Oggi si inizia il processo al brigatista che ha "rinnegato,, il rapimento Moro
Oggi si inizia il processo al brigatista che ha "rinnegato,, il rapimento Moro Alessandria, dopo l'annullamento della prima condanna Oggi si inizia il processo al brigatista che ha "rinnegato,, il rapimento Moro ALESSANDRIA — Stamane si inizia un processo che rischia di essere scomodo per le Brigate rosse. L'imputato è Massimo Maraschi, 27 anni, lodigiano. Fino alla settimana scorsa era rinchiuso nel «supercarcere» di Cuneo. E' | accusato di strage, tentato omicidio, sequestro. E' la seconda volta che compare davanti alla corte d'assise di Alessandria. Era stato arrestato il 4 giugno del '75, a Canelli. L'aveva tradito un banale incidente automobilistico, poche ore dopo il rapimento dell'indu¬ striale Vallarino Gancia. Mentre era rinchiuso in cella di sicurezza, a pochi chilometri di distanza, alla cascina Spiotta di Arzello d'Acqui, scoppiava una piccola battaglia, a raffiche di mitra e lanci di bombe a mano. Alla fine, rimasero sul terreno, uccisi, Margherita Cagol, moglie di Renato Curcio, e l'appuntato dei carabinieri Giovanni D'Alfonso. Altri due militari furono feriti, uno in modo grave. Nella cascina, legato e imbavagliato, venne trovato l'industriale rapito poche ore prima. Illeso. Massimo Maraschi, accertata la sua appartenenza al nucleo delle Brigate rosse che aveva effettuato il seque stro, venne processato anche per strage e tentato omicidio. La corte d'assise di Alessandria lo giudicò colpevole, il 10 gennaio del '76, e lo condannò a 30 anni di reclusione. Fu una sentenza che suscitò stupore: Maraschi, al momento della battaglia nei pressi della cascina Spiotta, era già stato arrestato. Non partecipò quindi, materialmente, alla strage. Circa un mese dopo, il 9 marzo del '77, la corte d'assise d'appello di Torino annullò la sentenza: durante il primo processo era stata contestata un'aggravante mentre l'imputato non era in aula. Un cavillo giuridico, quindi, ma furono in molti a ritenere che la corte di Torino avesse voluto, in quel modo, annullare una sentenza che aveva destato parecchie perplessità. Stamane, dunque, si ricomincia da capo. Ma non è l'aspetto giuridico a richiamare l'attenzione su questo dibattimento. Il motivo è soprattutto politico. Massimo Maraschi, infatti, due mesi fa si è pubblicamente dissociato dai suoi ex compagni brigatisti. Era il primo caso di cui si veniva a conoscenza (anche se, probabilmente, non era l'unico). Maraschi, durante il periodo in cui l'on. Moro era stato rapito, scrisse e fece divulgare una serie di lettere in cui spiegava i motivi «politici» per cui non poteva più considerarsi un brigatista rosso. Massimo Maraschi, in sostanza, spiegò che la nuova strategia dei suoi ex compagni era «sbagliata» perché non teneva in alcun conto la pratica e le esigenze della lotta di massa. E' una critica comune a tutta la sinistra, ma che le Brigate rosse si sono viste rivolgere anche da altre «organizzazioni armate concorrenti». E' quasi certo che Maraschi abbia maturato questa decisione anche grazie alle discussioni e ai dibattiti politici con altri detenuti non brigatisti. Non è stato, quindi, un «tradimento». Secondo ogni apparenza, le Br non temono una «confessione». Nessun particolare sconosciuto dell'organizzazione dovrebbe essere rivelato. Il pericolo, per i brigatisti, è più sottile. Nel momento di maggior «successo» della loro guerra, un militante «della prima ora» si dissocia. Ne può essere intaccata l'immagine stessa dell'organizzazione. Una crepa nel muro finora compatto. Dipende da cosa Maraschi deciderà di fare e di dire. Durante l'altro processo non volle comparire in aula. Ora, il caso ha voluto che la sua presenza in tribunale coincida con la conclusione del processo a Curcio e compagni a Torino. Silvano Costanzo
Luoghi citati: Alessandria, Arzello D'acqui, Canelli, Cuneo, Torino
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