Rivincita del concreto sui "massimi sistemi,, di Vittorio Zucconi

Rivincita del concreto sui "massimi sistemi,, Sorprese elettorali: perché stupirsi? Rivincita del concreto sui "massimi sistemi,, ROMA — Un'altra elezione, un'altra «sorpresa»: il dossier dei comportamenti elettorali «anomali» si arricchisce ancora di un altro episodio. Dal voto sul divorzio, nel '74, ad oggi non v'è stata consultazione politica o regionale, comunale o referendaria che non abbia veduto, il mattino del giorno dopo, politici ed osservatori posti dinanzi a qualche imprevisto. Il sospetto che tra i partiti e gli elettori, tra i «professionals» della politica e i «dilettanti» chiamati alle urne ci siano ormai difetti di sintonia, cresce giustificatamente. E' ovvio che in democrazia, gli elettori hanno ragione e tutti gli altri no. Se c'è una discrepanza fra le previsioni e i voti, se le analisi non riescono — o riescono male — a razionalizzare i fatti, l'errore va cercato fra le prime e non fra i votanti. Sono concetti talmente lapalissiani, da venire ignorati quasi sempre alla vigilia. « Tutti i partiti hanno sottolineato nella campagna — scriveva un quotidiano sabato scorso — il carattere politico-nazionale di queste elezioni. E osservava ieri lo stesso giornale allarmato dopo i risultati: « Qui sono di preminente interesse problemi che non hanno riscontro nel resto del Paese». Tutti i commentatori e gli uomini politici dopo aver insistito sul valore nazionale del voto alla vigilia, addirittura un possibile test per il Quirinale, scoprono a cose fatte la «componente locale». Si è tentati di concludere che il vero «allarme» che viene dal Friuli, dalla Valle d'Aosta, dal Sud e dal Nord riguarda non la democrazia italiana, ma la nostra capacità di vedere con realismo l'umore di chi legge, e di chi elegge. Il punto sta probabilmente — tentiamo anche noi una interpretazione ragionata — in un'evoluzione dell'elettorato comune ormai a molte delle democra- zie avanzate e che gli operatori politici, stentano a rilevare per il peso di condizionamenti accumulati in anni di attività. I giornali americani hanno messo in rilievo, dopo una clamorosa e sorprendente autoriduzione delle tasse decisa da un referendum in California, che i cittadini sembrano privilegiare « il concreto sull'astratto », il « vicino sul lontano », « l'immediato sul futuro». In Francia è stato detto che il fiasco della «gauche» nacque anche dalla fumosità dei programmi economici che promettevano per un mondo migliore di là da venire, una probabile accelerazione di prezzi e tasse subito. I vecchi esorcisimi, che tennero in ansia una generazione (il più severo di tutti è «qualunquismo») sembrano aver perso efficacia sui nuovi elettori cresciuti in altro clima, senza conoscere il «torchio» di Giannini. E mentre i più anziani, memori del fascismo, sono sensibili ai messaggi di grande portata che servono a dare il senso di una ampia pluralità, dunque di libertà dopo la tirannia, i più giovani sono nati fra le parole già libere e quindi danno ai fatti pregio più alto. Se i più estremisti di loro chiedono «tutto e subito», i meno folli almeno vogliono «qualcosa, al più presto». Esiste, e lo abbiamo visto e rivisto, una fascia ormai consistente di elettorato incerto, capace di coagularsi secondo scelte momentanee. L'elemento che lo attrae può essere qualunque cosa, la grande tragedia o il problema linguistico, una questione di tasse o di confini. Se la Val d'Aosta o il Friuli Venezia Giulia premiano i «localisti» sopra i « nazionalisti » esprimono però anche, magari confusamente, un desiderio di amministrazione concreta e di cose vere. II messaggio che ne viene è talmente semplice che molti si ostinano a volerlo rifiutare: nel votare per gli amministratori della loro Regione molte persone pensano ormai anche ai problemi di casa e non solo ai massimi principi importati da Roma dai grandi leaders. Questo non rappresenta, in sé, necessariamente, un fatto «inquietante» o motivo di allarme. Al contrario può indicare ancora embrionalmente, che la opinione pubblica italiana sta uscendo dal mare delle parole e cerca di dirigersi verso le isole delle cose concrete. Ma se i partiti restano ancorati ai grandi appelli generici e non si misurano coi malumori reali e i bisogni immediati dei cittadini, si alleano oggettivamente ai demagoghi del caso. Il fastidio per le parole e le formule astratte, per i giochi misteriosi dei «Palazzi» romani è un fatto che noi tutti giornalisti e politici, avvertiamo da tempo crescere nel Paese. E sorprende per ciò molto che con toni arroganti taluni politici dicano oggi che nelle regioni hanno giocato «fattori locali», come se gli aostani, i triestini o i friulani non dovessero occuparsi, votando per il consiglio della Regione in cui vivono, anche e sopratutto degli affari loro. Visto il successo del movimento anti-tasse in Usa, i politici americani stanno tutti cercando ora di cavalcare la tigre del malcontento, studiando riduzioni fiscali ragionevoli. Un modo opportunistico per restare a galla, ma anche la confessione che un amministratore non può ignorare la voce degli amministrati se suona in toni sgraditi. Il vero allarme che è squillato ieri, come squillò ai referendum e alle altre «locali», sta dunque più nelle analisi che nei voti espressi perché la stessa tendenza che vi si è vista è destinata a tradursi nelle politiche nazionali e a causare nuove « sorprese » per chi insiste ad applicare schemi e analisi superati. Nel distacco fra istituzioni e cittadini, che alcuni intravedono (come Armando Cossutta) non è detto che siano stati i cittadini ad aver fatto il primo passo e accusarli di qualunquismo non servirà a riportarli nella «vecchia casa». Vittorio Zucconi

Persone citate: Armando Cossutta, Giannini

Luoghi citati: California, Francia, Friuli, Roma, Usa, Val D'aosta, Valle D'aosta, Venezia Giulia