Quell'inamovibile Santo Patrono!
Quell'inamovibile Santo Patrono! Feste abolite e quelle privilegiate Quell'inamovibile Santo Patrono! Una giovane impiegata, in prova all'Ufficio Lavori del ministero delle poste e delle telecomunicazioni, sede di Torino, ha corso sabato un brutto rischio: se non ci fosse stato il telefono in funzione e se i pompieri non fossero subito intervenuti con gli strumenti adatti, quell'impiegata sarebbe molto probabilmente rimasta «prigioniera» fino a stamane, all'ora di riapertura dell'Ufficio. Che cosa era capitato? Ignara o dimentica che sabato a Torino la festa del santo patrono significava, per gli uffici statali, l'anticipo di un'ora rispetto alla normale chiusura, la giovane (si noti: non torinese, ma romana) si era intrattenuta a sbrigare le sue incombenze oltre l'orario della «giornata particolare», mentre i suoi colleghi se ne erano andati tutti al momento giusto, compreso il preposto all'operazione consistente nel girare la chiave dall'esterno. L'episodio, conclusosi fortunatamente con un abbastanza rapido lieto fine, presenta aspetti di così innegabile interesse da meritare una citazione non circoscritta alle semplici curiosità della cronaca cittadina. La prima considerazione che se ne potrebbe trarre sembrerebbe delle più amare. Verrebbe, infatti, spontaneo il pensare che, ancora una volta nella nostra Repubblica «fondata sul lavoro», come solennemente proclama il comma iniziale della Costituzione, è stata la dedizione al lavoro, e non il suo contrario, a far ricadere una sgradevole sorpresa sulle spalle di chi, nonostante tutto, continua a praticare questo valore civico di portata preminente. In realtà, la prima impressione che ne ho ricavato è stata di rasserenante, anche se un po' patetico, ottimismo. Dunque, persino al giorno d'oggi, può accadere che, in un caldo sabato estivo, ci siano dipendenti pubblici preoccupati del loro lavoro, al punto di dimenticare o trascurare resistenza di una circostanza occasionale che consentirebbe di tornarsene a casa prima dell'orario consueto. Qualcuno obietterà maliziosamente che, quando si tratta, come nel caso nostro, di un periodo di prova, Io zelo non è tanto fine a se stesso, quanto piuttosto un mezzo per meglio assicurarsi la stabilizzazione dell'agognato posto. Ma la replica non tarda a venire: come qualificare interessato, cioè dovuto a pura esibizione, uno zelo esercitato in un ambiente dove nessun'altra persona era rimasta presente, e, quindi, nella più completa solitudine? Un secondo luogo comune, di tipo qualunquistico e, perciò, corrosivo, può essere, almeno in parte, sfatato dall'episodio in questione. La pro¬ tagonista non giungeva da uno sperduto paesino del Veneto o del Piemonte, ma da Roma, cioè dalla città considerata l'emblema di un tipo di lavoro più che mai parsimonioso a livello pubblico, sempre centellinato nei suoi contenuti e continuamente eroso negli orari d'apertura e di chiusura. Ecco, dunque, questa impiegata romana portare con i fatti una patente smentita, che ovviamente non varrà a demolire l'immagine tradizionale, ma che altrettanto certamente varrà a far meditare sull'esistenza di eccezioni. Nemmeno qui mancherà l'obiezione maliziosa: d'accordo sulla provenienza romana della ragazza, però l'ambiente non era romano, bensì torinese. Nemmeno qui la controbiezione appare difficile: poiché gli altri se ne erano andati tutti, non è stato l'esempio a determinare il risultato, ma unicamente l'istinto personale. La spiegazione diventa, dunque, un'altra: a Roma non pochi funzionari pubblici lavorano al limite del sacrificio, magari per supplire alle carenze degli organici o al rendimento ridotto dei colleghi. Nessuno ne parla, nessuno li celebra, ma essi esistono, e la loro incidenza emerge indirettamente dal fatto che molti uffici, pur tra difficoltà e vuoti senza fine, riescono a sopravvivere evitando il tracollo. Piuttosto, il connotato romano della vicenda torinese può fornire un'altra chiave di spiegazione, in coincidenza con la buona volontà dell'interessata. Poiché l'anticipata chiusura d'orario di sabato scorso era una contingenza tipicamente locale, legata alla festività di S. Giovanni Battista, patrono di Torino, l'impiegata delle Poste, abituata a pensare a S. Pietro come patrono della sua città di origine, può non avervi fatto adeguato caso Tutto può essere sul piano psicologico, e ad un certo punto bisogna pur arrestarsi nella ricerca delle spinte emotive, per scendere invece nella concretezza dei problemi e sviscerarli sotto il profilo della loro rispondenza ai tempi, alla logica della vita associata e, ancor più, all? legalità. Questa faccenda della festività del santo patrono — soprattutto dopo la soppressione (o spostamento) di talune festività nazionali, civili e religiose, operata dalla discussa legge 5 marzo 1977, n. 54, apportatrice di numerose novità e di ancor più numerosi problemi sul terreno retributivo, organizzativo ecc. — è diventata ormai talmente anacronistea da esigere, al più presto, una soluzione in termini di assoluto superamento, qualora cadano in giorni feriali. Giovanni Conso
Persone citate: Giovanni Battista, Giovanni Conso, Santo Patrono
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