L'inchiesta parlamentare su Seveso denuncia pesanti colpe dell'Icmesa

L'inchiesta parlamentare su Seveso denuncia pesanti colpe dell'Icmesa L'anatomia del disastro provocato dalla diossina L'inchiesta parlamentare su Seveso denuncia pesanti colpe dell'Icmesa ROMA — Potrebbe avere per titolo « Seveso, anatomia di un disastro ». E' un librone di 470 pagine: la relazione conclusiva sull'indagine conoscitiva, condotta dalla Commissione parlamentare mista, sulla fuga di diossina dall'lcmesa, il 10 luglio 1976. Ed è un durissimo atto d'accusa, non soltanto contro i dirigenti della « fabbrica della morte », ma anche contro i poteri pubblici, ai quali si può far carico di clamorose inadempienze, di carenze nei controlli, di indecisioni inspiegabili, di interventi disordinati e intempestivi. La Commissione, presieduta dall'ori. Bruno Orsini e della quale, tra gli altri, facevano parte gli onorevoli Aldo Ardasi (psi), Giovanni Berlinguer (pei), Egidio Ariosto (psdi), Andrea Borruso (de), Susan¬ na Agnelli (pri), presidente nazionale del WWF (Fondo mondiale per la natura), costituita per legge il 28 luglio dello scorso anno, ha lavorato con lodevole celerità. Ha ascoltato 104 «testimoni». Si è recata più volte sui luoghi ed ha acquisito una documentazione vastissima (compresa quella relativa al procedimento penale contro i dirigenti dell'Icmesa avviato dalla procura di Milano). Il materiale raccolto è stato discusso, collegiamente, in 74 riunioni. La realtà, che emerge dal documento-accusa, è sconcertante. Ecco alcuni elementi per valutarla, così come sono emersi dalla relazione che 1' onorevole Bruno Orsini ha te nuto ieri mattina per la stampa. Pur producendo triclorofenolo (usato come detonan¬ te in Vietnam, con gravissime conseguenze per gli esse ri viventi e per l'ambiente) e altri prodotti altamente tossici, l'Iomesa non figurava neppure nell'elenco delle industrie insalubri, di prima classe, che per legge devono rispettare certe norme di collocamento e di sicurezza. I dirigenti dell'Icmesa sapevano inoltre che il loro procedimento per la produzione di triolorofenolo (140 tonnellate nel 1975 ma più di altret tante nei primi sei mesi del 1976), che apportava alcune varianti, rispetto al procedimento originale della Givaudan, comportava fattori di rischio addirittura superiori a quelli offerti o scelti da altre aziende. I pericoli connessi alla produzione di triclorofenolo erano ignoti alle maestranze del- l'Icmesa, che non furono mai informate dell'eventualità che, nella reazione, si formasse diossina. Non sapevano neppure della sua estrema tossicità. La quantità di diossina prodotta dipende dalla temperatura di reazione: se ne forma in quantità infinitesimali al di sotto dei 153 gradi centigradi, ma addirittura ne scaturiscono 1600 milligrammi per chilo, quando la temperatura sale a 230-260 gradi centigradi, se tale temperatura si mantiene per due ore. Nel reattore dell'Icmesa, la mattina del 10 luglio 1976, la temperatura — per un tempo che non si è potuto calcolare — arrivò a 450-500 gradi centigradi. Risulta inoltre che le maestranze dello stabilimento, in gran parte, non avevano una adeguata preparazione a manipolare sostanze tanto pericolose. Altrettanto gravi l'insuffii cienza — accertata dalla Commissione — delle apparecchiature per la misurazione di parametri fondamentali della reazione e la mancanza di sistema automatici per controllarli. Per misurare l'acidità, in una delicata fase della produzione del triclorofenolo, si immergeva, attraverso una bocchetta secondaria, una cartina indicatrice fissata all'estremità di un bastone. L'aumento della temperatura, nel reattore, veniva contenuto con un raffreddamento (acqua immessa in un serpentino) effettuato azionando manualmente una valvola. E purtroppo, quando un intervento, anche manuale, sarebbe stato sufficiente a scongiurar^ il disastro, nessun operaio era sul posto ad azionare la valvola. L'Icmesa erri inoltre sprovvista di congegni automatici per dare l'allarme e bloccare la reazione. Fin dall'inizio è stato appurato che la fuoriuscita di diossina era avvenuta in se guito alla rottura di un disco di sicurezza tarato sulla pressione di 3,5 atmosfere. La Commissione rileva però che se la taratura fosse stata su valori più bassi, la rottura sarebbe avvenuta durante uno stadio della reazione meno avanzato, con effetti nocivi assai meno gravi. I responsabili dell'Icmesa infatti aspettarono ben 27 ore, prima di informare il sindaco e i carabinieri di Meda. Quando lo fecero, si limiBruno Ghibaudi (Continua a pagina 2 in ottava colonna)

Persone citate: Agnelli, Aldo Ardasi, Andrea Borruso, Bruno Orsini, Egidio Ariosto, Ghibaudi, Giovanni Berlinguer, Meda

Luoghi citati: Milano, Roma, Seveso, Vietnam