Sono 58 gli imputati detta più colossale frode al tisco: miliardi evasi al confine di Claudio Cerasuolo

Sono 58 gli imputati detta più colossale frode al tisco: miliardi evasi al confine Conclusa l'istruttoria per le importazioni clandestine dai Paesi dell'Est Sono 58 gli imputati detta più colossale frode al tisco: miliardi evasi al confine Migliaia di tonnellate di carne e burro sono state introdotte in Italia con documenti falsi, che parlavano di cuoio da scarpe: per quest'ultimo, i diritti doganali sono minimi - Tra i principali imputati, la famiglia Blangino Bosco Si è conclusa l'istruttoria del più grosso processo che si celebrerà a Torino: 58 imputati rinviati a giudizio (sul 105 iniziali) complici della colossale frode consumata al danni dello Stato italiano e della Comunità europea, facendo entrare nel nostro Paese clandestinamente migliaia di tonnellate di carne e burro di provenienza dai Paesi dell'Est europeo, frodando all'erario, in diritti di confine evasi, svariati miliardi. Tra essi spiccano i nomi di tre torinesi, Emilia Blangino Bosco, la prima donna sequestrata in Italia, liberata dopo il pagamento di un riscatto di oltre mezzo miliardo, il fratello Felice Blangino e il marito Pietro Bosco, contitolari di uno dei più grossi stabilimenti per l'Importazione di carne in Piemonte, la «S.Ta.L.Ca» di Moncalieri. Per precedenti traffici illeciti con la Bulgaria Pietro Bosco, accusato di aver corrotto funzionari della dogana di quel Paese, è stato condannato dal tribunale di Sofia a 3 anni di carcere « duro », pena la cui esecuzione è stata rinviata per 5 anni dietro il pagamento di una cauzione di 200.000 dollari, oltre 160 milioni. Non è il solo risvolto clamoroso dell'inchiesta che ha accertato l'assoluta inefficienza del sistemi di controllo doganali italiani per le merci che viaggiano a bordo dei « Tir ». Non soltanto li personale è carente, ridotto ad una funzione di mero controllo formale, ma sono emerse complicità anche all'estero, come ha constatato il giudice istruttore Tinti, quando ha richiesto al tribunale di Sofia, tramite la nostra ambasciata, copia della sentenza che condannava Pietro Bosco per aver corrotto funzionari bulgari. Pur avendo condannato tutta la banda a pene esemplari (i maggiori responsabili, condannati a 16 an¬ ni di carcere duro, hanno preferito suicidarsi) il governo bulgaro ha ritenuto « privo di utilità un colloquio con i magistrati italiani per un ulteriore sviluppo delle indagini ». Altrettanto ambiguo l'atteggiamento delle autorità svizzere. Il capo della polizia cantonale di Ginevra ha testualmente detto al giudice italiano Tinti che « in tema di reati fiscali le autorità elvetiche non avrebbero fornito alcuna collaborazione », anche se e pacifico che proprio nei magazzini frigoriferi Barbex di Ginevra, avveniva il carico del burro o del- la carne che poi sarebbero entrati clandestinamente in Italia. L'INCHIESTA — Ha preso l'avvio da un rapporto della Guardia di Finanza del luglio 1975, dopo la scoperta ali'autoporto Pollein di Aosta, di un autotreno « Tir » non in regola con 1 documenti di accompagnamento della merce. L'autista Giovanni Trieste Guardi, uno dei 58 Imputati rinviati a giudizio, esibì certificati emessi dalla dogana di Parigi, dai quali risultava un carico di tomaie di scarpe, mentre In realtà trasportava 26 tonnellate di burro di provenienza dai Paesi dell'Est europeo. LA FRODE — « Per ragioni di mercato — spiega il giudice Tinti nella sua ordinanza — è economicamente conveniente vendere nel nostro Paese burro e carne di provenienza extracomunitaria. In Italia, infatti, la carenza di tali merci crea una domanda molto ampia che rende estremamente facile l'immediata vendita anche di grandi quantità dì merce acquistata a prezzo ridotto sul mercati dell'Est europeo. « Poiché tale merce, a causa della sua origine extracomunitaria, è gravata da diritti di confine il cui ammontare si aggira ai 40 milioni per carico (ogni autotreno porta circa 25.000 chili) intorno ad essa è nata una fiorente organizzazione contrabbandiera che riesce a frodare la Cee e l'Italia per miliardi e miliardi dì lire, non pagando i diritti di confine dovuti ». IL MECCANISMO DELLA TRUFFA — La merce di provenienza da Paesi dell'Est europeo deve viaggiare con il modello « T 1 », mentre quella di provenienza da Paesi dell'area del Mec viaggia con il modello « T 2 ». Come ha accertato il giudice Tinti, punto di smistamento dell'organizzazione era Ginevra dove agli autisti veniva consegnata una doppia documentazione; l'originale « T 1», rilasciato dal Paese dell'Est dove l'organizzazione aveva acquistato la merce e un modello falsificato «T 2 » da presentare alla dogana italiana d'entrata. Su quest'ultimo documento 11 carico di burro e carne si trasformava in tomaie da scarpe, polistirolo, carta o altra merce che paga diritti doganali modestissimi. Una volta passato 11 confine il « Tir » viaggiava tranquillo, andando a scaricare presso stabili¬ menti 1 cui titolari erano ovviamente a conoscenza della truffa, o quanto meno disposti a non indagare troppo su un carico di dubbia provenienza. L'organizzazione provvedeva poi a rispedire ai Paesi di origine della merce 11 modello originarlo « T 1 » con timbri falsificati della dogana italiana. L'ORGANIZZAZIONE — Il giudice istruttore Tinti e il p.m. Corsi sono riusciti ad individuare perlomeno due boss dell'organizzazione: Romano Bartollni, 42 anni, originario di Imola, Milano via Bovisasca 79 e Vito Amendola, originarlo di Baronissi, 56 an ni, titolari rispettivamente delle ditte « Sitena » e « Nova Scambi » di Milano e i loro factotum Giovanni Landi, 43 anni, napoletano, e Vito Passera, 36 anni, entrambi irreperibili. Tutti e quattro gli imputati sono latitanti dall'inizio dell'Istruttoria. Tra gli intermediari che si Incaricavano di offrire la merce ai vari stabilimenti in Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna 1 magistrati Indicano Filippo Accomazzo, 47 anni; Nino Bocchi di Mirandola, 55 anni; Giuseppe Calvi, milanese, 60 anni; Tino Ravioli, di Bereguardo, 51 anni; Giovanni Emiliani, 35 anni e Mauro Emiliani, 36 anni, veterinario di Gabicce; Carlo Sandri, torinese, 39 anni, corso Brunelleschi 105; Oreste Sorano, 49 anni, torinese; Ruggero Tedeschi, 47 anni. I COMPLICI — La lunga schiera del complici si apre con gli autisti e i proprietari di « Tir »: i fratelli Antonio e Giuseppe Pracllio, rispettivamente di 39 anni e 44 anni, milanesi; Alessandro Dovetta, 27 anni, torinese, via Biscanti 30; Francesco Francese, 47 anni, Orbassano, strada Stupirligi 99 e Croce Buscemi, 37 anni, torinese. Sono gli autotrasportatori ai quali 1 magistrati hanno contestato 11 maggior numero di « carichi » clandestini. Tra i beneficiari che hanno ricevuto nei loro stabilimenti la carne e il burro di provenienza clandestina diversi nomi hanno fatto scalpore. Oltre a quelli di Emilia e Felice Blangino e del marito Pietro Bosco: Erte Righi, presidente del <c Consorzio Caseifici sociali » di Modena; Adolfo Monicl, titolare di uno stabilimento a Villanova sull'Adda (Piacenza); Virginia Guerrini di Costa Volpino (Bergamo); Silvio Tonel11, stabilimento di carni a Regoledo, frazione di Cosio Valtellino (Sondrio). Claudio Cerasuolo