Le deputate: abbiamo idee ben chiare ma per il Presidente possiamo fare poco

Le deputate: abbiamo idee ben chiare ma per il Presidente possiamo fare poco Colloquio nel Transatlantico con i parlamentari in gonnella Le deputate: abbiamo idee ben chiare ma per il Presidente possiamo fare poco La Codrignani (pei) : "Uno stile politico al femminile non esiste ancora" - Susanna Agnelli (pri) : "Siamo meno bizantine degli uomini" - Emma Bonino (radicale) : "Hanno esautorato il Parlamento" - Alla Castellina (dp) piace Pertini - La Cassanmagnago (de) replica: "Sì, ma deve essere una candidatura generale" ROMA — «Se dipendesse da noi, parlamentari-donne, il nuovo Presidente sarebbe già al Quirinale». Con il tono di una ovvia constatazione, e non di una polemica antimaschilista, cosi ci rispondono le sette deputate che interroghiamo nel transatlantico, ribollente ieri come un mare un po' stanco, ma tutto di uomini, impegnati nella «camminata nervosa», tipica dei momenti decisivi, ma incerti sino all'ultimo. Difatti, eventi stanno maturando nel colloquio Zaccagnini-Craxi, in corso al gruppo de, nei successivi incontri di Zac con altri leaders sino all'annuncio di Biasini sulla possibile candidatura di Ugo La Malfa. Per il momento, però, tutti aspettano e le nostre interlocutrici hanno ragione a richiamare, come un monito implicito, la maggior propensione delle donne a risolvere con buonsenso, praticità e poca faziosità i problemi più complicati. Appartati in angoli poco battuti dalla marea maschile che gira su se stessa, tentiamo una ideale «tavola rotonda» con queste sette parlamentari in rappresentanza delle 65 donne sparse fra i 1011 «grandi elettori»: dodici senatrici, cinquantadue deputate, e una sola delegata regionale, la comunista Loretta Montemaggi che è anche l'unica presidente di Regione, la Toscana. Sono, in ordine alfabetico, le onorevoli Susanna Agnelli, repubblicana, Emma Bonino, radicale, Maria Luisa Cassanmagnago, democristiana, Luciana Castellina, demoproletaria, Giancarla Codrignani, indipendente cattolica nel pei. Maria Magnani Noya, socialista, Angela Maria Roselen, comunista. Appartengono a partiti contrapposti, politicamente sono «avversarie», ma si trattano come buone amiche, senza intemperanze verbali come accade fra i loro colleghi uomini. Mentre le interroghiamo ci viene spontaneo il pensare a che cosa sarebbe il Parlamento se lo componessero molte più donne di quante non siano. Del resto, l'esperienza di Tina Anselmi al ministero del Lavoro è una conferma positiva dei risultati che il buon¬ senso, la concretezza e l'acume delle donne possono raggiungere, senza inutili inasprimenti consueti agli uomini. Invece, sono appena sessantacinque su 1011 «grandi elettori», come si è detto. Né il loro apporto sembra molto considerato, a quanto dicono, nei rispettivi gruppi e nell'assemblea congiunta. «Uso una mia vecchia battuta — dice la on. Codrignani, emiliana —. Siamo elette in quanto donne e poi facciamo "il deputato" perché uno stile politico al femminile non esiste ancora». E' la sintesi del pensiero delle altre sue colleghe. Aggiunge la de Cassanmagnago: «No, il nostro contributo è limitato anche perché, come sempre, c'è una lìnea di gruppo. Però, se noi donne avessimo trattato, sicuramentee una soluzione sarebbe già stata trovata». E Susanna Agnelli, sorridente: «Sono assolutamente certa che se le delegazioni fossero in prevalenza formate da donne, le cose andrebbero più in fretta. Noi siamo meno bizantine degli uomini. Nel gruppo repubblicano sia- mo ascoltate, ma a volte si tende a pensare che semplifichiamo troppo». Emma Bonino, in jeans blu e camicetta, ha l'aria sbarazzina di sempre, un po' da gentile scugnizzo parlamentare, piena di vivacità e di mordente. Con lei è d'obbligo darsi del tu. «Spara», la incoraggiamo con una certa imprudenza. E lei non se lo fa ripetere: «Qui non contano neanche i parlamentari, salvo alcuni che stanno al vertice, quindi neanche le donne in quanto tali né in quanto parlamentari. E' una assemblea dove non si può discutere e, ora, non si può neanche votare...». Ma c'è un regolamento, osserviamo. «No, nelle sedute congiunte non c'è regolamento. Siamo convocati per due sceneggiate al giorno, a ritmi lenti imposti dai vertici dei partiti che hanno esautorato il Parlamento». Luciana Castellina insiste sulla candidatura di Pertini «anche se egli ci ha chiesto di soprassedere per trovare una convergenza più larga del solo schieramento di sinistra». Trova illegittimo l'arroccamento della de contro il candidato socialista «in nome di una pregiudiziale inaccettabile». La situazione, dice, si incancrenisce, la conclamata maggioranza si sta «clamorosamente sfaldando». Le risponde la de Cassan magnago: «La de ritiene fondamentale una candidatura co-decisa — dice proprio co sì — perché il nuovo presti dente dovrà difendere coi denti la Costituzione, deve avere grinta e il massimo so-, stegno parlamentare. La de chiede una rosa senza porre preclusioni, ma senza subirne. Chi sarà il nuovo presidente? A me, come persona, piace moltissimo Pertini, ma la sua candidatura deve diventare generale, non solo di sinistra». Giancarla Codrignani lamenta che il pei, pur scegliendo la candidatura molto significativa di Amendola, non abbia dato «un messaggio in prospettiva» al Paese indicando una donna (lei avrebbe voluto la Nilde Jotti). Pertini, anche a suo giudizio, è il «presidente unificante», l'immagine stessa del ca¬ po dello Stato desiderabile: «Credo che la base popolare, anche democristiana, sarebbe d'accordo». La socialista Magnani Noya giudica «paradossale e assurda l'arroganza della de che pone veti a degnissimi candidati del psi, senza spiegare, perché sono inspiegabili, i motivi». Accettereste La Malfa? «Credo di no, anche se ogni decisione spetta ai responsabili del psi. Non possiamo accettare discriminazioni verso i socialisti». Conclude spiegando che la maggior duttilità delle donne dipende dal fatto che «siamo più emarginate e perciò più unite». L'urgenza di arrivare all'elezione è ripetuta dalla comunista Angela Maria Roselen, torinese. «I problemi si aggravano sempre di più, se si ritarda ancora. Da questa situazione si può uscire con una candidatura preferibilmente laica, e che riscuota il più largo consenso». Anche la de dice questo, notiamo. «Però parole e fatti devono essere coerenti e la de, almeno finora, non ha dimostrato coerenza». Con Susanna Agnelli conversiamo seduti su un basso termosifone, accanto all'uscita del Transatlantico sul cortile interno :l'unico posto un po' tranquillo. «La responsabilità di questo ritardo — dice — è un pò di tutti, ma francamente lo è ancor più di chi ha detto "Voglio che il candidato sìa di questo partito" (cioè dei socialisti ndr). «La mia impressione, però, è che ormai siamo sulla buona strada». Ci interrompe la cosiddetta «chiama» del pomeriggio: una «chiama» segnalata dal suono della campanella, dalle luci gialle intermittenti di lampade distribuite dovunque a Montecitorio, dalla voce amplificata dagli altoparlanti dei segretari dell'assemblea comune dei 1011 grandi elettori. Anche le sessantacinque «grandi elettrici» entrano in aula: ma sono poche per dar un peso reale al buonsenso pratico che le distingue, comura- a tutte le donne. Lamberto Fumo

Luoghi citati: Roma, Toscana