Una ipotesi sui candidati prevista elezione difficile di Giovanni Leone

Una ipotesi sui candidati prevista elezione difficile Una ipotesi sui candidati prevista elezione difficile ROMA — In un'aula quasi deserta, il presidente della Camera, Ingrao, ha letto ieri la lettera di dimissioni di Giovanni Leone dalla presidenza della Repubblica. Un rito frettoloso, sbrigato da Ingrao in quindici secondi. Ad ascoltarlo c'erano non più di cinquanta deputati, in buona parte comunisti. La comunicazione di Leone al Parlamento, il suo ultimo atto ufficiale come presidente, era contenuta in 23 parole, comprese firma e data: «In data odierna rassegno le dimissioni dalla carica di presidente della Repubblica. Dal palazzo del Quirinale addì 15 giugno 1978. Firmato: Giovanni Leone». Immediatamente dopo la lettura del messaggio, è cominciata la presentazione di interpellanze e interrogazioni su svariati argomenti, come prevedeva l'ordine del giorno fissato da tempo. Nulla, nell'aula, poteva rendere il senso della drammatica scelta fatta da Giovanni Leone. Le menti sono già rivolte al dopo, ai giorni di colloqui, di trattative segrete, di promesse e di richieste di contropartite che precederanno l'elezione del nuovo presidente della Repubblica. E' già cominciato il grande gioco della ricerca dei candidati e delle previsioni sul più probabile vincitore. Nei corridoi di Montecitorio, i cronisti parlamentari interrogano i deputati, confrontano le risposte. Camera e Senato in seduta riunita cominceranno a votare per il nuovo presidente a partire dal 29 giugno. La prima domanda che si pone è: sarà un presidente «laico» o di nuovo un democristiano? E dietro questo dilemma si nascondono le grandi scelte politiche che saranno alla base delle future alleanze che governeranno il Paese. Non sono molti i deputati di rilievo che si attardano a Montecitorio in questo inizio di fine settimana. Un po' tutti sono corsi a casa per ricaricarsi, in previsione delle dure giornate che si preparano. E poi, c'è anche da pensare alla campagna elettorale per le elezioni in Friuli-Venezia Giulia, l'ultima scadenza che chiude domenica 25 giugno la serie di consultazioni popolari che, con i loro risultati, sono state tra le cause non ultime della decisione dei maggiori partiti di chiudere subito con il presidente Leone. Che probabilità ha un candidato «laico»?, si chiede da un capannello di cronisti all'on. Natta, capo dei deputati comunisti. Natta non vuol fare dichiarazioni impegnative, ma non riesce a nascondere le sue riserve. Non gli sembra opportuno, tanto per cominciare, che venga presentato come candidato un personaggio estraneo al Parlamento, e vuole riferirsi evidentemente al prof. Norberto Bobbio, nome messo in giro da alcuni socialisti, ma anche dal quotidiano filocomunista romano Paese Sera. «Ma poi — aggiunge — mi sembra sia pretestuosa la distinzione tra candidato laico e cattolico. Il problema è quello di trovare una larga convergenza, che non deve necessariamente coincidere con la maggioranza che sorregge l'attuale governo, su un nome valido. Oltretutto, se si parla di candidati "laici", non vedo perché subito dopo si cerchi di teorizzare l'esclusione di candidati comunisti». Poche parole che lasciano già trasparire il tipo di sceneggiatura che i comunisti cercheranno di realizzare. Per il pei, la candidatura preferibile sembra essere, al momento, quella del cattolico Zaccagnini, il quale potrebbe garantire dal Quirinale la continuità della linea Moro, di apertura ai comunisti. Ma è un gioco difficile, al quale i socialisti non stanno. Due esponenti socialisti ribattono le argomentazioni di Natta. «Non vi può essere monopolio di ogni posizione di vertice — dice l'on. Vittorelli —. Non vi può essere un quadro politico di unità na-1 zionale che sia gestito in sede di governo o di presidenza \ della Repubblica dallo stesso partito». E' un «sì» condizionato alla candidatura Zaccagnini, che vuol dire per esteso: accetteremo il democri-1 stiano Zaccagnini alla presidenza della Repubblica se sarà data ad un socialista la presidenza del Consiglio. O viceversa. «Il psi non intende avallare una candidatura imposta da un partito o, peggio, da due partiti», aggiunge l'on. Lagorio, riferendosi a de e pei. Basta questo accenno di schermaglia a distanza per far capire quanto potrà essere difficile l'elezione del nuovo presidente. Ci sono due alternative, si diceva a Montecitorio tra chi era in vena di profezie: o Zaccagnini viene eletto al primo scrutinio con una grande maggioranza, oppure le cose andranno molto alle lunghe, e chissà chi sarà il futuro presidente. Alberto Rapisarda rc«lbdvduvlztzb

Luoghi citati: Friuli, Roma, Venezia Giulia