Mentre la Francia litiga a sinistra di Paolo Patruno

Mentre la Francia litiga a sinistra IL DIFFICILE DIBATTITO NELLA "GAUCHE,, DOPO LE ELEZIONI Mentre la Francia litiga a sinistra Naufragato il "programma comune", socialisti e comunisti criticano le scelte dei partiti - La "contestazione degl'intellettuali' DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — «La Francia non ha mai goduto di maggiore stabilità politica. La lacerante revisione della gauche lascia mano libera alla maggioranza per altri dieci anni », sostiene Annie Krìegel, docente di Sociologìa politica a Nanterre, saggista e profonda conoscitrice del partito comunista. Il suo giudizio è condiviso da molti, osservatori e politici, e pare rispecchiarsi nella realtà che affiora da questi primi cento giorni posUelettorali. La « autodistruzione politica » della sinistra ha innescato una reazione a catena: naufragata nella delusione l'ambizione unitaria rappresentata dal « programma comune », comunisti e socialisti hanno cominciato ad interrogarsi sulle cause della sconfitta elettorale, poi sulle scelte del partito, sopra i meccanismi interni che determinano le sue decisioni. Il processo è culminato con un abbozzo di « rigetto » nei confronti delle rispettive leadership, alla ricerca contraddittoria di una nuova linea, che ancora non è percepibile. Dopo il « suicidio » della sinistra, ha preso avvia la « contestazione degli intellettuali » nel partito comunista, la larvata lotta di successione a Mitterrand fra i socialisti. Da tre mesi le cronache politiche francesi registrano le fasi alterne di questi due « processi paralleli », che si sviluppano con gli attacchi concentrici alla linea della direzione del pcf da parte del filosofo Louis Althusser e dello storico Jean Elleinstein, con le manovre di « corrente » nel partito socialista, imbastite su Mitterrand e sugli aspiranti successori, Rocard e Mauroy. Senza troppi clamori esterni i socialisti sono alla ricerca di un nuovo equilibrio interno per coagulare una rinnovata maggioranza attorno a Mitterrand, che resta l'emblema, e il custode, dell'unità del partito in attesa di tempi meno diffìcili. Molti acuti sono invece risuonati nella « chiesa » comunista, la direzione ha dovuto reggere per settimane alla brillante «crociata» neoleninista di Althusser e alla persuasiva litania del « liberale » Elleinstein. Lo storico, nei giorni scorsi su Le Monde, ha richiamato con tono moderato il partito alla fedeltà del 22' congresso, ha preso esplicitamente le distanze da Althusser, ha ancora auspicato un rinnovato impulso all'eurocomunismo, basato su una triplice direttiva: « Rinnovato rapporto fra socialismo e democrazia, indipendenza totale de: partiti comunisti dall'Urss e infine più democrazia nel funzionamento del "centralismo democratico" ». Ma la manifestazione più clamorosa d'insubordinazione cui il pcf ha dovuto far fronte è stato l'appello congiunto d'un migliaio di intellettuali, per una volta uniti al di là delle rivalità di « scuola », nella richiesta di un targo dibattito democratico che scaturisse dalla « base » rimettendo in questione le decisioni del « vertice ». Fra i "cattivi" Alternando minacce ai «frazionisti » ed accenti di perdono ai contestatori recuperabili, la direzione comunista ha dato l'impressione di riuscire a imbrigliare la contestazione, a dividere gli oppositori fra « cattivi » e « meno cattivi », senza dover ricorrere alla misura estrema della « scomunica », dell'esclusione dei riottosi, come era ancora in uso, testimonia il caso-Garaudy, all'inizio degli Anni Settanta. Ma proprio negli ultimi giorni, quando il coro dei contestatori appariva affievolito, è risuonata la voce secca della vedova di Thorez, Jeannette Vermeersch, che dalla tribuna televisiva ha rilanciato il dibattito con una massiccia bordata contro la linea del partito impersonata da Georges Marchais, quell'ex sindacalista che proprio lei, in anni lontani, aveva sospinto verso i vertici del partito. Il paleostalinismo di Jeannette Thorez, il suo incrollabile credo nelle virtù passate e presenti dell'Urss sono stati sbrigativamente liquidati dall'Huraa.nité con una condanna lapidaria (« La storia non le ha insegnato niente ») e in realtà le sue retrotesi non sembrano potersi congiungere nemmeno alla contestazione « da sinistra » a Marchais, impersonata dai filosofi Althusser e Balibar e dalla loro ridotta schiera di seguaci, tratta fra gli intellettuali della Rue D'Vlm. Tuttavia il « j'accuse » della vedova Thorez, dopo dieci anni di sdegnoso silenzio, fa porre egualmente qualche interrogativo: l'attacco antiMarchais mira a influenzare i « quadri », l'apparato del partito o i militanti della «base»? E' una semplice coincidenza che l'atto incondizionato di fedeltà verso l'Urss, di Jeannette Vermeersch sia lanciato mentre Marchais è in vacanza sulle rive del Mar Nero e si trova invece a Parigi una delegazione ufficiale del partito comunista sovietico? Ce n'è abbastanza perché Philippe Robrieux ricordi sul Matin che « le vacanze d'estate sono propizie alle grandi manovre e ai complotti » e predica a Marchais a un autunno caldo ». In questo :t scenario » dai contorni sfumati e in evoluzione, si pone un problema di fondo: la sconfitta ha innescato nel partito comunista, e come poi vedremo anche fra i socialisti, un processo inarrestabile per un mutamento dei « capi », un cambio di generazione e quindi di strategia? La contestazione in seno al pcf è il sintomo di una lotta di potere? E infine: quali sbocchi può avere questo movimento di protesta? Registriamo ancora il giudizio di Annie Kriegel. Per la politologa « la contestazione nel pcf è un fenomeno circoscritto » e chiarisce: « Al livello delle generazioni riguarda quasi esclusivamente gli ex gauchìstes di 30-40 anni divenuti comunisti dal '68 in avanti. La protesta è limitata anche sul piano socio-intellettuale ai maitresassistente, agli assistenti universitari, ed è circoscritta infine anche sul piano della gerarchia del partito. E' una fronda a livello intellettuale, giornalistico, eterogenea soprattutto sul piano ideologico. Fra Althusser e Elleinstein c'ò soltanto un "incontro tattico": i due non sono uniti su alcun aspetto dottrinario, non hanno le stesse preoccupazioni né gli stessi obiettivi. Il primo combatte il 22° congresso e le sue "aperture", il secondo invece vi si richiama continuamente, sostiene che bisogna procedere sulla stessa via e che la direzione sbaglia in quanto non vi è rimasta abbastanza fedele. In queste condizioni, l'opposizione interna non ha spazi, non ne troverà nemmeno al congresso del partito del prossimo anno. E d'altra parte — conclude la Kriegel — il "riflusso" è già cominciato: nessuno vuol essere considerato un "frazionista" come dice la direzione, nessuno vuol uscire dal partito ». Pensando all'Urss La protesta pubblica di oltre mille « contestatori » contro la linea del partito è allora un fenomeno marginale, senza importanza? « La contestazione è importante nella misura in cui rinvia al problema reale del partito comunista francese, che è quello di trovare un nuovo orientamento — risponde Annie Kriegel —, la direzione deve sciogliere il "nodo" delle relazioni con l'Urss, dove è in corso la lotta di successione a Breznev, e della sua collocazione interna. I comunisti si accontenteranno di riassumere il ruolo tradizionale di esclusivi difensori della classe lavoratrice? Come saranno definiti i nuovi rapporti con gli altri comunismi occidentali? Con l'Unione Sovietica? La contestazione è nata per ricreare un disegno generale. In questo senso è importante ». Sentiamo Thierry Pfister, il cronista politico di Le Monde, che ha seguito con maggiore attenzione i problemi interni della sinistra, in maniera tanto attiva da essere « beccato » quasi quotidianamente daZrHumanité. Anche per Pfister « la contestazione è finita almeno a metà, perché la direzione l'ha combattuta non consentendole di esprimersi sui giornali del partito, sollecitando mozioni di censura nelle cellule, definendo sbrigativamente i contestatori come alleati obiettivi del partito socialista ». Il giornalista di Le Monde è invece più possibilista di Annie Kriegel sulla ipotesi di una frattura interna, all'indomani del congresso comunista. Dice: « I contestatori vogliono rimanere all'interno del partito per partecipare alla campagna del 23'' congresso. Se il dibattito pre-congressuale sarà soffocato e le conclusioni del congresso deludenti è possibile che qualcuno se ne vada ». Jean-Frangois Kahn, il più noto e quotato fra i politologi dell'ultima generazione, si spinge più in là e dà una coloritura a un'eventuale rottura: « Se nel 23" congresso il pcf accentuerà la sua evoluzione è possibile il coagularsi di una opposizione pro-sovietica ». E Khan si pone sulla stessa linea di Robrieux, che ipotizza un rilancio dell'offensiva sovietica all'interno del pcf e del movimento comunista internazionale. Il discorso si amplia dai rapporti dei comunisti francesi con l'Urss a quelli con le altre due capitali dell'« eurocomunismo », Roma e Madrid. Quale impatto hanno avuto le ultime vicissitudini del pcf (rottura dell'alleanza con i socialisti, sconfitta elettorale, contestazione interna) sugli altri « poli » eurocomunisti? Tutti gli osservatori sono d'accordo nel rilevare parecchie battute a vuoto nel dialogo a tre. Annie Kriegel sostiene che è importante vedere adesso se i tre partiti riusciranno ad armonizzare le loro posizioni sull'allargamento della Comunità europea: « Il pcf è contrario all'ingresso della Spagna, lo si è visto anche in questi giorni. Il partito comunista italiano invece è ecumenico: la mancanza di un accordo sarebbe la riprova dell'incapacità dei pc a superare i rispettivi nazionalismi ». Pfister mette l'accento invece sulle reazioni che la contestazione interna del pcf ha avuto negli altri partiti « eurocomunisti »: « Il riavvicinamento fra le centrali dell'eurocomunismo è condizionato dalla dissidenza interna nel pcf. I testi critici di Elleinstein sono stati pubblicati sulla stampa comunista spagnola e italiana. Questo non fa certo piacere a Parigi e rende più vischioso un processo di riavvicinamento ». Più drastico, Khan si chiede: « Ma quale "eurocomunismo"? Con il partito comunista spagnolo, che in pratica subisce le "tendenze", rifiutate dal pcf? Con il partito comunista italiano che con il compromesso storico "gestisce la crisi", cosa che il pcf ha rifiutato di fare qui con i socialisti? L'unico punto in comune fra Parigi, Roma e Madrid è la politica verso l'Unione Sovietica, pur con diverse sfumature ». E Pfister chiarisce: « L'attuale prudenza del pcf verso 1* Urss è motivata solo da una opportunità tattica: Marchais non è in grado di battersi contemporaneamente contro Mosca, il partito socialista e i suoi contestatori interni ». Dice Garaudy In conclusione, oggi il pcf appare come « una grossa macchina in panne », sottoposta a spinte esterne divergenti, con un'opposizione interna strisciante, nella fase critica di preparazione del congresso del '79 dal quale scaturirà la strategia per gli Anni 80. Marchais ha detto che intende proseguire sulla direttrice dell'« apertura ». (soltanto formale come si è visto alla prova della contestazione) e rilanciare l'unità della gauche dalla « base » e non attraverso accordi dì vertice con il ps, rispolverando lo slogan dell'unità del « popolo di Francia », che allarga l'abbraccio ai cristiani, ai nazional-populisti. Roger Garaudy, il filosofo escluso dal partito all'inizio degli Anni 70, per « eurocomunismo ante-litteram», rimprovera a Marchais quest' unità soltanto « elettoralistica, un rassemblement eterogeneo di scontenti, una coalizione tattica senza principi facilmente disgregabile » e ben diversa dal gramsciano « nuovo blocco storico » cui il filosofo si richiama. Aggiungendo una severa critica al « neo-economismo » e alla democrazia puramente « formale » del pcf, Garaudy conclude drasticamente con una tesi un po' azzardata sul Nouvel Observateur che se Marchais dovesse restare al potere con la sua équipe « diventerà l'affossatore del partito ». Paolo Patruno Parigi. Il filosofo Louis Althusser critica severamente la linea di Marchais (Grazia Neri)