Le isole abbandonate della laguna di Franco Giliberto
Le isole abbandonate della laguna Le isole abbandonate della laguna VENEZIA — «La motocicletta? Ma no figlio mio, se vuoi (e se sarai promosso) ti compero una barca a remi. Hai un'idea di quel che ci puoi fare con una barca tua nella Laguna di Venezia? Quando ero giovane io...». Il ragazzo dimostra sedici anni, suo padre quarantacinque. Discutono all'uscita della Scuola Grande di San Teodoro, dov'è allestita la mostra fotografica sulle isole abbandonate della laguna, com'erano e come sono. II ragazzo ha in mente una luccicante Suzuki, suo padre le immagini della propria gioventù, spesso in barca fra barene e isolotti, con la ragazza accanto, ma non su due ruote e a cavalcioni di una scomoda sella. La mostra appena visitata dà la stura ai bei ricordi dell'adulto, nel giovane stuzzica qualche semplice curiosità. Ma in questi giorni sta accadendo un fatto significativo: veneziani d'ogni età fanno ressa alla Scuola Grande di San Teodoro, a veder le duecento fotografie esposte; e il li¬ bro di 237 pagine, del quale l'esposizione è complemento, ha avuto vita effimera: esaurito in una settimana, gran numero di prenotazioni, ristampa in corso. Maurizio e Giorgio Crovato, fratelli veneziani che hanno realizzato le due iniziative, non avevano messo in preventivo questo successo. Sono lì, oggi, a chiedersene le ragioni. Ne hanno trovata almeno una: Torcello, Murano, San Giorgio, Burano, la celebratissima Venezia di San Marco e Rialto, sono negli occhi di tutti; ma chi conosce le tante, meravigliose isolette dell'estuario veneziano, che l'uomo ha abbandonato, saccheggiato, dimenticato, eppure sono ancora nella laguna, in rovina, a testimoniare d'un loro fascino struggente? Alfredo Borsato, presidente dell'Associazione Settemari che ha per obiettivo «la conservazione del modo di vivere delle genti lagunari e il perpetuarsi della venezianità», scrive nella presentazione del libro di Giorgio e Maurizio Crovato: «Noi, silenziosamente come nostro costume, con Giorgio, Maurizio e quanti altri vorranno mettersi sulla nostra scia, continueremo a tuffare i remi delle nostre barche in queste acque sacrificate alla civiltà della plastica e del detersivo, prigionieri del sogno di poter ritrovare un piccolo paradiso perduto: l'arcipelago chiamato Venezia». I veneziani hanno risposto con un incredibile interesse per libro e mostrati questo accorato appello, i più vergognandosi un po' di non aver saputo dell'esistenza di quelle isole a un tiro di schioppo dal campanil di San Marco. E c'è stata viva curiosità anche oltre confine: inviati di giornali stranieri a trarre resoconti, autorevoli membri dell'Unesco — in occasione di un loro incontro veneziano — a prenotare una mattinata nella Scuola Grande di San Teodoro per approfondire lo studio-denuncia sull'arcipelago chiamato Venezia. Alla ribalta della cronaca, ripescate dall'oblio in cui l'uomo le aveva cacciate, l'isola di San Secondo (quasi un ettaro e mezzo, con al centro una fortificazione militare in rovina); l'isola di Santo Spirito (due ettari e mezzo, già polveriera); l'isola di San Giorgio in Alga (un ettaro e trenta, già convento-fortificazione); l'isola di Poveglia (sette ettari, fino al 1968 sede di un ospedale per lungodegenti e ora abbandonata); Sant'Angelo della Polvere (mezzo ettaro, già polveriera); il Lazzaretto Vecchio (due ettari e mezzo, con impianti militari abbandonati nel '65); San Giacomo in Paludo (un ettaro, con sei edifici militari abbandonati nel 1964). E ancora la Certosa, le isole di Sant'Arian. La Cura, Saline, Buel del Lovo, Sant'Andrea: dove c'è speranza che, d'ora in poi, vandali e predatori lascino il passo a uomini di buona volontà per un'opera di ripristino. Franco Giliberto
Persone citate: Alfredo Borsato, Alga, Arian, Buel, Giorgio Crovato, Maurizio Crovato, Murano, Torcello
Luoghi citati: San Teodoro, Venezia
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