Identikit del nuovo Presidente di Luigi Firpo

Identikit del nuovo Presidente Cattivi pensieri di Luigi Firpo Identikit del nuovo Presidente Le dimissioni del Presidente della Repubblica sono state salutate con i più disparati commenti, dalla costernazione al sollievo, sino al proposito di fare finalmente giustìzia di un reo non più tutelato dalle immunità di una carica suprema. Non entro in merito, per limitarmi a qualche riflessione generale. In primo luogo, se il senatore Leone non ha ultimato il suo settennio presidenziale lo si deve con tutta preminenza alla stampa. Non mi riferisco soltanto al fortunatissimo libro della Cederna, puntiglioso e caustico, allusivo ed elusivo, che danza su un filo sottile fra le tentazioni della rivelazione clamorosa e ì rischi delle querele con ampia facoltà di prova. Penso alla stampa in genere, ai quotidiani, ai settimanali, al loro continuo indagare e verificare, al compito insostituibile che ad essi è affidato in un libero Paese, che è quello della denuncia di ogni carenza e di ogni prevaricazione. Sfidando i processi per diffamazione o per vilipendio, la libera stampa può anche degenerare nell'insinuazione calunniosa e nello scandalismo che aumenta le tirature, ma sono rischi che bisogna correre. Solo la sopravvivenza (non facile e sempre insidiata) di questi organi non asserviti al regime ci salva dal diventare uno Stato totalitario o una repubblica delle banane. Alle ripetute allusioni e denunce non c'è dubbio che il Quirinale abbia risposto in modo fiacco e maldestro, spesso con un silenzio che sembrava più vicino alla paura che alla dignità oltraggiata. Quando una querela partì, il ministro della Giustizia ritenne di non darle corso, e sbagliò di grosso perché non esigui settori dell'opinione pubblica insensibili alle finezze procedurali, sospettarono maliziosamente un gioco delle parti, in cui l'offeso si querelava per salvar la fac- eia e il supremo custode dell'ordinamento giudiziario insabbiava la pratica per non stendere i panni al sole. In secondo luogo, sembra a me che la carica di Presidente della Repubblica disponga in Italia di troppi o di troppo pochi poteri. E poiché sarebbe calamitoso conferirgliene di più ampi, visto che i De Gaulle nostrani sono di mezza tacca, meglio sarebbe togliergliene qualcuno: dal potere di concedere grazie e commutare pene (che si presta a sospette compromissioni e potrebbe essere deferito al Consiglio superiore della magistratura) alla nomina di ben cinque giudici costituzionali (un terzo!), che potrebbero venire scelti mediante votazione fra tutti gli uomini di legge, all'altra nomina di cinque senatori a vita, che ha sempre premiato lunghe militanze politiche (con le rare eccezioni di Jannaccone e di Montale), mentre dovrebbe aprire il Senato a non-politici eminenti, per esempio su designazione delle grandi accademie scientifiche. Comunque, tutto ciò che allontanerà dal Quirinale ogni sospetta ombra di clientelismo non potrà che giovare al prestigio del Presidente. In terzo luogo, i mille rappresentanti del popolo italiano, che presto si riuniranno in oceanica seduta per eleggere il nuovo titolare della più alta carica della Repubblica, facciano tesoro degli errori passati, cerchino un uomo che conti per quello che è, per quello che sa, per la sua vita specchiata, per la serietà, onestà dell'impegno e del cuore. Basta con i ripieghi per non eleggere Tizio o Caio, basta con le candidature neutre dell'ultima ora, con i personaggi grigi su cui far convergere i voti dopo un braccio di ferro snervante. Spesso i grigi sono anche molli, vulnerabili, schiavi di piccole avidità e di abitudini meschine. Se dovessi disegnare l'identikit del presidente che vorrei, lo raffigurerei come un uomo fermo e tranquillo, poco emotivo, niente retorico. Metterei il veto ai professori di diritto: per qualche tempo ci diano pace. Lo vorrei scapolo, perlomeno senza figli, con pochissimi parenti; l'ideale sarebbe un figlio di ignoti. Escluderei che avesse studio aperto, non importa se legale, immobiliare o ambulatorio. Lo vorrei taciturno, ma in grado di dire le parole necessarie in modo comprensìbile, senza eccessive inflessioni dialettali, in una lingua il più possibile simile all'italiano. Vorrei che depositasse all'atto della nomina una precisa mappa del suo patrimonio personale e che, anno per anno, pubblicasse il bilancio suo e quello del Quirinale. Vorrei che non facesse crociere, e viaggiasse con un seguito minimo, senza donne e senza amici; vorrei che dimezzasse i corazzieri, offrisse ai commensali mezza pera, vivesse come Cincinnato e in una casa dì vetro. Solo se troveremo un uomo di questo stampo la nostra piccola Watergate provinciale non diventerà una Waterloo per la democrazia.

Persone citate: Cederna, De Gaulle, Jannaccone, Montale

Luoghi citati: Italia