Gimondi mette pace tra Moser e Saronni? di Maurizio Caravella

Gimondi mette pace tra Moser e Saronni? Il et. Martini dopo Pescara si trova costretto a dare gregari al campione del mondo Gimondi mette pace tra Moser e Saronni? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PESCARA — Moser ha sempre avuto il vizio —che può essere anche una virtù, ma solo qualche volta — di pensare a voce alta. Niente frasi diplomatiche, niente compromessi: lui va diritto sull'obiettivo, e se a qualcuno non piace pazienza. Proprio quando sembrava che la «Nazionale» di ciclismo stesse nascendo quasi senza polemiche (ile. t. Martini aveva già provveduto, saggiamente, a smussare in anticipo qualche angolo), Moser, all'improvviso, ha rimesso tutto in discussione. Vuole il ruolo di «capitano» unico, e lo grida forte; Saronni dovrà essere «numero 2», e accontentarsi, quasi tutti gli altri azzurri dovranno essere di suo .gradimento e correre pei lui. Una specie di «ultimatum» a Martini, che da un giorno all'altro si è ritrovato addosso problemi che credeva ormai risolti. Quella di Moser a Pescara è stata una vittoria a doppio taglio: perché ha convìnto il c. t. che Francesco è già in forma «mondiale» (non sarà troppo presto?), ma nello stesso tempo gli ha fatto capire che i guai veri cominciano adesso. Moser chiede quattro gragari della sua squadra e le sue preferenze vanno a Bortolotto, Fabbri, Fraccaro e Rota, più — sono parole sue — «qualche uomo fidato» ! Uno di questi uomini sarà sicura¬ mente Panizza, che l'anno prossimo passerà alla Sanson, cioè alle sue dipendenze; un altro potrebbe essere Barone, un altro ancora Crepaldi. In sostanza. Moser pretende due terzi della squadra per sé. Visto, poi, che un Baronchelli non correrà certo per Saronni, e che un Gavazzi, o un Battaglin (tutti elementi che meritano la maglia azzurra), non hanno la mentalità dei gregari, a Saronni che cosa resterebbe? Tirando le somme, non gli resterebbe quasi nessuno. In sostanza, Moser vuol essere il padrone assoluto di questa Nazionale, lasciando a Saronni il ruolo teorico di «numero 2», ma in pràtica lasciandolo solo, a correre quasi da isolato E' giusto che Moser, campione del mondo in carica e uomo di grossa esperienza internazionale (quest'anno ha vinto per distacco la «Roubaix» e si è piazzato bene in quasi tutte le classiche disputate all'estero), sia trattato con un riguardo particolare, e vada a difendere la sua maglia iridata con la convinzione di essere adeguatamente protetto, ma nello stesso tempo non è giusto che Saronni vada in Germania.sentendosi battuto in partenza. E' un problema di difficili equilibri, e Martini sa benissimo che accontentare entrambi, a questo punto, è molto arduo. A complicare ancora di più le cose — come se complicate non lo fossero già abbastanza —, una considerazione: a parte Baronchelli (che, l'abbiamo detto, non accetterà mai di mettersi a servizio di Saronni, il corridore che alla Scic gli ha portato via i gradi di capitano, costringendolo a cercarsi un'altra sistemazione), nessun compagno di squadra di Saronni attualmente dà piene garanzie: né Riccomi, su cui Martini puntava molto, né, tanto meno, Paolini o Caverzasi. Saronni, quindi, si trova in una posizione particolarmente delicata: come può pretendere la promozione di corridori che vanno piano? E poi: anche se venisse ascoltato, a che cosa gli servirebbero corridori del genere? Questa Nazionale, che sembrava quasi fatta, sta diventando all'improvviso un grosso rompicapo: Moser è in forma, e detta le condizioni. Martini ha sempre parlato di squadra a due «punte», e adesso non se la sente di fare marcia indietro. Anche perché non sarebbe giusto nei confronti di Saronni, e non sarebbe neppure logico: se una Nazionale parte con un solo cavallo vincente, ingabbiato quello, per gli avversari significa aver risolto il problema; e cambiare poi tattica, in corsa, diventerebbe difficile. Moser, a Pescara, ha battuto un colpo. Ed è stato un colpo da k. o : e subito dopo, con la furbizia tipica di chi è stato contadino, ha cercato di trarne il massimo profitto. Adesso va all'estero, e per qualche giorno si tira in disparte, probabilmente sabato prossimo diserterà il Giro dell'Umbria e starà a vedere che cosa sarà capace di fare Saronni. E' in una posizione di forza, ora, il campione del mondo: è nella posizione di chi vuole imporre le proprie idee e non accetta il dialogo. Saronni è nella condizione, invece, di chi si trova costretto ad inseguire con affanno. Dev'essere lui, sabato prossimo, a battere il colpo: e deve batterlo forte, in modo che sentano tutti. Perfino chi non vuol sentire, cioè Moser. Soltanto cosi potrà poi alzare la voce anche lui. Forse, ci vorrebbe l'intervento di qualcuno al di sopra delle parti; forse bisognerebbe che Felice Gimondi, «padre nobile» del nostro ciclismo, con funzioni di regista della Nazionale, parlasse a Moser e Saronni e li convincesse che andare d'accordo sarebbe utile a entrambi. Sembravano già convinti, poi la vittoria per distacco di Moser a Pescara ha fatto pendere troppo la bilancia da una parte. Martini, commissario tecnico che vale, può anche cavarsela da solo: ma un Gimondi in aiuto non si rifiuta mai. Non lo ha rifiutato neppure De Muynck, che è un belga. Maurizio Caravella

Luoghi citati: Germania, Pescara, Umbria