Due messaggi di Tito alla Lega non allineamento, autogestione di Frane Barbieri

Due messaggi di Tito alla Lega non allineamento, autogestione A conclusione del congresso dei comunisti jugoslavi Due messaggi di Tito alla Lega non allineamento, autogestione DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BELGRADO — Tito ha fatto un accenno alla sua età appena nell'ultima frase pronunciata al Congresso. E' successo quando ha voluto ringraziare i congressisti per aver inserito nel nuovo statuto una clausola, secondo la quale Tito viene filetto presidente della Lega comunista senza alcuna limitazione nella durata del mandato (i futuri presidenti potranno invece essere eletti al massimo due volte per quattro anni). L'eccezione è stata fatta, come ha spiegato uno dei capi storici, Stambolic, in omaggio all'uomo il quale, creando il partito e la nuova Jugoslavia, ha « non soltanto risposto alle sfide del tempo, ma è stato a sua volta anche una sfida al tempo ». Tito ha risposto: « Prometto di far tutto quanto sarà nelle mie possibilità fìsiche. Mi commuove questa fiducia fino al punto di pensare come sarei contento se potessi lavorare ancora per cinquant'anni ». E' stato l'unico riferimento alla possibilità che ai successivi congressi egli non sia più presente. Tuttavia, nemmeno questo aveva toni testamentari. L'ottantaseienne presidente ha chiuso le assise con un discorso secco e operativo, di critica e d'incitamento: « Ora bisogna tradurre tutte queste parole in atti e fatti». Sembrava che chiudesse una riunione di lavoro, evitando ogni accento euforico o patetico. Voleva che fosse fino alla fine un congresso normale del partito titoista, che deve rimanere tale con e senza il suo artefice ed ispiratore. I suoi messaggi sono due. Nel Paese: rafforzare l'autogestione e sviluppare ancora il sistema della democrazia socialista sbarrando il passo al burocratismo, pericolo principale della democrazia autogestionaria: «Anche alle minacce esterne contro la nostra libertà ed indipendenza, potremo resistere sviluppando il sistema dell'autogestione ». Nel mondo: « Le speranze, appena destate, dell'umanità di poter avviarsi verso una pace stabile, sono oggi deluse per le nuove tensioni, conflitti e guerre, purtroppo anche fra i Paesi non allineati. Dobbiamo far tutto purché non si arrivi al peggio. L'unica strada è quella della distensione e del non allineamento ». Subito dopo il discorso conclusivo, Tito ha presieduto la prima riunione del comitato centrale neoeletto (157 membri, in rappresentanza paritetica delle sei Repubbliche). Da qui è scaturita anche la nuova presidenza della Lega; 24 membri 2 per ogni Repubblica, uno per ogni regione autonoma ed uno per l'esercito, con in più tutti i presidenti dei partiti repubbli cani e regionali. Composta dai rappresentanti di tutte e tre le generazioni della rivoluzione, la presidenza, organo più autorevole della Lega, dovrebbe fin d'ora funzionare in modo da potersi preparare alla gestics del periodo più delicato del ìamoso « dopo-Tito ». Per quel momento, nel regolamento interno della presidenza, è già previsto come si procederà all'elezione del nuovo presidente, il quale non avrà tutti i poteri di Tito, essendo più legato alle decisioni della presidenza stessa. Inoltre si prevede, per un primo momento, la scelta, nel quadro della presidenza, di un organo più ristretto e investito di poteri superiori, su mandato della presidenza e da essa controllato. Sarà l'effettivo « direttorio » che dovrà riempire il vuoto creatosi nel momento della scomparsa del presidente. Questi regolamenti rimangono per ora congelati nei forzieri. Tito presidente acquista in questo momento al suo fianco un dirigente investito di grossi poteri esecutivi: è il segretario unico della presidenza. Carica nuova, appena istituita, in cui si è voluto sottolineare la dipendenza del dirigente esecutivo dalla presidenza stessa (a differenza dei segretari generali, molto più autonomi). A esercitarla è stato eletto Stane Dolane, l'attuale segretario dell'Esecutivo, insieme a Kardelj, rappresentante della Slovenia nel massimo organo. Un esecutivo vero e proprio non esiste più. Viene sostituito da una segreteria, composta da nove dirigenti minori i quali, pur essendo membri del comitato centrale, non possono essere membri delle presidenze. Ciò non toglie che la segreteria, da connotati tecnico-esecutivi, non acquisterà, nella prassi e nell'azione quotidiana, un'importanza politica superiore. Anche perché a capeggiarla sarà sempre Dolane, l'uomo emergente. Il nuovo segretario ha parlato durante la seduta conclusiva, prima di Tito. Lapidario ed essenziale, ha esternato anche in questa occasione le sue doti di uomo d'azione, che parla anche bene, ma non spreca le parole. Non ha detto cose nuove, ma ha tracciato sinteticamente le coordinate sulle quali si muoverà la Lega. La meta finale: « Una società senza classi e senza lo Stato, senza la necessità di un mantenimento costrittivo dei rapporti sociali». Di fronte a questa utopia, la società jugoslava di oggi comprende una « molteplicità d'interessi». Lo scopo del sistema dell'autogestione non è quello di sopprimerli, in quanto « il riconoscimento delle libertà dell'uomo-lavoratore non è possibile senza il riconoscimento del suo diritto di lottare per il pro- prio interesse». Perciò quella jugoslava è una società articolata sul « pluralismo degli interessi ». Nel caso contrario, ricadrebbe nello statalismo, il quale blocca la libera espressione degli interessi diversi: li sopprime, mentre l'autogestione cerca di comporli democraticamente. E' una via ed un concetto del socialismo autoctono, per cui, sottolinea Dolane, « ci sentiamo responsabili e rendiamo conto soltanto alla nostra classe operaia ed alla nostra nazione ». Gli jugoslavi, ha proseguito il nuovo segretario della Lega, non accettano e non riconoscono modelli universali, respin¬ gendo i tentativi di chi cerca di proclamarli e di imporli. Prendendo le leve dell'organizzazione della Lega, Dolane ha voluto ribadire che le linee direttrici della sua azione sono tutte fissate nell'ultimo saggio teorico di Kardelj, acquisito come documento ufficiale del partito. Un prolungato applauso del congresso ha sigillato la posizione carismatica dell'ideologo del titoismo, oggi senza dubbio riconosciuto come il numero due della Federazione jugoslava. Tentando un primo giudizio a caldo sul congresso appena concluso, in cui sono intervenuti circa cinquecento oratori, si potrebbe dire che è stato il meno teso e il meno euforico fra quelli della Lega dei comunisti jugoslavi (in quanto i precedenti erano stati segnati dai conflitti con Mosca o dai contrasti interni); inoltre, che è stato il primo a trattare i problemi dell'autogestione come di una realtà già esistente e funzionante e non di un progetto utopistico; infine, che ha riassunto e riaffermato i capisaldi del « revisionismo » jugoslavo, rassicurando tutti, all'estero e nel Paese, se ce n'era bisogno, che la Jugoslavia è ben decisa a rimanere titoista, durante e dopo Tito. Frane Barbieri Belgrado. Il presidente Tito pronuncia il discorso di chiusura dell'XI congresso

Persone citate: Stambolic

Luoghi citati: Belgrado, Jugoslavia, Mosca, Repubbliche, Slovenia