S'è accesa la polemica negli Usa sulle vicende dell'ex Katanga di Furio Colombo

S'è accesa la polemica negli Usa sulle vicende dell'ex Katanga Dopo la ricostruzione dei fatti che "scagiona,, Cuba S'è accesa la polemica negli Usa sulle vicende dell'ex Katanga NEW YORK — Una notizia apparsa sulla Washington Post di domenica e uno strano messaggio a pagamento pubblicato sullo stesso giornale ieri mattina e firmato da un misterioso « Club dei 10 », sono serviti a ricordare all'opinione pubblica americana che il problema dello Zaire, la posizione degli Stati Uniti in Africa e la relazione Usa-Urss sono tuttora impigliati nella sequenza non chiara del rapporto tra Washington e L'Avana. Ieri la Washington Post, in due diversi articoli, ha offerto una ricostruzione del probabile corso di eventi che avrebbe preceduto e seguito, da parte cubana, l'invasione della provincia dello Shaba. Secondo le fonti del giornale americano, Fidel Castro non solo avrebbe personalmente assicurato l'inviato americano a L'Avana, Lane, di non avere avuto alcuna parte nella vicenda africana. Ma, in precedenza, avrebbe fatto sapere di essere stato informato dell'invasione imminente (a quanto pare sin dall'inizio di aprile) e avrebbe comunicato agli americani di avere fatto di tutto per scoraggiarla. La documentazione del rapporto fra Fidel Castro e Lane è apparsa nel dossier che la Casa Bianca ha fornito nei giorni scorsi alla commissione esteri del Congresso, che si era assegnata il compito di rivedere e valutare le accuse di ingerenza straniera nell'invasione dello Zaire. La lettura dei documenti avrebbe persuaso almeno alcuni senatori che, in effetti, la vicenda di Shaba è da inquadrarsi storicamente con la secessione e poi con la espulsione dalla ex colonia francese dei cosiddetti « gendarmi katanghesi »; che la maggior parte delle vicende di quest'ultima incursione armata su Kolwezi rimangono non chiarite, e che il limite della responsabilità cubana sembra disegnato da una questione fisica e di frontiera. Gli invasori infatti sono venuti dall'Angola e sono stati probabilmente aiutati ad organizzarsi, in passato, dal governo di Agostino Neto che, come è noto, è sostenuto dai cubani. Questa visione non si discosta dalla sostanza della messa a punto più recente della Casa Bianca, che indica un rapporto « implicito e di fatto » di Cuba, piuttosto che un ruolo attivo nel sostegno dei ribelli. Una riprova di questa prospettiva nella sequenza di eventi dello Zaire e nelle loro implicazioni internazionali viene da altri due fatti assai diversi. L'uno è il tono singolarmente contenuto con cui le fonti ufficiali dell'Unione Sovietica sembra abbiano deciso di valutare il discorso di Carter, rispondendo con una moderata polemica e un sostanziale segnale verde per il proseguimento delie conversazioni sul disarmo. La scelta sovietica sembra dunque orientata a trascurare quasi del tutto le punte dure del discorso di Annapolis, e ad occuparsi del tono costruttivo e della offerta di collaborazione in alternativa al pericolo di sfida. O almeno questa è l'interpretazione che si ricava, negli Stati Uniti, dalle fonti del Dipartimento di Stato. Un altro dato interessante è ritenuto, nella comunità giornalistica americana, un discorso di Conor Cruise O' Brian, già sottosegretario generale alle Nazioni Unite ai tempi di Hammarskjoeld (fino al tempo in cui il diplomatico svedese mori in un misterioso incidente, proprio nel Congo) e ora direttore del prestigioso giornale londinese Observer. O' Brian, considerato un'autorità sulle questioni africane, anche per il suo lungo soggiorno nella zona che ora si chiama Shaba ma che nello scorso decennio si chiamava Katanga, ha ricordato ai colleghi del New York Times, della Washington Post e dei maggiori giornali americani, che lo' slavano ascoltando, che « tutti noi, compreso il mio giornale, abbiamo lavorato sul sentito dire, abbiamo informato i lettori citandoci gli uni con gli altri. Sarebbe più coraggioso ammettere oggi che ai nostri giornali non è mai arrivata, dallo Shaba, alcuna informazione di prima mano, e che la sola fonte su cui abbiamo finito per basarci è stata quella dì Mobutu e del governo dello Zaire ». L'affermazione di O'Brian non è passata senza risposte polemiche, specialmente da parte dei rappresentanti di Newsweek, la rivista che ha pubblicato per prima documentazioni sul modo in cui l'invasione nello Zaire sarebbe stata organizzata e sostenuta dai cubani. Ma non ha sostanzialmente mutato il quadro, secondo i presenti, confermando che a volte le comunicazioni si formano intorno a se stesse e alla propria organizzazione, piuttosto che partire dalle notizie. Sullo stesso argomento — Africa, Stati Uniti, Unione Sovietica, Cuba — resta poi, come si è detto, l'annuncio a pagamento apparso sulla Washington Post ieri mattina. Vi compare in grande una fotografia di Andrew Young, ambasciatore americano alle Nazioni Unite, e una specie di manifesto diviso in due parti. Nella prima si elencano frasi che Young avrebbe pronunciato e che il « Gruppo dei 10 » ritiene filo-cubane e implicitamen te pro-comuniste. Nel secondo, accanto a terrificanti fotografie di stragi nella provincia di Sha¬ btsApzpmsnctfs ba, vengono indicati in tre punti a caratteri cubitali le responsabilità sovietiche e cubane in Africa, luogo per luogo. L'aspetto che a molti è apparso singolare, in questa iniziativa, è che il manifesto a pagamento è redatto nella forma di una condanna «ad personam » di un importante esponente del governo americano, e che l'intero materiale appare sottoposto ad un montaggio piuttosto che a una ricostruzione di fonti. Queste, tra l'altro, non sono citate, tranne che per le frasi attribuite all'ambasciatore Young, le quali però sono tutte allineate fuori contesto. Infine colpisce il fatto che il manifesto (tranne che per il nome di un certo R. D. Boddie, indicato come « amministratore ») non è firmato. Vi compare invece, come in un fumetto di fantapolitica, la scritta «Club dei 10», un gruppo sul quale sembrano esistere, fino a questo momento, poche informazioni e che risulta avere la sua base a Londra. La conclusione è che, mentre la normale fisiologia dei fatti politici mostra l'alternarsi inevitabile di momenti più tesi, di avvertimenti diplomatici, di iniziative politiche anche drammatiche, seguite da fasi di chiarimento e di tensione (questa è in sostanza la ricostruzione dell'ultima serie di eventi internazionali) esistono altre linee di tensione continuamente in funzione il cui peso è impossibile calcolare, ma che vale la pena di raccogliere e di segnalare. Furio Colombo

Persone citate: Agostino Neto, Andrew Young, Conor Cruise, Fidel Castro, Hammarskjoeld, Shaba