Volti e segreti dei Signori d'Italia di Angela Bianchini

Volti e segreti dei Signori d'Italia CHIGI E GHITTA CARRELL, DUE MAESTRI DELLA FOTOGRAFIA Volti e segreti dei Signori d'Italia Tra le tante fotografie, più di un migliaio certamente, scattate dal principe romano Francesco Chigi, «classica figura del gentiluomo di razza, tipico rappresentante dell'aristocrazia nera, gran signore, ma di tipo orso», come ebbe a dire Silvio Negro, vi è quella della principessa Maria Torlonia. Moglie del Chigi, tiene in braccio un lattante, la figlia primogenita. La fissa, anzi, con la bocca un po' schiusa, mentre dalla gran crocchia sfuggono alcuni capelli, che svolazzano morbidi e fini a un vento di primavera, forse a Castelfusano, là dove i Chigi ogni anno trascorrevano i mesi di aprile e maggio, prima della stagione malarica. Una bellezza eterna; in realtà, era il 1921, e Maria Torlonia morirà due anni più tardi, proprio sulla strada di Castelfusano, nella De Dion guidata dallo stesso Chigi. Ma sopravvive, come le donne dei sarcofaghi romani, nel modo in cu' raccoglie intorno a sé lo scialle nero: un gesto senza tempc che soverchia l'unica eleganza del vezzo di perle. Nei Signori d'Italia, selezione dei fotoritratti di Ghitta Carrell (pubblicato da Longanesi, a cura di Maria Francesca Occhipinti, e presentazione di Adele Cambria, pp. 95, Ut. 5000), la controparte della principessa Chigi, cioè la moglie di Piero Colonna, ha anch'essa una collana di perle, ma chiusa la bocca, chiusi e impietriti gli occhi. L'ondulazione marcel di lei, il cravattino a farfalla di lui, tipo un po' fosco, latin lover di prima maniera, e, soprattutto, il cinematografico toccarsi delle due teste, mentre gli sguardi fissano orizzonti lontani e separati, collocano l'immagine in un momento preciso, confermato, del resto, dal distintivo fascista di Piero Colonna. L'aria sofferente della Colonna non è un'eccezione: i ritratti di Ghitta Carrell, quasi sempre privi di sfondo, sembrano presi in stanze senz'aria. Le donne sono avvitate su se stesse, in raccogUmento monolitico, che include le perle oppure il frustino da cavallo, le mani ora alla gola, in atteggiamento angosciato, ora congiunte nel grembo. Quando si tratti poi di famiglie intere, le mani si toccano, si cercano, si attaccano alle spalle dei congiunti in una danza statica e frenetica, pegno di unioni che non si spezzeranno. Ma allora, gli aristocratici veri, i signori, i padroni d'ItaUa, chi sono? Quelli della Carrell oppure quelli del Chigi? Chigi, certo, l'aristocrazia la conosceva, e di prima mano. Inoltre, cosi come apprendiamo dal bellissimo Ubro delle sue «memorie fotografiche» (Uno sguardo privato, a cura di Eva Paola Amendola, Einaudi, pp. 196, Ut. 20.000), dal 1906 al 1916, la fotografia fu tra i suoi interessi principali, ancorché di essa, a differenza del conte Primoli, per esempio, lo attraessero non gli aspetti mondani, bensì quelli scientifici. Si occupava di coltivazioni, il Chigi, di animali (fu il fondatore dello zoo di Roma) e, soprattutto, di ornitologia: «Principe degli uccelli», lo chiamò D'Annunzio. Dei suoi ritratti «umani», per così dire, possiamo dunque fidarci. Sono pochissimi, fra l'altro. C'è l'autoritratto: un uomo giovane, con solino, baffi, la pipa in bocca, chi non ha avuto, tra i tanti, un parente ante Prima Guerra Mondiale che gli rassomigliasse? Mario Chigi Albani, padre di Francesco, è, invece, barbuto, porta il monocolo: ha l'aria dello scienziato, o del medico di famiglia. La sorella, Eleonora Incisa della Rocchetta, e il fratello, Ludo-vico Chigi, sono ripresi in sfondi neri, in pose semplici, se non addirittura modeste: giovani in attesa di matrimonio o di carriera, come tanti, come tutti. A spiegare il divario d'interpretazione che corre tra i ritratti della Carrell e quelli del Chigi non basta l'epoca: infatti è press'a poco la stessa e morirono l'una nel 1953, l'altro nel 1960. Il periodo autentico della Carrell, ebrea ungherese, è quello fascista, iniziatosi a Firenze dove giunse nel 1924; 11 attraverso Sofia di Grecia, fu introdotta a corte, diventò la fotografa di fiducia di Casa Reale, e specialmente di Maria José, poi la -. fotografa degli uomini del re¬ n , : , i i : , a , a rla girne fascista, da Mussolini a Ciano a Bottai a Ettore Muti. Fascista, fu anche Chigi: la sua famiglia, «nera moderata», fini per occupare, con i Torlonia, i Borghese, i Giustiniani Bandini, «i posti chiave del mondo creditizio» romano, banche e servizi pubblici urbani. La differenza è altrove: i Chigi, come tutti i componenti della loro classe, potevano permettersi il lusso di non vedere, o di vedere soltanto le cose che facevano loro comodo: tanto è che ebbero terre tra le peggio coltivate di tutta Italia e, con la carrozza nobiliare che, d'estate, faceva la spola, una volta alla settima¬ na, tra CasteUusano, Roma e l'Ariccia, c'erano servitori che, in cinquant'anni, non avevano mai messo il naso fuori del palazzo di piazza Colonna. I reali furono, sì, ritratti da Francesco Chigi, ma ambedue di spalle, in campo lungo, sulla battigia di Castelfusano La Carrell, invece, guardava intensamente, e ritraeva tutti i suoi personaggi di faccia, da vicino, e in piena luce: con risultati, però, anche più disastrosi, perché involontari. Come disse Susan Sontag, nel suo libro, Ora Photography (Farrar, Straus and Giroux, New York, 207 pp., dollari 7.95), attraverso il suo riverente coincidere con il desiderio dei suoi soggetti di apparire «statici, fermi, splendidi», essa finì per «esporre su di loro una terribile, accurata verità». La Occhipinti offre un'interpretazione sociologica, che, però, di gran lunga trascende le intenzioni in fondo modeste della Carrell. L'innocenza della fotografa tradì coloro che avrebbe voluto esaltare, rendendoli, invece, esotici e ridicoli oltre che paurosamente vacui. Un che di eccentrico, anzi, di folle si fa luce attraverso tutti gli sguardi, da Mussolini e Ciano, pensosi dei destini della patria, alle ragazze-tigri e alle madri-madonne. Sono ormai fotografie quasi surreali: surreali e lontane, come le cartoline lucide degli innamorati, con i cuori e le viole, che, ai tempi della mia infanzia, si vendevano nelle tabaccherie insieme ai reali ritratti, appunto, da Ghitta Carrell. Tutto sommato, ci è più vicino lo «sguardo privato» di Francesco Chigi, anche se egli, riprendendo la terribile eruzione del Vesuvio del 1906, fotografò enorme la lava, e piccolissimi gli uomini che nel disastro avevano perduto tutto. Angela Bianchini

Luoghi citati: Ariccia, Firenze, Grecia, Italia, New York, Roma, Sofia