Crescono le pressioni sovietiche per "riagganciare,, gli albanesi di Frane Barbieri

Crescono le pressioni sovietiche per "riagganciare,, gli albanesi Dopo la rottura fra Tirana e Pechino, incognite e rischi Crescono le pressioni sovietiche per "riagganciare,, gli albanesi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BELGRADO — Per quindici anni, da quando aveva rotto con Mosca, l'Albania era rimasta per così dire un Paese in soprannumero fra gli europei. L'Europa quasi non si era accorta che in tutte le Conferenze continentali, da quella di Helsinki a quella comunista di Berlino, mancava un membro. A causa del lungo e ostinato autoisolamento, la Schipetaria passava come un Paese in più anziché come un Paese in meno nel quadro europeo. Sembrava addirittura che Tirana stessa si sforzasse di farsi dimenticare dal Continente a cui appartiene per consolidare la sua posizione di avamposto asiatico sul Mediterraneo. Ora tutto sta per cambiare. L'improvvisa rottura con la Cina costringe l'Albania ad accorgersi di stare in Europa e fa scoprire all'Europa stessa l'importanza del suo membro «eccedente». I cinesi attestati su un punto nevralgico dell'Europa non preoccupavano quasi nessuno, nemmeno quando promettevano la rivoluzione mondiale. L'Occidente era contento per il ritiro delle basi sovietiche dallo stretto adriatico. La Jugoslavia era contenta per non avere più alle spalle una pedina di Mosca. Il vuoto lasciato dai cinesi fa sorgere per tutti un grosso quesito: chi si insedierà su quell'importantissima posizione? Le notizie che trapelano da Tirana sono scarse. Il Paese schipetaro vive momenti di tensione e di euforia. Gli studenti ritornati da Pechino circolano per le strade portando enormi ritratti di Hoxha e di Mao. Inneggiano al loro partito, rimasto unico rivoluzionario nel mondo, e denunciano la svolta revisionistica di Pechino. Ufficialmente Tirana sembra orgogliosa di aver perduto anche l'ultimo alleato, per essere la sola depositaria delle genuine idee di Mao e di Stalin. L'entusiasmo nasconde però a stento la tensione. L'afflusso degli stranieri è stato ridotto. Anche le solite controllatissime comitive turistiche sono state quasi tutte cancellate. Dalla Jugoslavia sono ammesse soltanto le visite dei familiari degli albanesi. In tutto il Paese vengono organizzate le esercitazioni della «difesa popolare». In alcuni punti si scavano, a quanto riferiscono fonti diplomatiche, anche le trincee. Secondo le stesse fonti sono in corso espulsioni dal partito e anche arresti di alcuni funzionari e specialisti sospettati di legami e simpatie verso la Cina del nuovo corso. I dirigenti non pronunciano discorsi; il governo, dopo la nota con cui riversava tutte le colpe per la rottura su Pechino, non ha fatto altre dichiarazioni. Dagli articoli della stampa traspare però la ferma intenzione di rimanere più autonomi che mai, fedeli ai principi che avevano ispirato finora la politica albanese. Ma potrà reggere Enver Hoxha sventolando soltanto l'ultimo libretto rosso di Mao? La metà di tutto il fabbisogno nazionale era importata dalla Cina o da essa finanziata. La quota annua del sussidio cinese a fondo perduto oltrepassava duecento miliardi di dollari (poi dimezzata dopo che Hoxha si era schierato con la «banda dei quattro» contro Hua Kuofeng). Nelle acciaierie di Elbazan, nelle raffinerie di Brasc e nelle centrali idroelettriche di Fierz, costruite con mezzi di Pechino, ì tecnici principali erano cinesi. Gli ultimi mille hanno lasciato Tirana dodici giorni fa. Vengono poi gli armamenti, tutti offerti e in gran parte mantenuti dall'esercito cinese. La tesi sull'autarchia e la autosufficienza, sostenuta da Hoxha anche teoricamente come caposaldo della polizia nazionale, aveva tutto sommato un serbatoio di 800 milioni di cinesi. Per quanto non sia quell'Arcadia ricca e funzionante che un documentario della tv italiana ci aveva recentemente presentato, l'Albania in sostituzione degli approvvigionamenti cinesi di¬ spone tuttavia di una grande riserva che è la tradizionale disponibilità al sacrificio estremo di questo popolo orgoglioso. Sarà sufficiente per resistere a tutti i tentativi, ambizioni e anche ansie di paesi più svariati che cercheranno di riempire il vuoto lasciato dai cinesi? Gli albanesi rispondono di solito: «Se ha resistito Tito, resisteremo anche noi». C'è però una differenza sostanziale. La Jugoslavia ha resistito aprendosi in tutte le direzioni e creando l'immenso retroterra dei non allineati. L'Albania vuol resistere chiusa ermeticamente nella sua fortezza. E in queste situazioni si finisce sempre con ammettere un coabitante forte che poi si scopre anche possessivo. Infatti, in tutti questi anni, Tirana si è mossa fra la tentazione cinese e la tentazione sovietica. Ciclicamente venivano epurati dal politburo e dal governo i personaggi filosovietici e filocinesi. Le ultime vittime più spettacolari sono Frane Barbieri (Continua a pagina 2 in seconda colonna)

Persone citate: Enver Hoxha, Hoxha, Mao, Stalin