Ha sparato per "legittima difesa "

Ha sparato per "legittima difesa " Il giudice ha deciso: nessun processo all'ex tabaccaio di Val della Torre Ha sparato per "legittima difesa " Vedendo i rapinatori far fuoco contro il negoziante che li inseguiva, ha afferrato la doppietta e ha esploso un colpo in aria Allora i banditi l'hanno preso di mira: "Ho mirato verso la strada, volevo solo intimorirli" - Dopo l'interrogatorio, a mezzogiorno, è stato rimandato a casa - Il sedicenne ucciso: una storia di miseria materiale e morale, una famiglia disgregata Ha risposto al fuoco del rapinatori, ha sparato per legittima difesa, quindi niente arresto, niente denuncia. Pierino Carbl lascia la caserma del carabinieri di Alplgnano attorno a mezzogiorno, 11 sostituto procuratore Notarbartolo, dopo una notte di interrogatori e la meticolosa ricostruzione della tragica sparatoria aveva deciso che l'uomo che ha ucciso il giovane bandito Roberto Melis non debba andare incontro a grane giudiziarie. Carbl, un tipo massiccio, la fronte splanata dalla calvizie si allontana subito insieme ad alcuni congiunti, non tornerà però a Brione, ha preferito riparare presso una famiglia di amici di Nichelino. La tremenda avventura dell'altra sera ha disegnato segni vistosi sul volto dell'ex tabaccaio, forse nemmeno il tempo cancellerà l'emozione del conflitto a fuoco e l'angoscia, 11 rimorso di avere bruciato una vita tanto giovane. « Ho premuto il grilletto alla cieca, senza mirare, non volevo uccidere. Non sapevo neppure di aver falciato un ragazzo »: le sole parole che Pierino Carbl ha trovato la forza di spiccicare con voce Incerta. Il film della fatale sparatoria è stato cosi « montato » dai carabinieri di Rivoli al comando del cap. Basile e dal giudice. Ore 18,40: Pierino Carbi lavora sul balcone di casa sua, sistema alcune piastrelle rose dall'umidità e dal freddo. Arriva una « 500 », si ferma, scendono tre uomini ed entrano nella tabaccheria il cui ingresso è proprio sotto 11 balcone. Piove, Carbi non fa caso al terzetto. « All'improvviso ho sentito echeggiare qualcosa nel negozio, un urlo, ho intuito che dentro stava avvenendo una rapina — racconterà più tardi in caserma l'ex tabaccaio —. In camera da letto tengo un lucile, sono sempre stato un appassionato cacciatore, sono corso a prenderlo ». Imbraccia l'arma, fa scorrere in canna le prime due cartucce che gli capitano a portata di mano, altre tre se le infila nella tasca del golf. Tutte cartucce a panettoni, le ultime di una partita che Carbl aveva acquistato anni fa per la caccia al cinghiale, in Toscana. I banditi hanno arraffato il bottino, circa 700 mila lire, sono già saliti sulla « 500 », la vettura però non vuol saperne di partire: uno del rapinatori resta al volante, gli altri due ridiscendono e si mettono a spingere. L'ex tabaccalo si affaccia sul balcone mentre sotto di lui compare in strada il titolare del negozio, Francesco Daniele con una sbarra in pugno. I delinquenti non esitano, gli sparano addosso, 11 prolettile sibila a pochi centimetri dal volto dell'esterrefatto Daniele conficcandosi nello stipite della porta. « Ho /atto /uoco mirando ver so il cielo dirà Carbl al ma- resclallo Mastronardi dei carabinieri di Alpignano — poi mi sono buttato a terra, credevo avessero sparato a me ». Un errore che gli salva la vita. Un secondo di silenzio, echeggiano altre detonazioni, un palo, forse tre, due pallottole passano sopra la testa dell'ex tabaccalo e si schiacciano nel muro. « Nel frattempo avevo ricaricato la doppietta — spiegherà Carbl — bocconi, attraverso le sbarre della ringhiera ho premuto il grilletto mirando alla strada ». La gragnuola di panettoni crivellerà la schiena di Roberto Melis. Il giovane caricato sulla « 500 » che finalmente si è avviata morirà riverso sul sedile posteriore, 1 complici l'abbandoneranno sull'utilitaria parcheggiata a Collegno in via Toscanini, proprio accanto all'ambulatorio del medico comunale. Il cadavere sarà scoperto un'ora più tardi, Pierino Carbi, che nel frattempo si è recato In ca¬ serma, apprende la triste verità. Ha una crisi di pianto, la disperazione intesserà tutto 11 suo racconto. Quando 11 giudice Rodrigo Notarbartolo gli dice che è libero di tornare a casa l'ex tabaccalo crolla il capo, mormora: « Sono rovinato, che cosa mal ho fatto. Essere arrestato o assolto, non mi interessa ». Secondo gli inquirenti, la latitanza del compari di Roberto Melis dovrebbe avere vita corta. « Sono braccati — affermano i carabinieri — li prenderemo, è questione di ore. Probabile che si tratti di drogati, stiamo controllando tutti i locali di Torino e cintura ritrovo abituale dei tossicomani. Uno, poi, è /erito, sarà costretto a rivolgersi ad un medico. I banditi non hanno scampo ». Roberto Melis aveva compiuto 16 anni il 26 marzo scorso. La morte gli è giunta dal fucile di Pierino Garbi, ma la vera respon- sabilità del suo tragico destino pesa sulla sua famiglia. Una famiglia disastrata, rosa da una povertà materiale e morale abissale. Originari di Nuoro, i Melis, genitori e nove figli, si sono trasferiti a Pianezza dalla Sardegna nel '64, da sempre abitano un piccolo alloggio al primo piano di via Gramsci 1, un ammuffito edificio del centro storico. Ingresso sul ballatoio direttamente In cucina, niente bagno, una camera alla quale distese di materassi sul pavimento conferiscono panorami di dormitorio pubblico, poche suppellettili, vecchie e scrostate come le pareti tutt'attorno, tra un letto e l'altro, su una mensola un grosso televisore. Qui sono vissuti in undici, poi, a poco a poco, crimine e sventura hanno «allargato» la minuscola casa. I fratelli maggiori di Roberto, Franco e Gianni, 25 e 24 anni, hanno cominciato a peregrinare da un riformatorio all'altro, adesso sono in carcere a Novara e alle Nuore per rapine ed altri reati. Le sorelle Maria Luisa e Paola se ne sono andate a vivere via, scegliendosi come conviventi lenoni e malviventi di mezza tacca. Maria Luisa, 18 anni, è già madre di due bimbi, da mesi si è separata. Un altro figlio, Giorgio, 20 anni, è militare, è l'unico adulto dei Melis sconosciuto alla giustizia. Di lavoro vero nella famiglia di Roberto si è sempre parlato poco, 11 padre, Giovanni, 48 anni, si consola della disoccupazione con il vino; l'unica che si è procurata un posto fisso è la madre, Fina Fellema, 44 anni; fa le ore, come cameriera, nella vicina pizzeria «Babbo». L'altra sera non si è stupita molto quando sono arrivati i carabinieri e si sono portati via la foto di Roberto senza dirle nulla. Ha messo a dormire 1 tigli più piccoli. Patrizia, Cristina, Antonello e si è seduta su un materasso a guardare la tv mentre il marito dormiva tranquillo. Due ore più tardi, ancora ignara della tragica sorte di Roberto, ha raccontato al cronista con voce amara la sua vita. «Una vita d'inferno la mia, solo preoccupazioni e miseria. Le figlie maggiori mi hanno abbandonata, vivono in maniera vergognosa. Con loro si sono prese, da qualche mese, anche Roberto, abitano tutti in via Matteotti 32, in casa di una che ha il marito tn galera. Ma, a Roberto che è successo? I carabinieri non mi hanno detto niente». Quando ha saputo è scoppiata in lacrime, ha inveito contro il fato, ha accusato Maria Luisa e Paola: «Sono loro che l'hanno rovinato: questa è una casa di poveri, ma anche di lupi, quelle sciagurate insieme ai due in carcere mi hanno mangiato tutto, adesso si sono presi pure la vita dì Roberto». I suoi singhiozzi e le grida di dolore sovrastavano la musica del film trasmesso dalla televisione, non hanno però scalfito 11 riposo dei bimbi e del marito. Le sorelle di Roberto sono scomparse con i loro amici, la signora Melis sarà la sola a seguire la bara del figlio. Claudio Giacchino Pierino Carbì (in alto) avrebbe sparato per difendere il tabaccaio, Francesco Daniele (foto sotto) - La vittima Roberto Melis, 1S anni, e la madre