L'industrial design, quel qualcosa in più che fa vendere i prodotti "made in Italy,,

L'industrial design, quel qualcosa in più che fa vendere i prodotti "made in Italy,, Convegno a Torino con Dorfles, Pininfarina, Lonardi L'industrial design, quel qualcosa in più che fa vendere i prodotti "made in Italy,, TORINO — La locuzione inglese «industriai design», letteralmente è facilmente traducibile in italiano, ma nel linguaggio moderno ha assunto il significato particolare di «progettazione di manufatti (o strumenti, apparecchi, oggetti d'uso) da prodursi industrialmente in serie». Per gli specialisti, questo concetto generico assume tuttavia una connotazione più precisa e al tempo stesso più larga: il progetto di un bene strumentale che, nel rispetto di alcuni punti fermi (la funzionalità, la scelta dei materiali, la coerenza con l'immagine del prodotto), sia in grado di mediarli con la fantasia creativa e con un sicuro apporto culturale. Qualcuno sintetizza: «il bello-utile», la «forma-funzione». Sono forse concetti da iniziati. Per chiarirne il senso, tuttavia, è sufficiente guardarsi attorno, ossevare le vetrine di un negozio di mobili, o di elettrodomestici, una macchina per scrivere, un televisore (ma anche, fortunatamente, gli scaffali di casalinghi in un grande magazzino) e, con maggiore immediatezza visiva, le automobili delle ultime generazioni. Ciascun oggetto ha il suo scopo, la sua funzione, ma se è anche esteticamente piacevole risulta più accetto al pubblico. Può sembrare un semplice meccanismo consumistico, ma in realtà il discorso è più articolato, an¬ che se si tratta in fondo dell'ultimo anello del processo produzione-mercato, peraltro insopprimibile nelle società altamente industrializzate. A questo punto occorre introdurre un dato di fatto importante per il prestigio del nostro paese, un prestigio che si traduce in preciso controvalore economico: la popolarità del design italiano nel mondo. Il «made in Italy», il buon gusto dei prodotti italiani (moda compresa), la «linea italiana» delle automobili (una linea che è stata anche concettualmente esportata) da quasi trent'anni sono all'estero definizioni qualificanti per quella certa capacità di esprimere valori creativi, estetici, tradizionalmente inseriti nella cultura e, originariamente, nell'artigianato italiano. Su questo tema, individuato con la formulazione «Industriai design; un fattore di competitività del prodotto italiano», si è tenuta al Museo dell'automobile di Torino una giornata di studio, promossa dal Club dirìgenti vendite e marketing, sotto gli auspici di varie aziende ed enti, fra cui l'Unione Industriale di Torino, l'Anfia, l'Associazione per il disegno industriale, l'Associazione tecnica dell'automobile. Moderatore il dott. Giuliano Lonardi, direttore marketing e sviluppo del settore automobili Fiat, ha introdotto ai lavori l'ing. Sergio Pininfarina, vice presidente dell'Unione industriale e presidente dell'omonima carrozzeria. Non è facile condensare la serie di relazioni e di interventi che si sono susseguiti sull'argomento: la problematica è vastissima e di natura tale da far indulgere a considerazioni sovente teoriche in un linguaggio da addetti ai lavori. Tanto che il nocciolo del tema è stato appena sfiorato, mentre si è avuto un vasto approfondimento sui non sempre agevoli rapporti fra la figura dell'industriai designer e gli imprenditori, soprattutto piccoli e medi, una collaborazione che la crisi economica ha allentato mentre avrebbe dovuto essere il contrario: «Il buon design — ha detto l'architetto milanese Enzo Mari — è quello che fa vendere, ma soprattutto nei tempi lunghi», soffermandosi poi sulla necessità per il futuro di produrre e vendere tecnologie applicate al design. L'argomento della competitività dei prodotti italiani nei mercati mondiali è stato comunque affrontato da Pininfarina, naturalmente con particolare riguardo all'esperienza dello stesso in materia di automobili: «Le prime automobili italiane esportate nel dopoguerra — ha detto — sono state un'autentica punta di penetrazione, grazie appunto alla loro tipica impostazione estetica». E Lonardi: «Il prodotto italiano ha valenze positive. che sono caratteristiche del no stro paese (la fantasia creatrice, le capacità di realizzazione, il buon gusto) e valenze negative (l'improvvisazione, la mancanza di puntualità)». Ma in ultima analisi «il prodotto italiano è sempre bene accolto quando l'imprenditore riesce a dimostrare la sua credibilità». Guido Jannon, esperto della comunicazione e dello sviluppo dell'immagine aziendale, ha affermato come sia importante l'avvicinamento fra imprenditori e design: «L'interesse dedicato dai mercati esteri alla nostra capacità creativa e ai valori estetici e formali del prodotto italiano, può essere premiato o disatteso da un certo tipo di progettazione, in termini sia di design sia di comunicazione». Vivo interesse, infine, per le relazioni del prof. Gillo Dorfles, ordinario di estetica all'Università di Trieste, sull'origine, sviluppo e funzioni del design; di Rodolfo Bonetto sulle proprie esperienze di designer, specie nel campo delle macchine utensili; di Luigi Bandini Buti sui rapporti fra disegno industriale ed ergonomia (come ridurre la fatica fisica e psichica del lavoro); di Luigi Gabrielli sulla necessità di accompagnare il rinnovamento estetico con una continua innovazione tecnologica, perché l'obsolescenza dei prodotti è inarrestabile. Ferruccio Bernabò

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