Per Kempes un ritorno a casa in trionfo

Per Kempes un ritorno a casa in trionfo Festa in Argentina, per dimenticare la realtà dolorosa del futuro Per Kempes un ritorno a casa in trionfo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BUENOS AIRES — Accolto come un trionfatore, osannato, venerato come una reliquia, Mario Alberto Kempes è tornato fra gli applausi e le bandiere nella città di Bell Ville, una manciata di chilometri da Cordoba, dove l'eroe dell'Argentina è nato 23 anni fa. E' stata una festa Incredibile. Raccontano le cronache che Mario Alberto Kempes è ritornato al suo popolo proprio quando l'orologio della chiesa segnava le 20 e le calli impazzivano di gioia in una serata grigia, ma Illuminata da fuochi e colori infiniti. Per compiere i sedici isolati che separano l'Ingresso della città dal centro, racconta sempre l'anonimo cronista, Mario Alberto Kempes ha Impiegato più di due ore e mezzo. Attorno 11 popolo In delirio, le bandiere delle località vicine come Cruz Alta e Montes de Oca, gli alberi dipinti di biancazzurro, l'Immenso applauso della sua città. Poi Mario Alberto Kempes à stato accolto dal sindaco di Bell Ville, Gabriel Fernandez, rosso di eccitazione e di gioia. E dopo, sul balcone, c'è stata l'unione dell'eroe e della sua gente: «Non merito tanto », ha detto lui cor. la voce rotta d'emozione e a questo punto il cronista argentino, testimone oculare del grande avvenimento, tace rispettoso e ripone la penna. Anche su Mario Alberto Kempes, protagonista della finalissima del Rlver, è scesa la retorica del trionfo. Le sue parole sono oro. I suoi gesti sono l'impronta e il segno del conquistatore, le sue emozioni di ragazzo felice sono l'orgoglio e la grandezza dell'Argentina. Uno ritorna nella città dove è nato e subito 11 viaggio viene descritto col toni reboanti dell'avventura epica, l'uomo diventa eroe, il mito cresce a dismisura, ed il giocatore è portatore e interprete di valori che trascendono il calcio. Ma oggi, In Argentina, non è possibile altro. Continua la festa nelle calli di Buenos Aires, In un cielo cupo di pioggia, In una città che vede attimo dopo attimo fuggire via il suo mondiale e la sua gloria. Le squadre, anche l'Olanda avversaria nell'ultima partita di fuoco del Rlver, hanno lasciato l'Argentina e le gare, le tensioni, le emozioni del campo, sembrano già lontane. Buenos Aires si aggrappa agli ultimi ricordi e scende per le strade a sventolare le sue bandiere mentre la gente, ormai sempre più spesso, porta negli occhi la preoccupazione del dopo, la coscienza del problemi che l'organizzazione del mondiale e Il trionfo hanno saputo nascondere soltanto per il breve spazio di un mese. La città freme ancora di passione, ma non si assiste più, come la notte di delirio della partita, all'Immensa festa di popolo che ha portato in piazza per un incontro collettivo più di sei milioni di persone. Ci sono cortei, scoppi improvvisi di tifo, gruppi dispersi di persone che cercano l'unità nella gioia, momentanee occupazioni della piazza, ma si ha l'impressione che la città dopo l'esemplo di follia della notte del River si sia un po' stancata delle proprie illusioni. Ancora ieri, nell'Avenida Corrlentes sconvolta dal tifo, la gente stava in coda all'entrata dei cinema che offrono la ripetizione delle partite su schermo gigante a colori. Giovani vestiti di blancazzurro, bandiere e tamburi, aspettavano pazienti il loro turno per rivedere i gol del trionfo di Kempes, per dimenticare per altre due ore la realtà dolorosa del futuro. « Sono due anni che vivevamo per II mondiale, e adesso che se n'è andato troppo In fretta abbiamo davanti solo II buio », diceva un ragazzo di Cordoba mentre nella sala stampa ci si diceva addio dopo la partita fra Austria e Germania, e I ragazzi di Buenos Aires, allo stesso modo, cercano di dilatare il momento del trionfo e allontanare la fine di tutto attraverso le immagini ripetute di una realtà già vissuta. Ma oggi anche I cinema di Corrlentes attirano poche persone, non c'è più la fila lunga sul marciapiede e I negozi di dischi non regalano più ad alta voce la registrazione del gol del mondiale, quell'urlo di gioia senza fine che ha accompagnato alla radio ogni pallone in rete dell'Argentina campione. Davanti alla Casa Ro- sada, sede del governo, si sono radunati In mattinata le delegazioni studentesche. Un movimento spontaneo, dicono i solerti cronisti, che ha richiesto a lungo una parola dal presidente, generale Forge Rafael Videla. Emozionato ed ovviamente soddisfatto del consensi raccolti, Il generale Videla ha parlato al giovani mentre un cartello, giù in mezzo alla folla, invitava il popolo argentino a non ammainare le bandiere: > Questo è un giorno di allegria — ha detto il Presidente — però la torma migliore per dimostrare questa allegria è il ritorno al lavoro. Lo studio per voi, il governo per noi, la fabbrica per gli operai. Solo così si può realizzare il bene del Paese ». Poi il generale Videla ha aggiunto di sentirsi orgoglioso per la dimostrazione di attaccamento alla patria e alla bandiera da parte della gioventù di Buenos Aires In questi ultimi giorni ed è sceso sulla piazza a stringere mille mani e a ricevere, anche lui come Kempes, I giusti applausi per aver saputo giocare cosi bene la sua partita, vale a dire la trasformazione di un fatto sportivo In propaganda politica. In sala stampa, più tardi, ha parlato di libertà di stampa e di funzione del giornalista. I giocatori, ieri, non hanno invece rilasciato interviste. Gli eroi riposano nell'Intimità delle loro famiglie, solo Cesar Luis Menotti si è rimesso al lavoro davanti alla macchina da scrivere. Dopo gli articoli quasi quotidiani pubblicati su un giornale di Buenos Aires, il responsabile tecnico dell'Argentina sta dando alle stampe addirittura un libro dal titolo « Come abbiamo vinto il mondiale ». Il materiale era già preparato in precedenza e Cesar Luis Menotti dovrà scrivere solo l'ultimo capitolo, quello del trionfo contro l'Olanda di Neeskens nella finalissima del River. Lo strano è che tutto fosse pronto da tempo. Evidentemente l'Argentina, questo campionato del mondo, doveva vincerlo a tutti i costi. Carlo Coscia