Berlino Est, inflitti 8 anni al noto economista Bahro di Francesco Forte

Berlino Est, inflitti 8 anni al noto economista Bahro Dissidente era accusato di alto tradimento Berlino Est, inflitti 8 anni al noto economista Bahro BERLINO — Una dura condanna ha colpito l'economista tedesco orientale Rudolf Bahro, uno studioso assai noto per le sue critiche ai regimi comunisti dell'Est. Un tribunale di Berlino l'ha riconosciuto colpevole di «alto tradimento» e gli ha inflitto otto anni di reclusione. La notizia è stata diramata dall'agenzia di stampa ufficiale della Germania Est, la Adn, la quale ha precisato che l'economista è stato condannato per «aver comunicato segreti ad ambienti ostili alla Repubblica Democratica Tedesca». In particolare — secondo l'agenzia — Bahro avrebbe fatto ricorso a «metodi spionistici» per mantenere contatti con giornalisti della Germania Occidentale e avrebbe diffuso, grazie a loro, «notizie false, deliberatamente inventate, grossolane di¬ storsioni dei fatti e accuse infondate». Con la condanna di Bahro si compie un altro giro di vite nella repressione degli intellettuali che da molteplici parti viene attribuita, in questi ultimi tempi, alle autorità tedesco-orientali, r. s. La condanna a Rudolf Bahro non giunge inaspettata, anche se costituisce, per ogni sincero democratico, una notizia molto amara. Di lui è uscito da poco, in italiano, presso Sugar-Co, un libro di rara acutezza e profondità, dal titolo « Per un comunismo democratico. L'alternativa ». Leggendo tale libro si capisce il perché della dura condanna. Bahro, che è un economista, che unisce alla preparazione specifica nel campo dell'organizzazione scientifica del lavoro anche una vasta prepa- razione filosofica e sociologica, sostiene che il « socialismo realmente esistente » che domina nell'Unione Sovietica e nella Repubblica della Germania Orientale, la cosiddetta Repubblica Democratica Tedesca, è in realtà un « nuovo dispotismo », una nuova forma di sfruttamento, di cui è vittima la classe operaia ad opera di una classe costituita da coloro che hanno in mano le redini del partito e dello Stato. Bahro sostiene che in questo modello, oltre che il dispotismo di un gruppo chiuso e la connessa perdita delle libertà conquistate dalle masse nell'epoca borghese, vi è una evidente promozione delle diseguaglianze sociali, mediante la creazione di vasti dislivelli nei redditi. Inoltre — egli aggiunge — vigono corporazioni ufficiali che mettono sotto tutela la popolazione e predomina la vecchia divisione del lavoro. Errerebbe chi pensasse che quello di Bahro sia una sorta di pamphlet di denuncia del regime. Anche così, naturalmente, si tratta di un'opera di grande rilievo, per il coraggio con cui la denuncia è stata fatta, ben conoscendo le conseguenze cui poteva portare: prima l'arresto e poi la condanna. Ma questo è un lavoro dotato di un peso scientifico, molto rilevante. Oltre che la denuncia nel libre è interessante un doppio filone di ricerca. Innanzitutto, Bahro analizza la continuità dal dispotismo agrario della Russia zarista a quello industriale, che si è installato nell'Unione Sovietica, ad opera di Lenin, il quale — dimostra Bahro — si distaccò, dal punto di vista teorico, da Marx, quando diede forma alla sua concezione verticistica ed autoritaria dei rapporti fra Stato ed economia, Stato ed organizzazione operaia. Stato e distribuzione del socialismo nella società. Il modello di capitalismo di Stato, che si è così costruito, al tempo di Lenin, mantenuto e rafforzato con Stalin ed è poi perdurato invariato, non consiste — continua Bahro — nella ricerca di un qualche profitto statale, ma di un obiettivo di potere politico. Lo sfruttamento rappresenta un fenomeno politico, cioè un riflesso della distribuzione del potere politico. La sua finalità non è economica. Così l'industrializzazione forzata ha racchiuso in sé, non utilizzate, grosse potenzialità economiche; e tutta la società rimane irrigidita, sotto il costo di una pesante sovrastruttura politica e burocratica. Il secondo filone d'indagini di Bahro riguarda il tema della divisione del lavoro. Poiché in Francesco Forte (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

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