Quali condizioni e prospettive per la cultura ebraica in Urss di Lia Wainstein

Quali condizioni e prospettive per la cultura ebraica in Urss Convegno su antisemitismo e antisionismo Quali condizioni e prospettive per la cultura ebraica in Urss ROMA — Gli aspetti salienti della situazione degli ebrei nell'Urss dopo i processi di Leningrado (1970) e la Conferenza di Helsinki (1975) sono stati discussi lunedì nel corso di un convegno organizzato da Oreste Bisazza Terracini (presidente dell'Associazione internazionale dei giuristi ebrei, sezione italiana) nella Sala Borromini, in cui spiccavano alcune significative caricature antisemite tratte da riviste e giornali sovietici. Dopo l'introduzione del presidente, che ha ricordato la campagna antisionista svolta in Russia negli ultimi anni, e la regolare pubblicazione di testi antisemiti (oltre 190 dal 1967 al 1977) ha parlato il noto biologo Ilja blazer, giunto da Israele, dove risiede da tre mesi. Glazer, che a Mosca aveva insegnato all'Università e lavorato all'Istituto psichiatrico dell'Accademia delle scienze, diretto da Sneznevskij, autore di uno studio sulla non validità psichica della nazione ebraica, nel 1972 chiese ma non ottenne un visto per emigrare in Israele. In seguito ad una lettera di protesta, mandata al Soviet supremo, Glazer venne accusato di propaganda antisovietica e condannato a tre anni di lager e tre anni di confino. A differenza dell'antisemitismo esplicito, praticato dagli zar — spiega ora Glazer — nessun articolo della Costituzione sovietica si può considerare antisemita e la stessa propaganda razzista è vietata. La distruzione sistematica della intera cultura ebraica, intrapresa dalle autorità sin dagli Anni Trenta, e i «fatti extralegali», le discriminazioni, costituiscono in sostanza «un'arma di assimilazione», un mezzo per costringere gli ebrei (come altri popoli non russi) a imboccare quest'unica via. A tale programma, cui gli ebrei hanno reagito con una presa di coscienza della pro¬ pria nazionalità, si oppone una spinta proveniente dal basso, provocata dall'antisemitismo tradizionale e dalla diffusa, generica xenofobia. Glazer conchiude appellandosi alla solidarietà dell'opinione pubblica e degli intellettuali italiani per i suoi amici Ida Nudel e Vladimir Slepak, due ebrei sovietici condannati in questi giorni a cinque anni di confino ciascuno. Le opinioni di studiosi e uomini politici italiani sono state espresse ad una tavola rotonda, tenuta nel pomeriggio. Concentrandosi su di un solo tema — la situazione degli ebrei nell'Urss dopo le conferenze di Helsinki e di Belgrado — l'on. Gonella pone in rilievo come l'Atto finale firmato dalle 55 nazioni partecipanti al primo incontro non abbia propriamente il valore di un trattato internazionale (nel qual caso si sarebbe dovuto registrare nella Raccolta dei trattati dell'Onu) ma convalida piuttosto uno status quo. Un fatto che poi, con piena soddisfazione dell'Unione sovietica, si ripetè a Belgrado, «dove non si intendeva né condannare né umiliare nessuno». Rimane da vedere come andranno le cose alla conferenza che avrà luogo a Madrid tra due anni. Intanto, prendendo lo spunto dalla recente condanna del mondo occidentale, formulata da Solzenicyn nel suo discorso all'Università di Harvard, Gonella indica un problema generale da risolvere, quello di «rendere la nostra civiltà più degna di essere un modello». Nei tre interventi che seguono predomina l'analisi delle cause dell'antisemitismo sovietico. Ruggero Orlando e Umberto Terracini concordano nell'attribuire in parte il fenomeno alla vittoria di Stalin sui suoi nemici Trotzky, Kamenev e Zinoviev, che tutti erano ebrei. Orlando rievoca inoltre la polemica contro Dìo e i rabbini fatta da Carlo Marx nel¬ l'intento di liberare gli ebrei dalla loro identità ebraica. Secondo il senatore Terracini, si possono distinguere tre successivi atteggiamenti ostili: l'antiebraismo, in cui gli ebrei erano considerati i nemici della società cristiana, l'antisemitismo (termine improprio, data l'esistenza di altri popoli semiti) e quindi Vantisionismo. Le due ultime tendenze appaiono in contrasto sia con i diritti concessi agli ebrei dalle rivoluzioni di febbraio e d'ottobre, sia con la fondazione, nel 1930, della Regione autonoma ebraica del Birobidzan (dove però nel 1948 confluirono solo trentamila ebrei, una cifra massima, ora notevolmente diminuita). Se una volta causa delle persecuzioni furono le lotte, gli odii e i dissidi interni tra i bolscevichi, negli ultimi anni, prosegue Terracini, i dirigenti, malgrado la mancanza di ogni misura specifica, pur riescono a colpire gli ebrei, esponendoli alle repressioni previste dalle leggi sovietiche, per esempio privandoli del lavoro (in seguito alla richiesta del visto di espatrio) e poi accusandoli di «parassitismo». L'interpretazione del professor Edoardo Vitta si fonda invece su motivi antichi. «Gli ebrei sono stati e sono distruttori di idoli», il loro monoteismo è in pieno conflitto con lo Stato totalitario, la statolatria e tutte le altre forme di idoli, dalle statue degli imperatori romani all'impero autocratico degli zar e ai miti nazisti. Quest'opposizione tradizionale, sempre seguita da repressioni, ha tuttavia assunto ora un aspetto più sconcertante nell'Urss, in quanto, fa osservare Vitta, qui si palesa la discrepanza tra la Costituzione, diventata, dal primo testo (1924) all'ultimo (1977) via via più rispettosa dei diritti dell'uomo, e l'effettivo comportamento discriminatorio delle autorità. Lia Wainstein