Dove fioriscono i pianoforti di Massimo Mila

Dove fioriscono i pianoforti HA 150 ANNI LA FABBRICA BOSENDORFER Dove fioriscono i pianoforti DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VIENNA — Nelle Festwochen di giugno, consacrate quest'anno in larga parte a Schubert, si sono inseriti i festeggiamenti per il centocinquantesimo anniversario della fabbrica di pianoforti Bosendorfer che ha invitato da tutto il mondo inten- ditori e giornalisti, a cui presen- ì ' lare le proprie manifatture e far- ! ne ascoltare i prodotti in alcuni concerti d'alto rango, tenuti da Badura Skoda, da Jòrg Demus, da Walter Klien e dal giovane Gerhard Oppitz nelle classiche sale del Musik-Verein. Se vogliamo credere che gli strumenti si producono là dove fiorisce la musica, questo è proprio il caso. Beethoven era morto da un anno, Schubert moriva allora, il pianoforte aveva finalmente vinto la sua lunga guerra col clavicembalo; spuntavano i geni precoci di Chopin, di Schumann, di Liszt, c'era lì un mare di bella musica pianistica per l'esibizione dei virtuosi e per il piacere dei dilettanti. Quale idea migliore che fornire il mezzo per esplicarla? Così deve aver pensato il giovane viennese Ignaz Bosendorfer, che dopo aver fatto alcuni anni di pratica presso il celebre Brodmann, decise di mettersi in proprio e nel 1828 ottenne l'imperial-regio brevetto per aprire una fabbrica di pianoforti. In quel tempo il giovane Liszt faceva strage di pianoforti. Un pianoforte Bosendorfer gli resistette: fu la fortuna del giovane industriale e l'inizio d'una lunga, indefettibile amicizia. Succeduto al padre nel 1859, il giovane Ludwig Bosendorfer portò la fabbrica a dimensioni e fortune eccezionali, aprendo tra l'altro una sala di concerti, che fu inaugurata nel 1872 da Hans von Bulow ed ebbe quaranTanni di vita gloriosa. La produzione cresceva, raggiungendo un tetto di 434 strumenti nel 1913. La prima guerra mondiale la fece scendere a 136. Peggio fecero la sconfitta e la crisi: nel 1933 si scese a 40, e! nel 1945 si toccò il punto più basso, con 11 strumenti. Èra morto nel 1919 Ludwig Bosendorfer, personaggio tipico d'una vecchia Vienna che moriva con lui. Subentrarono nella ditta i fratelli Hutterstrasser, e dal 1966 l'ingresso di capitale americano della Kimball salvò la situazione che stagnava sui 100 strumenti all'anno. Nel 1973 si aprì una seconda fabbrica a Wiener Neustadt, nel 1977 la produzione raggiunse il record di 523 strumenti, e quest'anno Io batterà con oltre seicento. Da circa trent'anni la Bosendorfer non fabbrica più strumenti verticali, ma solo due tipi di mezza coda e due a gran coda, cui si è aggiunto da poco il modello Imperiai, la nave ammiraglia della casa, un pianoforte inaudito, lungo due metri e novanta, largo uno e concerti suddetti. Ma va riconosciuto che |òrg Demus seppe ì estrarne un maestoso volume di ' suono, ben proporzionato, nel Preludio Corale e Fuga di Franck. La Bosendorfer si vanta d'avere mantenuto una lavorazione totalmente artigianale: una volta ricevuta la scocca metallica dalla Cecoslovacchia, i tasti dall'Inghilterra, e il legno dalle foreste austriache e jugoslave, le fasi della fabbricazione si svolgono interamente a mano, ad opera di maestranze addestrate in un'apposita scuola. Una visita alla fabbrica di Wiener Neustadt, a 55 chilometri da Vienna, lascia di stucco chi credeva che i pianoforti si fabbricassero ormai in serie come te automo¬ ! sessantotto, con otto ottave, cioè , nove tasti in più (al grave) d'o-1 gni altro pianoforte. E' uno strumento poderoso e pericolo- so, che invita i virtuosi ad abusi di sonorità, come si ebbe modo 1 di constatare in qualcuno dei, bili. Ho visto coi miei occhi un artigiano posare un regolo di le gno sopra un asse già inserito nel pianoforte, tirare due segni con una matita, poi dar di pi glio a una sega a mano e far ca dere i due blocchetti eccedenti. Altri lavorano di pialla, di sgorbia, di coltelli taglientissimi. La collocazione e tensione delle corde è oggetto di minuziose operazioni di calibratura. V'è chi, collocando e spostando piccoli pesi lungo ogni tasto, ne trova la posizione di equilibrio perfetto. Un altro sottopone ai tasti i tondini di sostegno in carta compressa, giudicando personalmente, al tocco, di quanti foglietti debbano essere spessi. Altri punzecchiano con spunzoni il feltro dei martelletti, per portarli alla giusta consistenza (è quello che fa spesso Benedetti Michelangeli prima dei concerti). L'apparente casualità delle operazioni è impressionante: tutto è affidato alla perizia arti¬ gianale dell'individuo. Nasce il sospetto che quel che c'è di più aleatorio nella musica non siano le composizioni d'avanguardia, ma i pianoforti. Il direttore dell'azienda, dottor Lemell, mi conferma che non esistono due pianoforti uguali. Mentre — vien fatto di pensare — di pianisti uguali come due gocce d'acqua ce ne sono tanti e i concorsi ne sfornano ogni anno dozzine, dalle grandi scuole d'America, d'Europa e dell'Unione Sovietica. Non sarebbe male che tutti visitassero almeno una volta una fabbrica di pianoforti, e constatassero quante operazioni individuali di altissima precisione sono necessarie perché un vanitoso pianista possa sedersi davanti ai 97 tasti dell'Imperiai e, dopo essersi aggiustati i polsini e le maniche del frack, cominci a farci volare le mani bene addestrate e a percuoterne con vigore i bassi rimbombanti come cannonate. Massimo Mila

Luoghi citati: America, Cecoslovacchia, Europa, Inghilterra, Unione Sovietica, Vienna, Wiener Neustadt