Un poco di coraggio di Vittorio Gorresio

Un poco di coraggio Un poco di coraggio Taccuino di Vittorio Gorresio La democrazia rappresentativa ha questo di bello, tra l'altro, che è imprevedibile ma obbediente, -Nei -dieci giorni scorsi, a Montecitorio, durante i gironi elettorali per l'elezione del settimo presidente, si diceva più o meno di tutto, si formulavano tutte le ipotesi con la più bella sicurezza, dato che quando si è di fronte all'imprevedìbile sono accettabili, appunto, tutte le previsioni. Ancora poche ore prima dello scrutinio definitivo si giocava con le voci e con gli oroscopi: ogni partito sì sarebbe spaccato al momento di decidere. Nel segreto dell'urna i franchi tiratori si sarebbero presi chi sa quali vendette: chi sa quali sorprese meravigliose ne sarebbero uscite al momento dello scrutinio. Si diceva che i democristiani, i quali costituiscono il partito più composito e introverso che mai si sia veduto, avrebbero finalmente offerto lo specchio fedele delle loro interne dissensioni. Non a caso, del resto, in tutti i nove giorni dell'attesa, il grande espediente era stato quello di non farli votare, perché il non voto, e cioè l'astensione, è pur sempre un fatto palese e come tale controllabile. Avessero ricevuto l'ordine di votare scheda bianca chi mai sa come se ne sarebbero approfittati. Si parlava di De Carolis, di Rossi di Montelera, come di uomini insofferenti di qualunque disciplina. Si diceva di Mario Segni, figlio dell'ex Presidente della Repubblica Antonio, il quarto della serie dei nostri capi di Stato, che egli avrebbe condotto il gruppo dei suoi cento ribelli ad una manifestazione sotterranea di dissenso. Si diceva che ci sarebbero stati franchi tiratori anche fra i comunisti, perché è ben noto, e non da oggi, che anche nel partito delle Botteghe Oscure ci sono correnti segrete che se pure non appaiono alla vista, comunque esistono risolute e combattive. Dei socialisti non parliamo: su una novantina che sono fra Camera e Senato, almeno quattro o cinque frazionamenti erano di sicuro possibili. E tutti gli altri: più o meno cani sciolti, al momento del voto segreto si sarebbero sentiti in libera uscita co- me i cittadini elettori in occasione dei referendum. Ebbene, poi si è visto che cosa è successo: mai Presidente della Repubblica è stato votato, segretamente, con così alta maggioranza percentuale di suffragi. Esiste dunque l'obbedienza, che è una bella virtù professata a titolo d'onore dai militari e dagli appartenenti agli ordini monastici. La democrazia rappresentativa ha quindi anch'essa risorse interne di disciplina che non mi sembra il caso di sottovalutare, e mi domando solo perché mai non si ha la pratica dì farvi ricorso con maggiore frequenza e soprattutto con maggior sollecitudine. Io so che gli italiani sono oggi nella loro grandissima maggioranza felici di avere a presidente un galantuomo dello stampo di Sandro Pertini al quale nulla si può rimproverare, nulla davvero fuorché forse l'età, che d'altra parte non è una colpa. Ma proprio in considerazione dell'età non sì capisce perché i padroni e f danti causa della nostra democrazia rappresentativa non si siano preoccupati di farlo eleggere anche soltanto pochi giorni prima. Se c'è una corsa contro il tempo in casi come questi di un uomo anziano chiamato ad assumere funzioni di grande prestigio e di grande responsabilità, tanto vale eleggerlo più giovane, anche soltanto di una settimana. Sarebbe sempre tanto di guadagnato. Non si pote¬ va eleggere Pertini che evidentemente piace tanto ai rappresentanti del popolo, fino dal primo giorno di votazione? Tutto il Paese ne sarebbe stato lietissimo, come di una bella prova di intelligenza e di concordia nazionale. Questo è per dire che la democrazia rappresentativa è uno strumento che di per sé può funzionare benissimo; basta saperlo mettere in moto e guidare secondo le regole. Sbagliano tutti i qualunquisti d'Italia i quali pensano che la macchina sia difettosa di per se stessa: è al contrario perfetta e la si può impiegare a tutti gli usi. Basta volerlo, e soprattutto aver fiducia in essa. Chi è che non si fida della macchina? Non certamente ì cittadini italiani che le son tanto affezionati da confermare la fiducia che vi ripongono andando a votare a tutte le elezioni cui sono chiamati e facendo registrare le più alte percentuali di afflusso alle urne che si conoscano nel mondo occidentale. Questo è per dire — mi ripeto — che qualunquisti non sono i cittadini, evidentemente, ma qualunquisti sono quei pochi dirigenti di partito ai quali spetta la manovra e l'uso della macchina: ecco chi non sì fida del sistema, non se ne fidano i capi manovratori i quali non si rendono conto di che strumento straordinario dispongono, di che bellissimo, efficace, apprezzatissimo congegno hanno nelle loro mani. Sarà magari che essi esitano ad adoperarlo per la paura che gli si guasti, prezioso come è. Lì esorterei pertanto a farsi un poco di coraggio, perché senza coraggio e fantasia non si governa un Paese come il nostro. Non intendo con questo affermare che l'Italia sia davvero un Paese di coraggiosi; lungi da me una concessione di questo genere alla retorica spicciola, Ma proprio perché manca nel Paese uno strato cospicuo di coraggio, dal nostro sottofondo mi sembra che nasca sempre un certo moto di ammirazione per quedi che coraggio ne hanno almeno un poco. E' un bell'esempio che attendiamo ci venga dall'alto, ed a chiunque ce lo vorrà dispensare andrà sicuramente in contraccambio l'adesione sincera della nostra simpatia.

Persone citate: De Carolis, Mario Segni, Pertini, Sandro Pertini

Luoghi citati: Italia