Rosalynn Carter e Solzenicyn di Furio Colombo
Rosalynn Carter e Solzenicyn Rosalynn Carter e Solzenicyn DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Molti in America hanno trovato presuntuoso o ridicolo il dibattito fra Rosalynn Carter, diplomata di scuola media di Plains, Georgia, e il premio Nobel per la letteratura Alexander Solzenicyn. Lo scrittore russo, come è noto, aveva pronunciato il discorso annuale, il cosiddetto commencement speech all'università di Harvard. Solzenicyn, come tutti i mistici, è uno che guarda un poco al di là della realtà e della storia. E vede l'inferno. Vede la decadenza morale, vede la fibra debole e spossata di un mondo che «non ha il coraggio di morire». Poiché è difficile e delicata la traduzione tra la visione e la cronaca, molto di ciò che lo scrittore russo in esilio ha declamato davanti agli studenti di Harvard è andato frainteso o perduto. Qualcuno gli ha persino goffamente risposto alzando un cartello con la scritta «no al fascismo». Due o tre volte Solzenicyn ha contribuito a creare il malinteso. Quando, per esempio, ha interpolato il suo messaggio sulla fibra spirituale dell'Occidente con notazioni sulla musica e sulla televisione che, come tutti sanno, riflettono scelte private di modesta portata storica. E poi è difficile immaginare che il rock and roll abbia raggiunto lo scrittore nelle foreste del Vermont, data anche la dimensione della sua proprietà, ed è improbabile che qualcuno sia stato sfiorato dal pensiero di portare un televisore in una delle trentanove stanze del rifugio in cui l'esule medita sulla decadenza dell'Occidente. Ma a parte le questioni di gusto con cui, senza volerlo, il mistico ha aperto la sua meditazione alle comuni osservazioni del laico, resta l'ispirazione del suo discorso. Solzenicyn guarda i giovanotti abbronzati e contenti nel giorno della laurea e vede un mondo smidollato, senza ideali, senza passioni e senza una ragione di stare al mondo. Nota che la tempra dell'Est si rinforza ogni giorno di più nella sofferenza e che quella dell'Ovest si sfalda di ora in ora nell'edonismo. Prontamente la cultura americana — dai filosofi ai columnist — si divide in due, fra un canto di ammirazione per lo sguardo del poeta, e l'indignazione nazionalista di chi lo giudica ospite ingrato. Per questo ammiro la risposta della liceale Rosalynn Carter, già moglie con bigodini di un ufficiale di marina e, per puro caso, temporaneamente first lady alla Casa Bianca. Rosalynn Carter ha parlato, qualche giorno dopo Solzenicyn, nel più modesto ambiente del Circolo della stampa di Washington. Non ha assolutamente pensato di accusare Solzenicyn di ingratitudine, o di ammirarlo come il Rasputin dell'Ovest alla riscossa. Si è posta invece, con un certo coraggio, la stessa domanda: quali sono i mali americani? E ha detto: «Chi si occupa in questo Paese dei vecchi, dei malati di mente, di coloro che soffrono la povertà e il razzismo?». Al posto della infuocata visione del profeta, Rosalynn Carter ha messo un elenco di cose da fare. Non c'è bisogno di avere una voglia mistica di morire. Basterebbe lavorare insieme contro la povertà, il razzismo, la malattia, il dolore. E ha potuto concludere: «Se lo facciamo non siamo deboli, non siamo spiritualmente esausti. Esiste un grande dibattito su queste cose in America. Non mi sembra il segno di un mondo che ha perso lo spirito». Sottovoce, la stessa signora Carter ha detto, dopo il discorso, in una breve intervista: «Questo non è un dibattito in cui si segnano i punti». Ma al premio Nobel la casalinga di Plains ha ricordato che prima della valle di Josafath vengono l'ospedale, la casa popolare e un modo di mandare al mare i bambini. E al consiglio di amministrazione di Harvard che ogni anno sceglie un «maestro» perché consegni un messaggio alla nuova generazione, ha dato, senza volerlo, un consiglio: non disturbate il saggio che medita. I fantasmi di Solzenicyn diventeranno splendide immagini letterarie. Ma perché costringerlo a rovesciare sugli studenti accaldati la sua irritazione per essere stato disturbato dalle sue foreste e dai suoi silenzi? Lo scrittore ha diritto al suo silenzio. Il pubblico oratore avrebbe il dovere della informazione corrente. Ma questo contrasta con il suo bisogno di pace. Sia data pace a Solzenicyn. E voce alle signore Carter che seguono il telegiornale e leggono le notizie. E' un modo per ricordare che non sempre al talento della letteratura e dell'arte dovrebbe spettare la colonna di commento sulla prima pagina di un giornale. Quietamente Rosalynn Carter ha ricordato che ci sono cose per addetti ai lavori. La vita per chi è nella vita. La voce delle grandi visioni, nella difficile pagina del Vermont interiore. Furio Colombo
Luoghi citati: America, Georgia, New York, Vermont, Washington
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