Le molte ragioni del signor Whittome di Francesco Forte

Le molte ragioni del signor Whittome Progetto da discutere seriamente Le molte ragioni del signor Whittome Dove vai? Porto limoni. Mi sembra che molte repliche alla lettera memorandum del signor Whittome, controllore del Fondo Monetario Internazionale, che si sono avute nel mondo politico e sindacale, siano di questa natura. Forse vi è in ciò il cattivo vezzo di generalizzare, nebulizzare ed estremizzare, che sembra essersi diffuso in Italia, da quando siamo un Paese eminentemente televisivo e telefonico, cioè che discute gli argomenti per orale anziché per scritto. La prima cosa che mi pare notevole dunque è che Whittome ci ha dato un testo scritto assai chiaro in cui siamo di fronte ai problemi specifici, che dobbiamo risolvere, per fare, con successo, il tentativo di avere un più alto tasso di sviluppo e di accrescere l'occupazione. La seconda cosa che mi pare degna di nota (e che già si è rilevata a proposito dell'ultima relazione del governatole della Banca d'Italia Baffi) è che il signor Whittome non fa un discorso essenzialmente monetaristico né tanto meno da puro « banchiere internazionale ». La bilancia dei pagamenti italiana ha adesso un grosso avanzo; '1 signor Whittome sottolinea che non è su questo lato che si presenteranno i problemi immediati. Di che si preoccupa dunque? Di quello di cui ci dobbiamo preoccupare pure noi, cioè del fatto che, seguitando così le cose, si fanno pochi investimenti, si creano pochissimi posti di lavoro nuovi, quindi si determina una crescente disoccupazione e delusione. Si rimane come un pattinatore sul ghiaccio. Neanche i mezzi, che Whittome ci suggerisce per conseguire questi obiettivi sono di stampo prettamente monetaristico. Ciò mi pare una buona cosa, perché credo poct^a certe ricette puramente yri'onetaristiche come la stretta monetaria e del credito globale. Credo di più a quelle che, come fa Whittome, guardano'sia ai fattori reali (macroeconomici e microeconomici) che a quelli monelari: da non trascurare, per altro, perché la moneta è il sangue del corpo economico. Whittome fa un ragionamento che è insieme « reale » (nel senso appena spiegato) e realistico, cioè fondato sul comune buon senso (merce scarsa fra certi economisti « à la page »). Egli dice: perché le imprese investano occorre che abbiano speranze di profitto; perché ciò accada, occorre che i salari non crescano al di là della produttività e che vi sia, anzi, una loro tregua in termini di valore reale, per consentire il riequilibrio di certe situazioni squilibrate che sono state rappezzate col lavoro nero. Vorrei aggiungere (e Whittome lo ha certamente presente) che una dinamica ragionevole dei salari, del tipo appena visto, è soprattutto necessaria perché gii investimenti siano, in più ampia misura, del tipo che crea nuovi posti di lavoro e non del tipo che toglie lavoratori per metter macchine automatiche. Se il lavoro — in termini di costo unitario — è caro, se ne impiega meno. Le proposte di Whittome sulla scala mobile sono quattro: quella di concepirla come « salario minimo »; quella di allungarne gli scatti rendendoli annuali; quella di togliervi i rincari dovuti all'aumento di aliquote Iva; quella di togliervi i rincari dovuti ad aumenti di prezzi internazionali di materie prime. Chi ha reagito a Whittome sostenendo che egli ci suggerisce il blocco temporaneo o addirittura l'abolizione della scala mobile, elabora delle tesi autonome, che esasperano inopportunamente il dibattito. Vediamo, una per una, invece le tesi di Whittome. La prima consiste nel limitare la scala mobile a una pura cifra, eguale per tutti, di natura salariale: quindi escludendo dal benefìcio della rivalutazione per scatti di scala mobile tutti gli accessori e giunte, come i compensi per gli orari straordinari, quelli per lavoro notturno, le mensilità aggiuntive alle tredici ordinarie, i pagamenti di cottimi, i conglobamenti di elementi accessori alla retribuzione, nonché l'indennità di anzianità. E' una proposta che mi pare sia già stata fatta anche da autorevoli sindacalisti, nel quadro della cosiddetta « ristrutturazione » (alias riforma) del salario. In attesa di tale riforma globale (su cui vi è discordia) perché non cominciare a stabilire questo principio per la scala mobile? Teniamo presente che, adesso, quando essa scatta di un punto, alcuni portano a casa un punto e mezzo o anche 1,8 in relazione al gioco delle « giunte » di cui sopra. Si tratta — lo sottolineo — di tornare alla purezza del concetto di scala mobile, che era quello di salario minimo garantito eguale per tutti, nel quadro di una politica di difesa egualitaria del caro vita. Quindi chi accetta questa proposta è amico e non già nemico del vero principio della scala mobile, portato avanti a suo tempo, dal nostro movimento sindacale, il quale è stato svisato e deformato dalle « giunte » di cui sopra. Gli altri suggerimenti di Whittome sono più delicati. Quello della trasformazione degli scatti da trimestrali ad annuali, per evitare che la spirale dei prezzi e salari si autoalimenti, però, a me pare degno di molta attenzione, soprattutto ora che tale spirale si sta riducendo, quindi che è interesse di tutti cooperare a portarla al di sotto del 10 per cento. Proporrei non già l'annualità, ma la semestralità. Del resto contro la prima vi è una controindicazione: essa comporta balzi troppo bruschi nei costi e nei redditi spesi, che potrebbero agire in senso inflazionistico. Circa i prezzi internazionali delle materie prime, ritengo anch'io che bisogna prender posizione ora, per evitare sorprese eventuali in futuro, quando rincarasse — speriamo il più tardi possibile — il petrolio. Infatti, questo rincaro è un evento che bisognerà ripartire su tutti i cittadini. In passato, si poteva sostenere che lo si dovesse addossare solo ai redditi diversi da quelli dei lavoratori dell'industria, bracciantato e commercio protetti da scala mobile. Ma ora vi è una scala mobile anche per tutti gli altri dipendenti e per i pensionati. Se l'Italia diventa meno abbiente perché rincara il petrolio (o altra materia prima di base) non possiamo fingere che ciò non sia accaduto e passare il cerino acceso dall'una all'altra categoria, sperando che le dita se le scotti solo il capitale (cosa che purtroppo non appare consueto in tali frangenti). Circa l'esclusione degli aumenti dell'Iva dalla scala mobile, io vorrei contraddire il signor Whittome. E' bene che il nostro governo non aumenti le aliquote nominali Iva ma si dedichi a combattere l'evasione. Ed è bene che cerchi gli eventuali nuovi gettiti freschi con aumenti di aliquota dell'imposta sul reddito. Così infatti dovrà suscitare quella che Einaudi chiamava la « rabbia dei contribuenti » (nel nuovo linguaggio televisivo la si direbbe « superincazzatura ») Di fronte al taglio palese dei loro redditi, i contribuenti diventerebbero — si spera — furenti contro lo scialo di pub. blico denaro cui sempre più si assiste. E' bene che l'imposta sia diretta e visibile, anziché indiretta e obliqua, perché ognuno capisca chi paga il conto di che cosa. Invece, può esser utile escludere dalla scala mobile — previa trattativa sindacale — certe voci di beni o servizi, per i quali l'aumento di prezzi si collega a un servizio pubblico, che vien migliorato; a una politica di sviluppo che si fa: penso a settori come i mezzi pubblici, l'agricoltura, la stampa. Il signor Whittome ha trattato, nel suo memorandum, temi fondamentali, anche se non tutti, per certo. Cerchiamo di non portar le cose « al limite » (come si dice oggi): in modo che siccome è impossibile far tutto subito, per ora non si fa nulla e si mette, invece, in cantiere un piano o confronto « globale », la cui data d'inizio è fissata per l'anno venturo. Francesco Forte

Persone citate: Einaudi, Whittome Dove

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