E Bartali riportò la pace di Luciano Curino
E Bartali riportò la pace CON LA SORPRENDENTE VITTORIA AL TOUR E Bartali riportò la pace Scrive Adelfi, rievocando l'attentato a Togliatti, che « il clima di tragedia si stemperò decisamente » quando la radio annunciò la vittoria di Bartali al giro di Francia, il Tour. Possibile? Possibile sì, e non meraviglia chi ricorda i Tour di quegli anni, con i francesi che gridavano « macarotii » ai ciclisti italiani e volavano perfino cazzotti. Chi ricorda soprattutto cosa fu il Tour 1948. Rivediamo quella corsa e quei giorni. Trent'anni fa. Sono appena tramontate le parole dell'immediato dopoguerra: sfollato, epurazione, am-lire, coabitazione. Ma declinano anche molte certezze o speranze. Noterà Michele Serra: « Di anno in anno, il pubblico che si appassiona alla democrazia parlamentare va diminuendo. I partiti politici parlano un linguaggio difficile, si frantumano in correnti nebulose, concludono alleanze intricate e instabili ». Crescono inquietudini: si inizia il blocco sovietico a Berlino, Tito è sconfessato da Stalin, si studiano progetti di difesa atomica. Ancora Serra: « Una terza guerra mondiale sembra di nuovo probabile a molta gente; a tanti sembra inevitabile ». Lo sport è un'evasione. Il ciclismo, con l'eterno duello Bartali-Coppi, è lo sport che più appassiona gli italiani e li divide. Ma gli italiani si trovano tutti uniti per il Tour de France. Leggo in un vecchio articolo di Mario Soldati questa osservazione sul giro di Francia: « Il Tour è una chanson de geste in parte ingenua e in parte enfatica; un sostrato (non prendetemi alla lettera, faccio paragoni ma siamo soltanto nello sport ciclistico) un argomento che si presta al racconto epico». Al Tour del '48 non c'è Coppi, c'è Bartali con sulle spalle le sorti della squadra italiana. Ha 34 anni ed è considerato vecchio per spuntarla contro Bobet, Robic, Schotte, Ockers, Geminiani, Van Dick e tutto il meglio di Francia e d'Europa. Ogni giorno, alle quattro del pomeriggio, comincia a radunarsi folta sotto i pottici di via Roma a Torino, dove una radio trasmette l'arrivo della tappa. E' Mario Ferretti il radiocronista. Folla di ragazzi, giovani, anche persone anziane di ogni condizione, professionisti che lasciano l'auto in piazza San Carlo e vengono a chiedere: « Si sa niente? », e restano ad aspettare, anche loro entrano nei discorsi dei ragazzi, commentano le cronache dei giornali, gli articoli di Ambrosini, di Raro, di Carlin e Vergani e De Martino. Si sta lì mezz'ora, un'ora ad aspettare Mario Ferretti, discutendo, sperando, e la folla continua a crescere e blocca il traffico. Il 13 luglio la radio dà la notizia della vittoria di Bobet a Cannes. L'indomani La Stampa ha questo titolo: « L'attacco di Bobet piega Bartali ». Gino è settimo in classifica con 21 '20" di svantaggio da Bobet, caro ai francesi: il loro Louison bello e giovane e che ha a disposizione una squadra di magnifici gregari. E' finita, nessuno che speri più. Alle 11,25 c'è l'attentato a Togliatti e quel pomeriggio i portici di via Roma sono quasi deserti. Chi pensa al Tour? C'è paura in giro, si spara. Clima di tragedia in Italia, in Francia la corsa continua. Giornalisti vanno da Bartali a dirgli: « Gino, noi facciamo le valigie ». E lui, toscanamente iroso, si arrabbia di brutto: «Andate pure, ma sappiate che domani ci vorrà la sveglia per sapere quanto ho staccato tutti, il cronometro non basterà. E non venite a intervistarmi quando sarò maglia gialla, perché troverete la porta chiusa ». E i giornalisti non riescono a spiegargli che ritornano non perche lo ritengono ormai spacciato, ma perché in Italia tira aria di guerra civile. Il pomeriggio del giorno dopo Ferretti anuncia la strepitosa vittoria di Bartali che ad Aixles-Bains riprende la maglia gialla e lascia Bobet secondo in classifica a 8 minuti. E «molti scesero per le strade, i bar e i caffè si riempirono di una folla gaia, eccitata ». Giusta l'osservazione di Adelfi: questa vittoria è vista come l'arcobaleno che annuncia la fine del temporale. Un titolo de La Stampa del 18 luglio: « Togliatti migliora ». L'articolo dice che ignora quanto è avvenuto nel Paese e i medici gli hanno proibito i giornali. «Per queste ragioni, quando stamane Von. Togliatti ha chiesto al figlio i giornali del mattino, Aldo gli ha detto che i medici gli avevano proibito qualsiasi affaticamento, anche la lettura. Ma Togliatti ha detto semplicemente: "Volevo sapere come va il giro di Francia". Ed Aldo, che è anche lui appassionato sportivo, gli ha raccontato pei l'ilo e per segno le gesta di Bartali ». Dopo il Tour (vinto con oltre venti minuti sul secondo, Schotte) Bartali è ricevuto da Pio XII. da Einaudi, da De Gaspcri. Ricorderà più tardi in un'intervista: « Con De Gasperi c'era Andreotti, mi ricordo che teneva sempre una borsa sotto il braccio. Mi disse De Gasperi: "Gino non immagini il favore che ci hai fatto. Chiedici una cosa, qualsiasi cosa, anche una coppa d'oro alta un metro". Io risposi che di coppe ne avevo già tante e buttai lì: non sarebbe possibile non pagare le tasse, per un anno soltanto? "No, questo non si può" disse De Gasperi. "Proprio non si può" disse Andreotti. Allora fa niente, dissi io. E finì così. Per chiudere con questa storia, devo aggiungere che anche Togliatti era bartaliano ». E' una storia di trent'anni fa. Sarebbe ancora possibile, ora? Chissà. In ogni caso, il Tour di oggi non è più quello di una volta, una « chanson de geste » in parte ingenua, in parte enfatica. Ieri i giornali avevano questo titolo: « Sciopero generale al Tour ». Luciano Curino
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