Andare in vacanza solo tra donne di Donata Gianeri

Andare in vacanza solo tra donne ANCHE LE ITALIANE SCOPRONO LE "FERIE SEPARATE Andare in vacanza solo tra donne Hanno cominciato le femministe, ora l'abitudine sembra diffondersi: ragazze partono in gruppo per riscoprire il piacere di stare insieme, di vedere il mondo insieme, al di fuori del rapporto abituale con il partner - "E' una sfida — commenta lo psicologo prof. Origlia —, ma il maschio la interpreta nel modo sbagliato come una provocazione" - Difficoltà e malintesi Quindici anni fa le svedesi conquistarono la libertà di vacanza: tre settimane di ferie pagate, da trascorrere dove gli pare e, quel che più conta, lontano dal partner, marito o amico che sia. Ai figli, pensa lo Stato. La Svezia, si sa, è un Paese altamente democratico. Soltanto da poco le italiane hanno cominciato a sentire il bisogno delle «vacanze separate », che all'inizio facevano aggrottare il ciglio ai benpensanti, non meno delle camere da letto separate: l'amore, da noi, si concepisce sempre a due piazze. Sono stati i coniugi di mezza età a dare il via: dopo anni di ferie marine imposte da lei che soffre d'asma, o dopo anni di montagna voluti da lui che adora camminare, hanno pensato fosse meglio dare a ciascuno dei due la possibilità di camminare e respirare dove gli garbasse, smettendo dì imporre all'altro i propri gusti. C'è tempo per farlo in città, quando l'estate ha chiuso i battenti. Creata la prima breccia nel muro tradizionale delle « vacanze insieme » sulle quali prosperano da anni le agenzìe di viaggi, ecco nascere le vacanze di gruppo, per sole donne. Han cominciato le femministe tre anni fa, scegliendo forse un po' avventatamente il luogo del debutto: Carloforte, in Sardegna. Lì, attorniate da maschi famelici e mugolanti, con cannocchiale e senza, si sono sdraiate nude sugli scogli per sottolineare con sfida la conquistata libertà di starsene da sole. Può sembrare strano che questa sorta di Risorgimento femminile abbia preso l'avvio proprio là, dove gli oscuri pregiudizi sono ancora radicati nel profondo: ma il rìschio, dicono, è galvanizzante nella guerra dei sessi. Dopodiché, sulla via dell' emancipazione estiva si sono buttate le giovanissime, assetate di qualcosa di nuovo e d'insolito, decise a uscire dalla routine. La voga delle vacanze tra donne è dilagata rapidamente, invadendo subito la «piccola pubblicità» dei settimanali femminili, dove han fatto la loro comparsa annunci di questo genere: « Studentessa cerca due o tre ragazze per viaggio in Gran Bretagna, dividendo spese», «coppia di amiche cerca ragazza diciotto-ventenne per trascorrere un mese in Grecia», ecc. Non ha importanza il livello sociale e culturale, il comun denominatore consistendo nell'essere donna e lo scopo quello di affrontare come gruppo di donne la vacanza, il mondo, i maschi. Dice lo psicologo Dino Origlia: « La vacanza fra ragazze è oggi la grande aspirazione delle giovani: dividere insieme le stesse esperienze, staccarsi dal rapporto abituale col partner, riscoprire un diverso piacere dello stare insieme, del vivere insieme, del dormire, truccarsi, intenerirsi, al limite scambiare anche il lin- guaggio del proprio corpo, al femminile. Ma soprattutto, significa riuscire a confrontarsi in gruppo con la violenza maschile, tenervi testa, uscendo magari furiose dallo scontro, ma sempre più sicure dei proprio sesso. La sfida, a livello di gruppo, è molto più palese: se la donna sola può apparire indifesa, per cui assalirla diventa subito uno stupro, una violenza, il gruppo di ragazze acquista un senso di baldanzosa provocazione, per i maschi. E' la tribù contro la tribù ». Lo scontro fra « tribù » ha inizio subito dopo la partenza: già sull'autostrada l'automobile gremita di donne attira gli uomini al volante come il drappo rosso attira il toro. E incomincia una specie di rodeo, che è tutto un susseguirsi dì sorpassi e frenate improvvise, commentati da colpi di clacson, fischi ammirativi, nonché gestacci osceni, inviti per niente larvati, frasi per niente galanti. Questo, avviene sotto il sole. Al calar delle tenebre le cose si complicano: se è in programma dormire nella macchina o sotto la tenda, bisogna imporsi i turni, quattro dormono e una veglia, facendo da sentinella al sonno delle altre, come usa nella giungla. Se si preferisce il motel, la situazione non migliora molto: i maschi fanno la fila davanti alla porta delle ragazze, bussano, tempestano, urlano sino alle ore piccole, come gattacci in amore. Dopo quest'entusiasmante avvio, si raggiunge finalmente la meta ed ha inizio l'agognata vacanza, da donne sole: e risulta subito palese che, in un mondo come il nostro, è pressoché impossibile escludere il maschio il quale, se non può collocarsi in primo piano, si impone categoricamente come sfondo. Perciò le ragazze vanno a visitare il museo con dietro un codazzo di maschi schiamazzanti, entrano in pizzeria ed ecco subito i maschi che circondano il tavolo, cercando di mettere le mani addosso, fanno i bagni di sole senza costume, ma con i tappi nelle orecchie per proteggersi i timpani dai richiami e ululati della tribù virile, in assetto di guerra. C'è da dire che, in questi casi, i maschi nostrani non hanno nulla da invidiare agli indiani apaches. Si aggiunga che i luoghi prescelti per affermare la propria libertà sono immutabilmente nel Deep South: queste ragazze in comitiva non vanno a fare i bagni nude in Jugoslavia, dove il nudo è di regola, ma a Donnalucata o a Punta delle Formiche, dove una donna in due pezzi fa già sensazione. In questo modo la guerra è più scoperta, l'impatto con la tracotanza maschile più duro. Ma che razza di vacanza sono, allora, queste vacanze per sole donne? «Vogliono essere anzitutto una sfida — prosegue Origlia — che il maschio recepisce, al solito, nel modo sbagliato: cioè non come desiderio da parte delle donne di starsene per conto proprio, ma come pretesto per eccitarlo, provocarlo sessualmente. E questo accade a tutti i livelli: mi raccontava una ragazza che, arrivato il gruppo in una città del Sud e non sapendo dove posteggiare la macchina, aveva chiesto aiuto a un vigile urbano: "Date le chiavi a me, signurì — si era offerto premuroso il vigile —, e ditemi dove alloggiate che la macchina ve la sistemo io". La mattina dopo il vigile cortese bussa alla porta delle ragazze: è in compagnia di due colleghi che grondano sorrisi. Dice: "Qui ci sono le chiavi, signuri, ma per averle dovete essere un po' gentili con noi". Da cui si deduce che la divisa non fa il vigile e il maschio è anzitutto un maschio. Non importa che sia più o meno colto, più o meno evoluto. I partners delle ragazze che si fanno le vacanze indipendenti e ai quali vengono raccontate al ritorno avventure spesso incresciose, hanno di solito le reazioni tipiche del maschio-protettore il cui orgoglio è stato ferito: "Ma come, ti vai a cercare le rogne e poi ti lamenti?". Oppure: "Dammi il nome e gli indirizzi di questi farabutti, che li andiamo a sprangare". Non è da escludere che in un impeto di eroismo partano davvero per la Sicilia: la spedizione dei Mille ». Così la donna capisce che non può mai fare i conti con se stessa, perché è sempre lui a tirare le somme e a volerla salvare dall'Orco. Senza neppure accorgersi che l'Orco, in definitiva, è lui. Allora? C'è ancora molto da fare; ma le vie della vacanza sono infinite. Donata Gianeri

Persone citate: Dino Origlia

Luoghi citati: Carloforte, Gran Bretagna, Grecia, Jugoslavia, Sardegna, Sicilia, Svezia