Veto di Craxi su La Malfa di Vittorio Zucconi

Veto di Craxi su La Malfa Veto di Craxi su La Malfa (Segue dalla 1* pagina) le nostre mani. Cerchiamo il consenso e pensiamo comunque di avere diritto a risposte chiare e motivate. La cosa più importante, in questo momento, è il corretto apprezzamento della nostra impostazione ». Se non v'è dubbio che la stoccata è diretta a La Malfa (e proprio mentre il pri dalla «Voce Repubblicana» considerava « chiusa positivamente» la polemica coi socialisti) meno evidenti appaiono le ragioni della sortita e le intenzioni nascoste del partito socialista. C'è innanzitutto qualche contraddizione fra la prima e la seconda metà del testo, ciò non sorprende: il psi di Craxi ha deciso di vivere e di sfruttare a fondo, il suo modo di essere contraddittorio, che risponde alla natura del tempo e delle divergenti aspirazioni sociali. Colpisce piuttosto questo irrigidimento, mentre i giornali e le « voci » parlavano di una fase di ricerca più rasserenata, per trovare il successore di Giovanni Leone. Ma Craxi ci invita, nella sua dichiarazione, ad «apprezzare » correttamente le intenzioni socialiste. Ciò significa, spiega Martelli, che di Bettino è l'amico e il brac- ciò destro, che « noi vogliamo sostenere la nostra candidatura seriamente, fino in fondo, con impegno e nel consenso più vasto possibile ». Il psi vuole dunque essere preso sul serio quando chiede di portare al Quirinale un suo uomo, da scegliere nella ormai conosciuta rosa: De Martino, Lombardi, Bobbio e Giolitti, dove l'ultimo appare il nome « vero », e non di «bandiera ». E riassumendo allora fra segnali dal psi, in questa fase di riscaldamento, verso le votazioni del 29 giugno, appare chiaro quel che Craxi non vuole (La Malfa, ma senza allargare il veto a tutti i repubblicani) e anche quello che vuole (un socialista, probabilmente Giolitti), mentre del tutto oscuro resta ciò che il psi vorrebbe, nel caso il proprio rappresentante non avesse alcuna probabilità di vittoria e il « gioco del massacro » spazzasse via tutti i candidati alla vigilia. Si dice che due ipotesi stiano nascoste dietro la parola d'ordine del « socialista alla Presidenza »: l'una sarebbe proprio quel « baratto » con i democristiani (un de al Quirinale ed un socialista a Palazzo Chigi, cioè alla presidenza del Consiglio) che però Craxi ha oggi condannato ed escluso. L'altra lascerebbe ai comunisti e ai democristiani l'onore e il peso di votare insieme e da soli per il Presidente, facendo quindi del psi il portavoce ufficiale e il punto di riferimento di tutti gli scontenti del « compromesso storico ». Ma qui, in vìa del Corso, si offendono se si prospetta la questione della seconda inea di difesa. Al fondo dei segnali e dei desideri, il problema rimane un problema di numeri. Ieri i comunisti hanno fatto calcoli, stabilendo che 7 sono le possibili maggioranze. Oggi anche i socialisti hanno fatto i conti e dicono che si può vincere anche senza la de (ma occorrono i liberali, anch'essi avversari del compromesso storico). Lo dicono, naturalmente, per punzecchiare il pei, giusto per ricordare a Berlinguer (e soprattutto ai suoi elettori) che è possibile anche fare a meno dei democristiani. Vittorio Zucconi