Un inquilino difficile di nome Ludwig di Massimo Mila

Un inquilino difficile di nome Ludwig VIAGGIO NEI LUOGHI CARI AI GRANDI MAESTRI DELLA MUSICA: DOPO MOZART, BEETHOVEN Un inquilino difficile di nome Ludwig VIENNA — Anche la psicologia dell'abitazione illustra e conferma le differenze, anzi, l'antitesi caratteriale tra i due massimi musicisti vissuti a Vienna. Tanto è centrìpeta la scelta delle abitazioni di Mozart, altrettanto è grandiosamente centrifuga quella di Beethoven. Mozart si scavava i suoi buchi nel cuore della città vecchia, tutto intorno a Santo Stefano, e ci stava rome il topo nel formaggio. Non gli importava niente che dalle piccole finestre della sua casa nella Domgasse non si vedesse che il muro grìgio d'u'n'altra casa identica alla sua e il sole non pervenisse mai a illuminarle. Tutto quello che gli occorreva lo portava dentro di sé. Allo spettacolo del mondo estemo non chiedeva niente: non risulta che abbia mai ammirato un paesaggio o un monumento. Per questo poi accadeva che ogni tanto, mentre giocava a biliardo o sorbiva il diletto punch, con gli amici, si astraesse d'improvviso e quasi — si potrebbe dire — sparisse, si assentasse spiritualmente come per un fenomeno di fading: contemplava i suoi paesaggi interiori. Gli amici non ci facevano neanche più caso: sapevano che in quei momenti gli veniva in testa un tema o uno sviluppo per qualche sonata. Invece la scelta delle abitazioni di Beethoven mostra l'indole di un'aquila, o d'un leone: delle fiere che hanno bisogno di grandi spazi. A prescindere dalle sue famose villeggiature estive nei dintorni di Vienna (Mozart non sentiva nessun bisogno di «andare in campagna»), anche le abitazioni che ebbe in città sembrano obbedire a una spinta irresistibile verso l'esterno. Preferisce le piazze e soprattutto i bastioni, cioè la cinta di muraglioni so¬ praelevati che erano serviti di secolare difesa alla città contro gli assedi dei Turchi, e che ora, svanito quel perìcolo, si venivano a poco a poco demolendo in omaggio a nuove direttive urbanistiche. «Ho una casa mollo bella adesso», scrive a Wegeler, il fedele amico di Bonn, il 29 giugno 1801, «che dà sul bastione...». Purtroppo è rimasta introvabile questa «Wohnang auf die Baste}-». Qualche volta le sue residenze s'accostano a quelle ultracentrali di Mozart; come avvenne a più riprese nel Tifer Graben (dove al n. 8-10 un orrendo mosaico con figure allegoriche su una casa evidentemente rimodernata annuncia: «Beelhoven's Wohnsilz I 1815-17. Op. 101, 102, 106, 98, 137*). Ma di solito scappava più presto che poteva, come fece dalla Casa del consigliere Franz Sales vonGreinernelTieferGraben241 (oggi sarebbe l'introvabile n. 24, proprio nel sottopassaggio della Hohe Brucke di Wipplingerstrasse): ci stette dalla primavera all'autunno 1800. E in Petersplatz II, altro luogo mozartiano poiché li si affacciava la casa dei Weber, all'angolo con la breve Milchgasse, rimase appena dall'autunno 1802 al gennaio 1803 nella casa detta «zum silbernen Vogel» («all'uccello d'argento»), sebbene si trattasse d'una piazza, ma tutta ingombra dalla mole della chiesa di S. Pietro. Era un bel palazzone di quattro piani più mezzanino e mansarde, accanto alla caserma di polizia sull'angolo. Al n. 10 aveva abitato Karl Czerny (cui si deve l'informazione) e al 9 c'era l'Albergo Daun (ora Hotel Wandl). Invece da giovane Beethoven era vissuto ben cinque anni, dalla primavera, 1795 alla primavera 1800 — una cosa enorme per le sue abitudini errabonde — nell'Ogylvisches Haus. in Kreuzgasse 35 (ma oggi Metastasiogasse). proprio là dove questa breve via esce dalla tranquilla piazza quasi circolare intorno alla trecentesca chiesa dei Minoriti. Piazzetta silenziosa e quasi militaresca, con le sue garitte di guardia ai piedi di palazzi patrizi. In uno di questi abitava (e ci aveva un celebre Musiksalon) la contessa Wilhelmine Thun, nata Uhlefeld, suocera del principe Lichnowsky, emerito protettore di Beethoven. Nel 1799 il palazzo fu venduto a Beatrice d'Este Modena, moglie dell'arciduca Ferdinando. Nel 1807 verrà costruito il palazzo Dielrichstein, tuttora esistente, e nel palazzo Stahremberg c'è ora il ministero dell'Istruzione. La brevissima Metastasiogasse. cioè la Kreuzgasse dove stava Beethoven, si avvia in diagonale verso il verde del Vplksgalen. che però allora non c'era ancora. C'era la Burgbastey, uno di quei bastioni che Beethoven prediligeva e che fu demolilo nel 1821-23 per far luogo al bellissimo parco pubblico. E su un bastione svetta, alta come un maniero, la casa Pasqualali. la meglio conservata delle abitazioni viennesi di Beethoven, oggi arredala a museo, al quarto piano (105 scalini di marmo consunto) della casa d'angolo nella Mólkebastey 8. Era proprietà del barone G. B. Pasqualati, figlio del defunto medico Giovanni Benedetto, e lui uomo di legge. Fu consulente prezioso a r a a l o o o a Beethoven nella tempestosa tutela del nipote Carlo, nella rivalutazione della pensione e nella lite con Malzel, l'inventore del metronomo. Nel suo palazzo Beethoven visse, ad intermittenza, per ben undici anni. Ogni tanto se ne andava, irritato per qualche contrarietà, ma regolarmente tornava, e Pasqualati gli conservava l'alloggio, guardandosi bene dall'affittarlo ad altri. Forse in quel tempo Beethoven continuava ancora a tener casa nel Teatro an der Wien, a scopo di relazioni pubbliche, per ricevere, ad uso ufficio. Ci era vissuto nel 1803, ma il luogo non gli piaceva, perché dava su un cortile stretto. Però non pagava affitto: l'impresario del teatro. Schikaneder. quello che aveva scritto per Mozart // flauto magico, lo teneva li gratis, nella speranza che volesse musicargli un altro libretto. // fuoco di Vesta. A questa casa si riferisce la celebre descrizione del disordine beelhoveniano rilasciata da Ignaz Seyfried nel 1828: «Nelsuo regime domestico regnava una grandiosa confusione... Libri e musiche sparpagliati in ogni angolo, — là i resti d'uno spuntino freddo. — qui bottiglie sigillate o mezzo vuote, — là sul leggio gli schizzi svolazzanti d'un nuovo Quartetto — qua i ruderi d'una colazione, — là sul piano, in foglietti scombiccherali, i materiali d'una splendida Sinfonia, ancora sonnecchiarne in forma embrionale, — qui una correzione in attesa d'essere condona a termine. — il pavimento coperto di lettere d'amici e d'affari, — tra due finestre una rispettabile forma di stracchino, ad latus vistosi avanzi d'un genuino salame veronese...». Imponente nei suoi cinque piani, più mansarde e alti comignoli, la casa Pasqualati sorge dunque isolata e libera da tutte le parti sopra il vecchio bastione, tutto verde d'alberi, siepi e cespugli. In faccia, oltre la piazzetta col monumento al borgomastro Babenberg, c'è ora il basso edificio della nuova Università, e la vista spazia in ogni direzione. Al bastione si accede per due sentieri divergenti, abbastanza ripidi e di selciato liscio, sicché ai piedi due stupefacenti avvisi municipali, stampali in nero su metallo bianco, informano che «la strada non viene liberala da neve né ghiaccio» e chi la usa d'inverno lo fa a suo rischio e pericolo: d'altra parte — ammonisce il secondo cartello — è streng verboten l'uso di slitte o di sci! Si suppone che Beethoven si servisse di piccozza e ramponi. magari in cordata col barone Pasqualati! Li dentro Beethoven occupava due grandi stanze luminose, con quattro finestre, e un ingressino cieco. Ora sono attrezzate a museo, ma non vi si vede gran che, oltre alle consuete incisioni di paesaggi e luoghi viennesi, ritratti (quello a olio del barone Pasqualati mostra un nobile signore dalla faccia aperta eppure seve ra). litografie e fotografie, un pianoforte Streicher. la marca che Beethoven asseriva di preferire, a coda lunga e stretta, una ciocca di capelli sotlo vetro, l'immancabile maschera mortuaria Tra le varie fotografie di luoghi beelhoveniani, quella della casa dove il grande morì, la Schwarzspanierhaus («Casa dello Spagnolo nero»), dal nome della via dove si trovava la sede dei benedettini spagnoli di Montserrat, monaci vestiti di nero che l'imperatore Ferdinando III aveva chiamato a Vienna in adempimento d'un voto. Beethoven ci era entrato a mela ottobre 1825, pigliando possesso di quattro stanze al secondo piano. Il suo ultimo anno e mezzo di vita, là dentro, è oggetto della narrazione di Wegeler e Ries nel delizioso libriccino Aus dem Schwarzspanierhaus. La casa venne demolita nel 1904, in omaggio ad esigenze urbanistiche, e una lapide segnala il disadorno palazzone che la sostituisce, al n. 15. Prima della demolizione ne vennero prese fotografie ed eseguiti disegni, dai quali risulla chiaro che ancora una volta l'ultima abitazione di Beethoven spaziava in mezzo a un largo orizzonte: davanti ed intorno, «allesfrei»: tutto libero. Massimo Mila (Contìnuo; Vienna. La caserma dei vigili in piazza San Pietro. Nel palazzo a sinistra abitò Beethoven

Luoghi citati: Bonn, Modena, Vienna