Chiuse molte edicole in sciopero ma i giornali diffusi ugualmente di Giancarlo Fossi

Chiuse molte edicole in sciopero ma i giornali diffusi ugualmente La manifestazione di ieri del sindacato giornalai Chiuse molte edicole in sciopero ma i giornali diffusi ugualmente ROMA — Molte edicole sono rimaste chiuse ieri in tutta Italia, per lo sciopero di 24 ore deciso dal sindacato nazionale dei giornalai, aderente alla Federazione Cgil-CislUil, in seguito alla rottura delle trattative contrattuali con la Federazione italiana editori giornali. Oltre 45 mila dipendenti, delle 758 aziende del settore cartario, sospenderanno il lavoro mercoledì a sostegno delle proposte sindacali relative al «piano carta» che dovrà essere presentato, come tutti gli altri programmi di settore, dal ministro dell'Industria Donat-Cattin al Cipi (Comitato interministeriale per la politica industriale) entro il 24 giugno, come prevede la legge 675 sulla riconversione industriale. Le due agitazioni sottolineano ulteriormente la grave crisi dell'editoria e l'urgenza di tempestivi e adeguati provvedimenti che, nell'ambito di una programmazione coordinata, determinino le condizioni necessarie per una valida, seppure graduale, ripresa. Lo sciopero delle edicole è stato quasi totale in alcune grandi città, fra le quali Roma; parziale (60-70 per cento), nelle altre. A Milano, invece, la maggiore parte delle rivendite è rimasta aperta: 460 edicole su 629 hanno ritirato ieri mattina regolarmente le copie dei giornali. Difficile la situazione a Trieste, dove solo venti edicole non hanno chiuso i battenti: in coincidenza con la fase più acuta della campagna per le prossime elezioni del Consiglio re- gionale, il giornale locale «Il Piccolo» ha organizzato una vendita diretta presso la sede e attraverso qualche decina di giovani. A Palermo il quotidiano «L'Ora» ha sospeso la pubblicazione per un giorno, mentre «Il giornale di Sicilia» ha organizzato ventotto punto di diffusione. A Roma, come a Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Cagliari ecc. i giornali sono stati venduti da studenti, tipografi e in qualche caso anche da giornalisti. Lo sciopero dei lavoratori della carta non avrà conseguenze sull'uscita di quotidiani e periodici. Tutte le aziende editoriali hanno sufficienti riserve di carta per garantire la regolare pubblicazione, ma le previsioni — hanno sostenuto in una conferenza stampa i dirigenti della federazione unitaria dei lavoratori poligrafici e cartai — non sono certo rosee. A numerosi giornalisti, riuniti nella sede della federazione nazionale della stampa, i segretari generali Colzi e Giampietro e il segretario nazionale Grazioli hanno sottolineato «l'estrema gravità della crisi del comparto, sulla quale influisce pesantemente anche l'aumento dei costi» (materie prime e dei trasporti, in misura assai minore del costo del lavoro). Nonostante che la produzione sia salita nel 1976 a 4 | milioni e 500 mila tonnellate (massimo storico, solo sfiorato nel 1977), il forte deficit della bilancia commerciale con l'estero (400 miliardi) e la «cattiva gestione delle aziende, da parte di gruppi monopolistici privati o di aziende a partecipazione statale» hanno reso «drammatica» la situazione del settore carta. Altri fattori negativi sono costituiti, secondo i dirigenti della Fulpc, dal bassissimo consumo pro-capite di carta, destinata in Italia per il 40 per cento ad usi culturali e dell'informazione e per il 60 per cento all'industria e all'agricoltura, dalla usura consistente degli impianti e dall'alto costo del denaro. Cosa chiedono i sindacati? Il piano, da presentare entro la scadenza fissata, dovrebbe prevedere un insieme di interventi diretti a: 1) ridurre gli effetti negativi che questo settore essenziale dell'informazione ha sull'intera economia del Paese; 2) rilanciare i comparti utili all'agricoltura e all'industria; 3) riconvertire le aziende più in crisi e dove maggiori sono i problemi occupazionali; 4) integrare il settore carta nel piano agro-a¬ limentare, nei progetti speciali per il Mezzogiorno. La proposta dei sindacati si articola su tre momenti: la individuazione dei criteri per la erogazione dei fondi; una politica per la materia prima e la sua trasformazione sia nel breve come nel medio e lungo periodo; il ruolo delle aziende a partecipazione statale con la creazione di una società «capo-gruppo» che coordini e unifichi l'attività del settore carta all'interno dell'ente agro-alimentare. Qualche preoccupazione i sindacati hanno manifestato per quanto riguarda la distribuzione dei mezzi finanziari. In particolare si teme «una concessione a pioggia» e propone, di conseguenza, stanziamenti delle somme nell'ambito di un programma definito per contenere i consumi, e quindi l'importazione di legno e di paste per carta. In questo modo sarebbe possibile concorrere a sottrarre l'industria editoriale e dell'informazione stampata ai condizionamenti derivanti da forme di monopolio; una sola industria, rilevano i sindacati, produce il 92 per cento della carta per quotidiani. Sia gli edicolanti, che i lavoratori della carta attueranno altri scioperi se le loro richieste non dovessero trovare riscontro. Giancarlo Fossi

Persone citate: Donat-cattin, Grazioli