Picchiatori neri e ragazze-bene al processo dei 2 sanbabilini che uccisero Olga Calzoni

Picchiatori neri e ragazze-bene al processo dei 2 sanbabilini che uccisero Olga Calzoni Il delitto dell'Idroscalo alla corte d'assise di Milano Picchiatori neri e ragazze-bene al processo dei 2 sanbabilini che uccisero Olga Calzoni De Michelis e Invernizzi (quest'ultimo era stato il primo amore della ragazza) hanno confessato - La giovane, che aveva 16 anni, fu uccisa perché rifiutò di fingere il rapimento MILANO — «Ci possono togliere le manette, per favore?» : chiede Fabrizio De Michelis, in piedi, contratto, guardando avanti a sé. E' appena entrato nell'aula della seconda Corte di assise; sono le dieci di venerdì 23 giugno, incomincia il processo per l'assassinio di Olga Julia Calzoni. Imputati, i ventiduenni De Michelis e Giorgio Invernizzi; della ragazza, che aveva 16 anni, Giorgio era stato il primo amore. Olga fu uccisa nel marzo del 1976, all'idroscalo: vi era andata in macchina, con i due giovani, che frequentava da molto tempo. Si erano fermati, Invernizzi le aveva dato un piccolo bacio su una guancia, poi l'aveva stordita con un colpo di manganello sulla testa. Ma lei non aveva perso i sensi, anzi: spalancata la portiera della macchina, aveva tentato la fuga. Allora, entrambi, le avevano sparato addosso. Individuati e arrestati dopo poche ore, confessarono di avere «perso la testa» perché Olga si era rifiutata di assecondarli nel loro piano di simulare il suo sequestro al fine di estorcere alla famiglia Calzoni, alcune centinaia di milioni. Nel corso di questa prima udienza, sarà quasi sempre Fabrizio a rivolgersi all'lnvernizzi, che gli risponderà con non molte parole: impassibile, completo blu scuro e lenti cerchiate in oro. I fotografi continuano a scattare flashes; un amico di De Michelis commenta con un sorriso: «Non ha mai avuto tante fotografie in vita sua». Fra il pubblico — un centinaio di persone — ci sono un paio di conosciuti picchiatori neofascisti, qualche ragazza bionda con riccioli e vestiti fruscianti. Ambiente della borghesia ricca milanese, ideologia di marca sambabilina: è la matrice dei due imputati e, in parte, anche della loro vittima (la quale, però, non aveva diretto impegno politico). Di chi riteneva amico, Olga si fidava, ci usciva insieme, gli voleva bene: «com'è inevitabile», commenta una ragazza, «Perché ! binieri se non ci si fida fra di noi, tutti giovani, e per di più dopo anni di familiarità, non si riuscirebbe più a vivere». E' la stessa frase, ma lei non lo sa, di Donatella Colasanti, la scampata al massacro del Circeo, da tanti accusata di superficialità per avere accettato la compagnia di coloro che sarebbero stati gli aguzzini suoi e gli assassini di Rosaria Lopez. C'è Ornella Marcolongo, la più cara amica di Olga, in jeans e maglioncino blu: «Sono entrata in aula e ho visto per primo Fabrizio; ha abbassato gli occhiali neri e ha cominciato a fissarmi. Finché ho dovuto chinare gli occhi io». Non c'è Elena Sansoni, mamma di Olga, fino a pochi giorni or sono decisa ad essere presente, poi dissuasa da Ornella. La rappresenta l'avvocato Lopez, parte civile, insieme al collega Saponara, per il dottor Roberto Calzoni. Il padre è insieme con un fratello; su e giù adagio per il corridoio, zitti, con gli occhi lucidi. L'udienza comincia con la lettura della comunicazione con cui Elena Sansoni chiede di non comparire. Segue l'annuncio di due sgangherati messaggi minatori, giunti alla corte, firmati Br. «Un fatto risibile sotto il profilo della minaccia, maledettamente amaro e mortificante sotto quello della giustizia» : dice il presidente, dottor Cusumano. I sei giudici popolari sono donne: tre insegnanti, un medico, un'ostetrica, una commerciante. Gli avvocati Taurini e Garufi difendono rispettivamente De Michelis e Invernizzi, seduti a lato del collega Ramajoli, che cura gli interessi di Paolo Penco, a piede libero, dagli imputati accusato di avere fornito le armi per il delitto. L'udienza è quasi interamente occupata dall'intervento di questo avvocato, che lamenta ima pretesa violazione dei diritti alla difesa, in quanto le perizie psichiatriche su Fabrizio e Giorgio sono state compiute senza la presenza di un rappresentante di Penco. Pone una serie di istanze, tra cui una eccezione di incostituzionalità. Garufi interviene per informare che il suo cliente è arrivato da appena due giorni dall'Asinara: la concessione di un breve termine gli consentirebbe di conferire con il difensore, prima dell'interrogatorio. La corte si ritira per decidere. «Se quei comunicati sono una cosa di destra io mi dissocio completamente...» chiede Fabrizio al suo legale. Taurini lo rassicura: quelle minacce sono soltanto una stupidaggine, senza colore e senz'importanza. De Michelis non Io lascia finire: «Per favore si può fumare? In tutte le aule è permesso fumare...» arriva il p.m., Luigi De Liguori, dice: «Va bene». Prima che i giudici si ritirassero, ha chiesto di respingere tutte le istanze difensive meno quella di Garufi. Un intervento a braccio, conciso e breve, ma subito pieno di gesti, di toni. Per tutta l'attesa gli imputati continuano a parlare fitto, molto vicini, le teste abbassate sul bancone in maniera di non farsi sentire. Sono cosi assorti che, quando i giudici rientrano in aula, i caradevono ripetere due volte: «Alzatevi, entra la corte». Il presidente legge l'ordinanza: il breve termine a difesa è concesso, le altre istanze sono respinte, il processo riprenderà lunedì. Ornella Rota r ■ k Jà ^^^^^^^^^^1 Milano. I due imputati, Giorgio Invernizzi e Fabrizio De Michelis (Tel. Ansa)

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