La "Cuneo - Nizza,,? Nessuno ci crede eppure sarà inaugurata tra pochi mesi di Mario Bariona

La "Cuneo - Nizza,,? Nessuno ci crede eppure sarà inaugurata tra pochi mesi Ora per la ferrovia è già pronto il comitato per i festeggiamenti La "Cuneo - Nizza,,? Nessuno ci crede eppure sarà inaugurata tra pochi mesi Distrutta dai tedeschi, sono occorsi più di trenfarini per rimetterla in funzione - Imponenti opere per gallerie e viadotti DAL NOSTRO INVIATO LIMONE PIEMONTE — La leggendaria linea ferroviaria Cuneo - Nizza - Ventimiglia sarà inaugurata l'anno prossimo, si dice, tra maggio e settembre. Pochi lo credono, tante sono state le amare delusioni del passato, eppure c'è già un comitato che sta mettendo a punto i festeggiamenti: protocollo, inviti, manifestazioni. La notizia è ufficiale. E' una storia surreale che invece di cominciare con un «c'era una volta...» comincia con un: «A quei tempi una stazione ferroviaria come quella di Cuneo bell'e impac¬ chettata (promemoria: ricordarlo allo scultore Christo) costava 5 milioni e 935 mila lire». Lo studio per la costruzione di una linea ferroviaria in Valle Roia risale al 1856, ma alla prima inaugurazione si arriva soltanto il 28 ottobre 1928: la Cuneo - Nizza Ventimiglia viene definita (erano tempi roboanti) «un capolavoro dell'ingegneria e della tecnica all'avanguardia per concezione»: 80 gallerie per 44 chilometri complessivi, 407 viadotti, 109 muri di sostegno, una pendenza che non supera il 25 per mille. In realtà, più ancora, dovrebbe definirsi: un «capola¬ voro» della inania burocratica dello Stato e della miopia delle amministrazioni ferroviarie. Oggi no, perché siamo alla vigilia di una nuova inaugurazione e tutti, anche i peggiori oppositori, si preparano a infilarsi faticosamente le penne di pavone. Ma le vicende di quei «cent'anni di solitudine» della Cuneo - Nizza Ventimiglia e gli ultimi cinquantacinque in particolare, non lasciano dubbio in proposito. Nata all'ombra dell'Unità d'Italia, passata per due guerre e inenarrabili travagli, la nuova ferrovia ha avuto vita breve. La grave crisi che dal 1929 al 1932 imperversa travolgendo l'economia di molti Paesi, le relazioni diplomatiche tese tra il governo fascista e il Fronte popolare del socialista Leon Blum, infine il conflitto mondiale causano l'interruzione di ogni collegamento fra Italia e Francia. Il 20 aprile del '45 gli Alleati iniziano l'offensiva sull'Appennino. Le città del Nord insorgono. Unità di retroguardia della Wermacht in ritirata fanno saltare la linea ferroviaria che già da tempo, in questa previsione, era stata minata Alcuni ponti vengono totalmente distrutti, fra questi il viadotto di Scarassoui e il ponte Saorge, già danneggiato una prima volta dai bombardamenti francesi nel 1940 e una seconda dalla Terza Armata italiana che dopo l'armistizio separato ha deciso di evacuare la regione occupata. La «linea abbandonata» assume l'aspetto di un «monumento» in demolizione. Sarebbe facile parafrasare l'atmosfera di disfacimento che traspira dal palazzo del dittatore di L'autunno del patriarca di Marquez: la stazione di Vievola è un simbolo di decadenza: l'erba cresce alta tra i binari, due marciapiedi dissestati, il tetto del serbatoio dell'acqua parzialmente rovinato, uno stop stradale a lato del «tronchino», un campo di pallacanestro tra il quinto e il sesto binario; alla galleria elicoidale di Cagnolina alcuni tunnel distrutti. I binari si perdono tra le erbe, un sottopassaggio ospita grovigli di fili, una conduttura dell'alta tensione è sventrata da una granata ma rimane miracolosamente in piedi. A Briga, ritornata «La Brigue», alcune opere murarie sono trasformate in un dormitorio: probabilmente per una colonia. Una bella lampada delle FF. SS. sovrasta un campo di pallacanestro, il viadotto di San Dalmazzo di Tenda porta i segni di ima bomba d'aereo inglese, la stazione interamente trasformata in campo di giochi per una colonia della Sncf francese. L'elicoidale di Berghe è interrotto da una frana; dell'imponente viadotto di Scarassoui non restano che un arco e un pilastro. I resti del ponte di Saorge offrono dalla strada uno spettacolo desolante, binari pendono divelti dalle rocce, mentre nel letto del sottostante Roia si ammucchiano interi blocchi di muratura e rotaie contorte. La galleria di Sanfuriano è utilizzata per deviare la strada interrotta da una frana, i pali dell'energia elettrica sono stati quasi tutti asportati, la galleria che supera due volte il Roia è totalmente ostruita dalla folta vegetazione. Davanti ad un simile scoraggiante scenario le illusioni «dovevano» essere scarse. La maledizione sembrava gravare su quella ferrovia tanto vagheggiata. Insabbiamenti, pareri negativi, opposizioni, rinvìi, decadenze di termini: tutto sembrava congiurare contro ogni ipotesi di ricostruzione. Nessuno credeva più a questa ferrovia. Manco alla parola e mi farò un nemico, parlando a questo punto di Nandino Frignane dipendente delle FF. SS., Ufficio lavori, un bolognese trapiantato a Cuneo che ha fatto di quella ferrovia il sogno di una vita. Già ai tempi di «Campanile Sera» era riuscito a far parlare Enzo Tortora della Cuneo - Nizza - Ventimiglia. «Afi lasci perdere — dice — ci sono tante invidie. Non faccia il mio nome. Dica solo: il presidente del Comitato per la ricostruzione. Sa, mi sfottevano, mi chiamavano "Cuneo Nizza - Roma", perché andavo sempre a Roma a rompere». «Ci ho rimesso carriera e tante altre cose. A marzo maturo la pensione, allora se vorrà potrà fare il mio nome, ma adesso lasci perdere». Ma a parlare della Cuneo Nizza - Ventimiglia senza parlare di Frignani e dimenticare che per quel suo «demon du midii», una passione travolgente genere «rovina famiglie», Frignani sfida gli sberleffi dei compaesani, le ire della moglie (ci sono «monumenti» che si insinuano fra le pareti domestiche e si personificano scatenando assurde gelosie e reazioni). Travolge ogni ostacolo. «Vuoi sapere tutto della Cuneo - Nizza Ventimiglia — mi dice il collega De Matteis di Cuneo — va da Frignani». Frignani ha fretta, deve andare al Tenda perché deve fare qualcosa, è brusco e se ne pente. Ci fissa un appuntamento a Limone Piemonte dove si sta approntando la nuova stazione. Una data del 1976? Dice: «25 agosto, Ponte di Chapel. Ore 9,16: 18 fuochi, 60 chilogrammi di candelotti, impresa Moinon. E' una data importante, si fanno saltare i vecchi ruderi, i lavori cominciano». Del 1978? «Giorno 18 ore 8,30 col locomotore diesel 345 1122 fatto il primo trasporto di materiale (traverse ) per la Francia». E' grassoccio, tarchiato, guarda in faccia la gente quando parla, e mi ricorda vagamente un maresciallo della matricola quando ero militare che «mi lasciava campare». Si contiene ma si vede che vive di felicità in questi giorni. Lo cercano, lo festeggiano, arrivano i tecnici dalla Francia, un capotreno da Cuneo e gli danno pacche sulle spalle. Mi indica dei piloni alti — dice — 26 metri e cinquanta. «Tirano su un pilone così ogni sei giorni». E a me torna in mente la barzelletta di quell'americano a Milano che in vena di grandezza vanta la celerità dei costruttori americani, e allora il tassista milanese, passando davanti al Duomo finge di non vederlo. «Quello che cos'è?» gli chiede l'americano. «Quello? Oh bella, non so, ieri non c'era». Mario Bariona vp