Importanti successi dei soldati etiopici in Eritrea di Francesco Fornari

Importanti successi dei soldati etiopici in Eritrea Importanti successi dei soldati etiopici in Eritrea Mengistu accelera l'offensiva militare per riconquistare la fiducia dell'Urss La città di Decamere, importante nodo stradale a meno di trenta chilometri a sud di Asmara, è stata ripresa ieri l'altro dalla 505° unità dell'esercito etiopico, e adesso l'intera regione di Tsorema è sotto il controllo dei soldati di Addis Abeha. L'armata del col. Mengistu ha inoltre rotto l'assedio che da diciotto mesi i guerriglieri avevano posto a Barentu, sull'altopiano, dove la guarnigione era arroccala nel vecchio forte italiano. Quella di Barentu è stata una battaglia terribile, i partigiani hanno opposto una tenace resistenza ma, provati da mesi di quasi ininterrotti bombardamenti aerei e a corto di munizioni (dopo la caduta di Tessenei i rifornimenti arrivano col contagocce), hanno dovuto cedere di fronte alla supremazia etiopica. Dispacci dal fronte affermano che si è combattuto ferocemente all'arma bianca, ogni metro di terreno è stato conteso col coraggio della disperazione, centinaia di cadaveri testimoniano la furia degli scontri. Dopo un anno e mezzo, la guarnigione assediata a Barentu (che veniva rifornita con gli elicotteri) ha potuto ricongiungersi con le truppe arrivate da Addis Abeba. Per i guerriglieri del Vie la situazione adesso è drammatica. La colonna etiopica che ha occupato Tessenei continua la sua avanzata in direzione di Agordal. Con la caduta di Barentu i partigiani hanno perso il controllo anche della strada dell'altopiano che porta verso questa importante città, l'ultima base cittadina nel sud-ovest dell'Eritrea ancora nelle loro mani. Già le prime avanguardie etiopiche sono giunte in vista di Agordat, la popolazione è fuggita sulle montagne, i partigiani hanno abbandonato i loro accampamenti e si preparano ad una impossibile resistenza. La pioggia, l'alleato su cui contavano gli insorti per arrestare l'offensiva degli etiopici, ha tradito le loro speranze. Il maltempo infatti, se ostacola l'avanzata dei soldati di Addis Abeba costretti a combattere senza l'ombrello protettivo dell'aviazione, rende ancora più critica la posizione degli eritrei dopo la perdita di Tessenei e dell'unica strada attraverso la quale passavano i rifornimenti in arrivo dal Sudan. I sempre più radi convogli di viveri e munizioni sono costretti adesso a percorrere difficili piste desertiche, trasformate dalla pioggia in pantani in cui gli automezzi restano intrappolati. La maggior parte del materiale dev'essere trasportata a dorso di cammello ma le carovane possono viaggiare soltanto di notte per non essere attaccate e distrutte dai Mig etiopici. L'offensiva etiopica si sta sviluppando su vasta scala: anche la città di Massaua, occupata dagli eritrei a dicembre (esclusa la zona portuale in cui si era asserragliata la guarnigione avversaria, rifornita dal mare) è stata ripresa dagli etiopici (il comando del Fple — il secondo fronte di liberazione eritreo — che controllava la zona afferma che si è trattalo di una ritirata strategica, già prevista da tempo, su posizioni più sicure), ed adesso fra le rovine della città, distrutta da mesi di bombardamenti dall'aria e dal mare, si stanno concentrando ingenti forze etiopiche che si preparano a sferrare un attacco forse decisivo. Per la prima volta dopo due anni la capitale eritrea non è più chiusa in un cerchio invalicabile. Le linee eritree sono state travolte in diversi punti, Asinara non è più isolata, gli etiopici hanno ripreso il controllo della strada che la collega con Addis Abeba, colonne di carri armati si stanno muovendo verso Asinara ed i partigiani sono stati costretti a retrocedere a più di 40 chilometri dalla Capitale. A maggio, meno di tre mesi fa, le linee eritree si trovavano a circa dodici chilometri dalla città e la guarnigione etiopica (oltre 40 mila uomini) veniva rifornita soltanto dal cielo: gli aerei atterravano sotto il tiro dei mortai eritrei appostati sulle montagne e da un giorno all'altro si riteneva che la guarnigione sarebbe stata costretta alla resa. Adesso la situazione si è rovesciata: i partigiani del Fle hanno subito le prime, importanti sconfitte, quelli del Fple tengono ancora saldamente le loro posizioni (prima fra tutte la città di Keren), ina l'iniziativa è passata nelle mani del nemico ed in alcune zone del fronte, perse dagli eritrei le basi più importanti, si è ritornati alla guerriglia. Il col. Mengistu è impegnalo in una disperata corsa contro il tempo: secondo fonti diplomatiche il capo dello stato starebbe rincorrendo un disperato successo militare in Eritrea per resistere ai tentativi sovietici per rovesciarlo. Sembra, infatti, che i russi non abbiano più fiducia in Mengistu e sostengano invece apertamente il luogotenente Legesse Asfaw, capo 1 del comitalo'politico del Derg e „ Q dug del -„,e Um 1 vittoria di prestigio contro i partigiani eritrei rinsalderebbe la traballante posizione di Mengistu, che deve fare i conti anche con la grave situazione interna. L'economia è in crisi, i lavoratori rivendicano continui aumenti di salario, i circa 200 mila uomini della milizia civile si agitano inquieti e non vogliono più combattere ma fanno pressioni per ritornare a casa, il popolo è logorato da anni di guerra contro gli eritrei ed il pericolo di una rivolta aleggia su tutto il paese. L'intransigenza di Mengistu per quanto riguarda il problema eritreo è nota e crea non pochi grattacapi ai russi, da qualche tempo preoccupati invece di trovare una soluzione negoziata con i partigiani. Per questo ora il capo della giunta militare ha fretta di ottenere dei validi risultati sul campo di battaglia per liquidare l'intera faccenda eritrea prima che questo problema gli si rivolti addosso e finisca per schiacciarlo, mentre Mosca sembra sempre più propensa ad avviare dei negoziati con gli eritrei sulla base di una soluzione federale che tenga conto del loro desiderio di indipendenza, senza per altro allontanare troppo l'Eritrea dalla propria orbita. Francesco Fornari Il colonnello Mengistu

Persone citate: Addis, Keren