canzonetta ha trattato con uguale semplicità e immediatezza i problemi della emarginazione sociale («Mio fratello è figlio unico»), della gente venuta sradicata dal Meridione («Ad esempio a me piace il Sud») e anche del lavoro in fabbrica («L'operaio della Fiat»). Non tanto per tutto questo, quanto per la trovata originale, e perciò molto espressiva sul piano della comunicazione, di un linguaggio che colpisce a spriizzi, che mette assieme immagini pungenti raccolte dalla realtà quotidiana, recitate tutte di fila, con la semplicità e l'arguzia d'una apparente assenza di filtri ideologici: ma che, invece, proprio nella selezione della scelta e nel gusto evocativo propongono chiavi di lettura e di ascolto chiaramente «pilotate». Allora, è una specie di rivoluzionario? Nient'affatto, né per fortuna pretende di esserlo. Una canzonetta è solo una canzonetta, e guai a dimenticarlo. Sul longplaying di Rino Gaetano il «quindicidiciotto» fa rima col «Sessantotto» e con la «Pitrentotto», ma anche con «prosciutto cotto». Forse è la fiera del nonsense, ma forse è anche un modo per tener sveglia la te- sta. m.c. Rino Gaetano in frac all'ultimo festival di Sanremo

Luoghi citati: Crotone, Italia, Milano, Roma, Sanremo