Pertini ai giornalisti "Non voglio deludere le molte, troppe attese" di Vittorio Gorresio

Pertini ai giornalisti "Non voglio deludere le molte, troppe attese" Pertini ai giornalisti "Non voglio deludere le molte, troppe attese" ROMA — Ricevimento alla stampa, ieri mattina in Quirinale. Dopo i diplomatici è stata la volta dei giornalisti che il presidente Pertini ha voluto privilegiare ricordando di essere stato giornalista luì stesso in qualità di direttore dell'Avanci/ e del Lavoro nuovo di Genova: «Per questo — ha detto rispondendo a un indirizzo di omaggio rivoltogli dal presidente della Fnsi Paolo Murialdi — dopo il mio incontro con il corpo diplomatico voi siete i primi che ho voluto vedere. Non vi farò un discorso vero e proprio, e se in questo momento è in vigore il protocollo e ci diamo del lei, dopo ritorneremo a darci del tu». Il ricevimento si è difatti svolto in due fasi, di cui la prima cerimoniale come si conviene, e la seconda confidenziale come è nel gusto di un Presidente tuttora iscritto alla Fnsi. Murialdi ha cominciato col richiamare l'attenzione di Pertini sulla crisi in cui versa il settore della stampa a causa del ritardo della legge per la riforma dell'editoria, e Pertini ha risposto dichiarando che i poteri del Capo dello Stato sono «molto limitati, egli comunque non mancherà alla sua funzione di stimolo perché la battaglia per l'editoria è una battaglia per la libertà». Di qui una riflessione, senza vanagloria: «Chi mi conosce sa che ho speso grande parte della mia vita tormentata battendomi per la libertà. In questo seguo la consegna dì Voltaire: combatto le idee dei miei avversari ma farò di tutto, a qualunque prezzo, perché i miei avversari possano liberamente esprimere le loro. Non è vero che la mia libertà termina dove comincia quella degli altri: la mia libertà esiste e si arricchisce in quanto esiste la libertà degli altri di esprimere anch'essi le loro idee». Applausi convinti e prolungati, a conclusione della fase ufficiale, e solenne, del ricevimento: dopo di che, tornati all'uso del «tu» quale si impiega fra colleghi, è cominciato un libero scambio di conversazioni amabili e informali. I funzionari del protocollo hanno a questo momento vista esaurita la loro funzione, ma si sono prestati con buona grazia al costume nuovo «So che ci sono molte attese, anche troppe, attorno a me, e farò del mio meglio per non deluderle. Ma avrò bisogno anche dei vostri consigli; consideratemi un collega e un amico», ha detto Pertini; e i giornalisti a stringerlo d'assedio, serrandosi anche troppo, forse non tanto per improvvisarsi consiglieri del Capo dello Stato, quanto piuttosto per avere notizie sui suoi intendimenti. Cosi sì è avuta la conferma che sua moglie non varcherà le soglie della reggia: «JVon c'è niente da fare — ha risposto Pertini a una domanda sul tema — lei non vuole venire ed io non posso certo coartare la sua libertà. Lei qui non verrà mai». Si è tornati a parlare anche della storia del berretto e dei guanti dell'autista che Pertini ha esonerato dal calzare considerato il caldo delle correnti giornate romane, e in questo modo le conversazioni parevano inevitabilmente scivolare nell'aneddotica, ma la serietà tutto ad un tratto si è ripresa i suoi diritti quando un giornalista parlamentare ha chiesto a Pertini tutta la sua attenzione su «un caso molto importante e molto grave». «Parla che ti ascolto», ha reagito Pertini con prontezza, e il giornalista lo ha informato che Ignazio Silone, in cattive condizioni di salute, versa attualmente in condizioni economiche estrematmerte precarie. Ricoverato in una clinica svizzera dopo infelicissimi esperimenti di cura compiuti in Italia non è in grado di sostenere le spese che il trattamento all'estero comporta. Gli istituti di previdenza e di assistenza nazionali non funzionano in un caso come il suo, tra la farragine dei regolamenti e delle norme transitorie della riforma per le nuove competenze: ed è per questo che Silone, uno dei precursori della resistenza al fascismo, si trova oggi abbandonato a se stesso, quasi emarginato dall'Italia repubblicana e democratica. L'autore di Fontamara, Vino e pane, Il segreto di Luca, La scuola dei dittatori. Una manciata di more, Uscita di sicurezza, L'avventura di un novero cristiano, aveva bensì avuto già la sorte singolare di assere apprezzato come scritoore più all'estero che in Italia, dove la nostra fiscale e snobistica repubblica letteraria non lo ha accettato che ■nolto tardi. «E' ora di riconoscere — ebbe a scrivere un riorno Guido Piovene — che Silone è uno dei pochi nostri scrittori viventi dotati di irandezza». Ma adesso pare •he la mala sorte si ripeta contro di lui, nel momento in cui egli non è più in grado di difendersi con le sue forze. Ridotti quasi a nulla i proventi dei suoi diritti d'autore Silone oggi è allo stremo della resistenza. «Non lo possiamo abbondo narel», ha esclamato Pertini con un impulso di ribellione. :<Ne parlerò con Maccanico, ne parlerò con GhireUi, interveniamo subito, per evitare una vergogna nazionale. E a te — ha concluso rivolgendosi al giornalista che lo aveva informato dell'esistenza di un drammatico caso Silone — grazie di avermene parlato. Sono questi i consigli di cui ho detto di aver bisogno da parte vostra, cari colleghi». Vittorio Gorresio

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