Lui se ne andò, venne Mussolini

Lui se ne andò, venne Mussolini COSI' NEI GIORNALI IL CONGEDO DI GIOLITTI Lui se ne andò, venne Mussolini La seduta della Camera che ! rappresentò per Giolitti l'ultimo ruggito cominciò nel pomeriggio di lunedi 20 giugno 1921 e coincise con l'esordio parlamentare di Benito Mussolini. Il primo discorso da onorevole del leader dei fascisti, spiegavano i giornali del giorno, rappresentava il pezzo forte dello spettacolo: il pubblico che affollava l'aula lo aspettava «con ansia febbrile». «Non mi rincresce, dice Mussolini, iniziare il mio di- i scorso da questo estremo | banco della estrema destra dove, nei celebri tempi in cui lo spaccio della bestia trionfante aveva le protezioni spavalde e l'adorazione del commercio, nessuno osava sedere! Vi dichiaro subito che il mio sarà discorso di destra, sarà discorso — impiego l'orribile, spaventosa parola — di reazione, perché anti-parlamentare, anti-democratico, anti-socialista, ed essendo anti-socialista, naturalmente, anti-giolittiano (ilarità generale, ride anche l'onorevole Giolitti), poiché fra Giolitti ed i socialisti la corrispondenza di amorosi sensi non fu mai assidua come in questi giorni! Se fra di loro vi è il broncio effimero degli innamorati, non già vi èia separazione irreparabile dei nemici». E' un discorso altezzoso, che spazia dalla politica interna alla questione russa senza trascurare però qualche battuta che l'aula sottolinea con risate. Dai giornali del giorno: «I comunisti — esclama l'oratore — io li conosco, alcuni di loro sono miei figli (vivissima ilarità, ridono anche i comunisti;. DE NICOLA — «Non è ammessa la ricerca della paternità... (ilarità vivissima;. MUSSOLINI — «Questi miei amici o nemici...». Voce di comunisti: «Nemici!». MUSSOLINI — «Questo è pacifico (ilarità;. Questi miei nemici hanno malamente digerite le mie idee. Sono idee non adatte ai piccoli cervelli. Come le ostriche sono gustose, ma di difficile digestione!». In questa atmosfera ridanciana, chi mai avrebbe potuto prevedere il putiferio che stava per scoppiare nel corso dell'intervento successivo? Quello che i giornali titolarono «Pugilato nell'emiciclo» si scatenò quando l'onorevole Barator.0 rivendicò ai socialisti di essere gli unici a difendere le sorti dell'Italia. «.Ad un certo momento, quasi simultaneamente, da una parte e dall'altra, fascisti e socialisti, scendono nell'emiciclo. Per quanti sforzi si facciano da parte di molti deputati della Sinistra e del Centro, che cercano di intromettersi fra i due gruppi, l'urto è inevitabile. La zuffa è violentissima. «Il presidente, onorevole De Nicola, indignato, toglie la seduta ed esce dall'aula. E' da notarsi che, durante il tumulto, il ministro Labriola aveva lasciato il banco del governo e si era frammischiato nel tumulto cercando opporsi all'ir¬ razione dei fascisti sui banchi dei socialisti. L'onorevole Labriola cerca anzi di trattenere qualcuno fra i più scalmanati. Fra essi, l'onorevole Bottai. Quest'ultimo, con un forte strattone, si libera dalla stretta dell'onorevole Labriola e prosegue verso i socialisti. Pochi minuti dopo, mentre la ressa ed il tumulto aumentano maggiormente, l'onorevole Labriola vede un deputato fascista il quale estrae la rivoltella: si tratta dell'onorevole Giunta, deputato di Trieste. L'onorevole Labriola, vedendo ciò, si pone a gridare concitato: "Questo è brigantaggio! ". «Nasce una disputa vivace dopo la quale l'onorevole Labriola ritorna al banco del governo, dove però rimane in piedi gesticolando vivamente e discutendo con fascisti che gli sono vicini, sempre deplorando l'operato dei fascisti. Allora si vede l'onorevole Giolitti alzarsi in piedi, lasciare il suo posto e recarsi presso l'onorevole Labriola. L'onorevole Giolitti afferra il ministro Labriola per le spalle costringendolo a sedere e gli dice: "Non posso permettere che un ministro intervenga a favore di una delle parti". «Labriola, eccitato, risponde: "Allora io me ne vado". E rosso in viso si alza, esce dal banco del governo e lascia l'aula, mentre l'onorevole Giolitti esclama: "Va pure!"». L'uscita di Labriola, seguita dalle dimissioni (poi ritirate) si rivelò la «buccia di limone» su cui il ministero Giolitti cominciò a scivolare. La domenica seguente, avendo ottenuto solo una debole maggioranza nelle votazioni per la politica estera. Giolitti si dimise. Erano tempi bizzarri in cui le crisi del governo venivano descritte come recite di gala « Le tribune, scrivevano i resocontisti parlamentari, sono affollate come di consueto. I fortunati mortali possessori di biglietti sì sono precipitati alle porte del Parlamento poiché non intendono rinunciare allo spettacolo dell'autodecesso». Giolitti dichiara: «In seguito al voto di ieri, il Ministero considera che la piccola maggioranza, il cui valore politico è diminuito dalle riserve fatte nel corso della discussione, non ha più la forza necessaria per affrontare i gravi problemi che sono attualmente in discussione ed ha deciso di presentare le dimissioni a S. M. il Re. Sua Maestà si è riservato di deliberare. I ministri restano in carica per il mantenimento dell'ordine pubblico e per la spedizione degli affari di ordinaria amministrazione. «Io non sono, spiega poi ai giornalisti, una persona cui si possa affidare un biglietto di andata e ritorno». Benché la prima proposta affiorata dalle consultazioni della Corona sia stata il reincarico, l'ottantenne «leone di Dronero» (un appellativo derivato da un suo «audace» discorso elettorale), preferi gettare la spugna definitivamente e ritirarsi al suo paese, Cavour. Là si dedicò a scrivere le «Memorie della mia vita» in due volumi che pubblicò l'anno seguente a Milano. Se non divennero un best seller la colpa fu solo dell'esosità dell'editore che le mise in vendita a prezzo troppo elevato. Nella seduta del 6 giugno del '23 l'on. Terzaghi citò un episodio contenuto nel libro che tuttavia, precisò «non so quali e quanti colleghi abbiano letto». «Sfido, commentò l'on. Velia, costano ben 50 lire al volume!». Vittoria Sincero li Giolitti di Ezio Castellucci

Luoghi citati: Dronero, Italia, Milano, Trieste